Emanuela Campanile – Città del Vaticano
Nel campo di Al-Hol, nord-est della Siria, si trovano più di 22.000 bambini stranieri di almeno 60 nazionalità diverse che vivono in condizioni di grande sofferenza. Non hanno accesso ai servizi di base e devono affrontare il freddo dell’inverno e il caldo torrido dell’estate, oltre ai traumi delle violenze e dell’abbandono delle loro case e famiglie. Molti di loro restano nelle prigioni e la pandemia di Covid rende ancora più drammatiche le già precarie condizioni di vita. Numerosi sono i minorenni trattenuti nel campo in quanto figli di ex combattenti dell’ISIS.
La detenzione dei bambini
La detenzione dei bambini è una misura di ultima istanza e dovrebbe durare il più breve tempo possibile, fa sapere l’Unicef. I bambini non dovrebbero essere detenuti solo per sospetti legami familiari con gruppi armati. I minori, continua ad affermare il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, hanno il diritto di essere protetti anche attraverso l’assistenza legale, il ricongiungimento familiare e il rimpatrio nei rispettivi Paesi d’origine, qualora ciò sia nel loro interesse.
Reinserimento e rimpatrio
Le autorità locali nel nord-est della Siria e gli stati membri dovrebbero fare tutto il possibile per riportare i bambini a casa attraverso il reinserimento nelle loro comunità locali o nei loro paesi di origine in modo sicuro e dignitoso. “Chiediamo a tutti gli stati membri – prosegue in un ultimo appello l’Unicef – di fornire ai bambini la documentazione civile per prevenire l’apolidia. Questo è in linea con il superiore interesse del bambino e in conformità con gli standard internazionali”.
L’appello dell’Unicef
L’Unicef continua a fornire assistenza umanitaria ai bambini e alle famiglie:”Chiediamo – dice la Ong – a tutte le parti in conflitto in Siria di permettere l’accesso umanitario senza ostacoli per fornire assistenza e cure ai bambini e alle famiglie, compresi coloro in luoghi di detenzione”.