Marco Guerra – Citta del Vaticano
Proseguono le operazioni militari delle forze curdo-siriane, sostenute dagli Stati Uniti, per riprendere il controllo del carcere di Gweiran, nella città Hasakeh, nel nord-est della Siria, assaltato giovedì scorso dalle milizie del sedicente Stato Islamico, che ancora controllano buona parte della struttura. Lo riferisce il Rojava Information Center (Ric), piattaforma mediatica delle Forze democratiche siriane, coalizione di milizie curde e arabe dirette dall’ala siriana del Partito dei lavoratori curdi (Pkk). Le informazioni provenienti dal perimetro della prigione di Gweiran non però possono essere verificate in maniera indipendente.
Almeno 166 morti
Secondo diverse fonti locali le operazioni procedono velocemente ma preoccupa la presenza nella prigione di circa 850 minori su un totale di circa 3.500 detenuti, molti dei quali ex miliziani dell’Is che l’organizzazione terrorista mirava a liberare con l’assalto di questi giorni. Notizie non confermate da fonti ufficiali riferiscono di decine di jihadisti che sono riusciti a scappare dal carcere e che si sono asserragliati in altri edifici limitrofi all’istituto di detenzione. Altri ex militanti del califfato si sarebbero invece uniti alle milizie dell’Is che stanno combattendo contro i curdi. Le Forze democratiche siriane (SDF) riferiscono di essersi avvicinate alla sezione settentrionale del carcere dove si stima siano asserragliati almeno 200 guerriglieri integralisti, intanto un funzionario della colazione a guida Usa ha detto che sono schiarati dei veicoli da combattimento a sostegno delle forze curde. Il bilancio di sei giorni di combattimenti è di almeno 166 morti. Lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, secondo cui negli scontri sono stati uccisi finora 114 jihadisti, 45 tra miliziani curdi e arabi e guardie carcerarie, e sette civili.
Unicef: ci sono detenuti di appena 12 anni
Questa mattina L’Unicef ha chiesto la liberazione degli 850 minori presenti nel carcere di Ghwayran, evidenziando che molti di loro hanno appena 12 anni. L’Agenzia per l’infanzia delle Nazioni Unite afferma che “mentre continuano i combattimenti, il rischio per i bambini aumenta, compreso quello di essere feriti o reclutati con la forza. La violenza potrebbe diffondersi ad altre prigioni, nei campi e nelle comunità locali – prosegue – I bambini nella prigione di Ghwayran sono bambini e hanno il diritto di accedere a procedimenti di giustizia riparativa”. I timori dell’Unicef vengono confermati da funzionari curdi che dicono che i militanti hanno usato i minori detenuti nella struttura come scudi umani, costringendo le forze di sicurezza a ritardare l’assalto. Alcune testimonianze raccolte da Human Rights Watch e rilanciate dall’Associated Press parlano di numerosi ragazzi uccisi o feriti nel corso delle sparatorie. Un 17enne australiano ha inviato messaggi della prigione con cui riferisce di aver visto i corpi di molti bambini.
Più grande offensiva Is dal 2019
Gli analisti considerano l’assalto al carcere di quella al-Hasakeh la più grande offensiva dell’Is dal 2019, anno in cui era stata dichiarato sconfitto militarmente con la caduta delle sue ultime roccaforti. Tra l’altro le fughe di miliziani dalle prigioni sono da sempre una delle strategie portate aventi dall’Is in Siria e in Iraq per reclutare nuovi combattenti. Le forze curde gestiscono diversi carceri e campi di detenzione dove sono trattenuti ex miliziani dell’Is. Si tratta di strutture sovraffollate che, stando alle stime pubblicate sul Guardian, ospitano almeno 10mila detenuti, tra cui ottomila tra siriani e iracheni, e duemila stranieri che i Paesi d’origine non vogliono rimpatriare per ragioni di ordine pubblico e la difficoltà nel processarli. Ci sono poi decine di migliaia famigliari di ex miliziani, morti in battaglia o fatti prigionieri, che al momento restano intrappolati nei campi profughi che rischiano di diventare dei focolai di nuovi processi di radicalizzazione.