Il nunzio apostolico partito questa mattina da Damasco per arrivare ad Aleppo e visitare luoghi e comunità colpite dal sisma: “Si vedono edifici devastati e si respira la paura della gente. Molti mi chiedono: dopo le bombe, perché questo?”. Appello a livello nazionale e internazionale: questo sarà un test di umanità per la comunità internazionale e all’interno del Paese
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
La paura dei sopravvissuti, lo scenario di morte e devastazione, il dramma delle sanzioni che ostacolano gli aiuti. Poi, il grido disperato della gente: “Dopo le bombe, perché questo?”. Il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, è arrivato questa mattina ad Aleppo, colpita dal terribile sisma che ha devastato intere zone della Siria settentrionale e della Turchia sud-orientale. Il cardinale è partito questa mattina da Damasco: “400 km in macchina. Sono arrivato in ritardo…”, dice ai media vaticani che lo raggiungono chiamando a un numero provvisorio. La linea va e viene. “Normalmente impiego circa 3 ore, sono state molte di più perché la strada è ricoperta di neve, fa freddissimo. Inoltre ho dovuto rallentare perché nel baule avevo una ‘bomba’, cioè dei barili con scorte di benzina che qui è difficile da trovare”.
Eminenza, quale scenario ha trovato davanti ai suoi occhi arrivando ad Aleppo?
Appena entrato ho visto la grande moschea con tutti e quattro i minareti caduti a terra. Poi la Chiesa dei francescani e anche lì cornicioni caduti, crepe e via dicendo. Ho visto la gente fuori dalle proprie case, mi dicono che molti si sono rifugiati nei nostri ambienti religiosi. Vivono, dormono e mangiano presso le comunità cristiane e cattoliche. C’è chi ne ha anche 500… Veramente si respira questa paura della popolazione, sono scioccati dal terremoto e non vogliono assolutamente rientrare nelle proprie case che sono peraltro già danneggiate dalla guerra, per niente sicure, c’è il rischio che possano crollare da un momento all’altro.
Quale scena o storia l’ha maggiormente colpita?
Ho parlato con un vescovo emerito che è stato davvero miracolato. Abitava in un appartamento e aveva con lui un segretario, un prete di circa 50 anni. La parte in cui abitava il vescovo è rimasta in piedi, l’altra è invece crollata. Ho visto con i miei occhi le macerie, sotto di quelle è morto il sacerdote… Sono insicure, già danneggiate dagli anni di guerra.
Per la popolazione siriana, piagata da oltre un decennio di guerra, cosa significa adesso la tragedia del terremoto?
Come tutti sanno Aleppo è considerata una “città martire”. Ricordo ancora il dicembre 2016, quando nevicava fortissimo, come adesso, e migliaia di persone dovevano fuggire dalla battaglia sanguinosa. Adesso queste stesse persone si chiedono: “Perché ci è capitato anche questo?”. Sono anche i preti, i religiosi a porre questa domanda: “Siamo stati sotto le bombe, c’erano i ribelli, ora da dove viene questa catastrofe?”. Domande a cui è difficile rispondere… Tra l’altro tutta la Siria era già sotto quella che io chiamo un’”altra bomba”, la bomba della povertà. Il 90% della popolazione, secondo le statistiche delle Nazioni Unite, vive sotto la soglia di povertà. Quindi prima le bombe reali, poi ogni sorta di armi usate, la povertà, adesso anche il grande terremoto…
A questo si aggiunge un dramma nel dramma che è quello delle sanzioni le quali, riferiscono testimonianze dal posto, impediscono il passaggio degli aiuti…
Voglio sperare che ci sia un po’ di buon senso e di umanità. Anzitutto a livello nazionale: purtroppo la guerra non è terminata, ma vorrei che si mettessero da parte conflitti e animosità e si guardasse a questa povera gente con senso di umanità. Poi a livello internazionale: è chiaro ciò che è necessario ed è urgente soccorrere questa gente bisognosa, al di là di divisioni politiche. Questo sarà un test di umanità per la comunità internazionale e all’interno della Siria.
La Chiesa cosa può fare adesso?
La Chiesa in Siria era già impegnata nel campo umanitario. L’anno scorso la Chiesa cattolica ha tenuto una conferenza su “La Chiesa casa della carità, sinodalità e coordinamento”. Un paio di mesi fa l’assemblea dei vescovi cattolici ha istituito una commissione episcopale per l’esercizio più coordinato della carità. Quindi si lavora a pieno ritmo in questo settore e si cerca di acquistare più esperienza e competenza professionale. Soprattutto si sta lavorando perché questi cinque pani e due pesci siano ripartiti equamente nel modo migliore.
Fino a quando rimarrà ad Aleppo?
Fino a giovedì (9 febbraio, ndr). Devo visitare luoghi e comunità, in più, come dicevo, dobbiamo coordinare gli aiuti. C’è tanta solidarietà ma va gestita con il cuore e con competenza professionale.