In un volume edito da Àncora, il giornalista Fabio Colagrande rivela, con proverbiale umorismo e competente disamina, i paradossi e i rischi di una Chiesa ingabbiata in burocrazie, formalismi, chiusure e inerzie. Le incursioni di un ragazzino arguto e solerte in ogni ambiente pastorale vogliono far germinare una autentica ed evangelica inclusività e corresponsabilità
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Un impertinente che mette a soqquadro abitudini, schemi, linguaggi, stereotipi. È Sinodino, un ragazzino che ha preso molto sul serio una missione: aprire la Chiesa a un rinnovamento che superi clericalismo e pregiudizi, in adesione allo spirito più autentico del Vangelo. È il protagonista del nuovo libro di Fabio Colagrande, giornalista di Radio Vaticana – Vatican News, “Le favolose avventure di Sinodino” (Àncora, 2023).
Sinodino vuole “svegliare” il Sinodo
Del proverbiale umorismo di Colagrande avevamo avuto l’assaggio editoriale nel libro Ricordati di sanificare le feste. Fantacronache di rinnovamento pastorale post-pandemia (Àncora, 2022). Adesso ne abbiamo una conferma ancora più convincente e ficcante, considerato che l’Assemblea generale del Sinodo sta alimentando grandi aspettative e, come sottolinea nella prefazione il direttore de L’Osservatore Romano Andrea Monda, “è l’ultima chiamata per una Chiesa che sorattutto in Occidente ha perso la presa sulla realtà, il mordente, la capacità attrattiva”. Sinodino è un riuscito escamotage inventato per “svegliare il Sinodo”, come si legge nel sottotitolo. In effetti, è pressoché impossibile non lasciarsi interpellare dalle provocazioni contenute in questo agilissimo libro, giocoso, sì, ma che scherza affatto. Aspetti cruciali della riflessione attorno al Sinodo sulla sinodalità vengono affrontati in maniera seria ma non noiosa, critica ma mai sgarbata, leggera ma non approssimativa, trasversale ma non confusa, competente ma non compiaciuta.
Sinodino invita a liberarsi da sovrastrutture
Lo stile fiabesco, a scenette illustrate dal bravo Cristiano Sagramola, sono già l’indicatore e, insieme la domanda, di un linguaggio nuovo nella Chiesa. Come a dire che il linguaggio è al contempo specchio e pungolo del rinnovamento. E che ne sia portavoce un bambino è parte integrante di un metodo: liberare da sovrastrutture, recuperare genuinità, solerzia, creatività, affettività per rianimare così alcune sclerosi e immobilismi. Le incursioni di Sinodino accadono in tutti gli ambienti e in tutti gli ambienti sono fulminee: lui appare, sgancia le sue osservazioni sagaci e dirompenti sempre volte tuttavia ad una generatività e mosse da una capacità propositiva, e scompare. Lo fa dal vescovo, durante un incontro di preghiera in parrocchia, a un convegno teologico, nell’ambito di un movimento ecclesiale, nella segreteria del Sinodo, alla tavola rotonda sulla donna, ma anche per strada, accanto a chi vive ai margini, in redazione, in fila all’ufficio postale, in famiglia, al centro di ascolto Caritas, perfino al festival di musica cristiana, in seminario, al bar. Sinodino entra perfino nella chat tra vescovi dando una prova esilarante di quanto è all’ordine del giorno il rischio di sprecare opportunità ed energie, prigionieri di burocrazie e formalismi. Sinodino è pervasivo a significare peraltro come i mondi siano vasi comunicanti, non ci sono recinzioni che tengano, che siamo tutti interconnessi, che la Chiesa abita tutti questi mondi ed è chiamata a una sempre maggiore inclusività.
Sinodino svela i paradossi ecclesiali
Sinodino scardina il “si è sempre fatto così”, che altro non è che l’invito più volte ripetuto da Papa Francesco nel suo magistero. Chiede ascolto e riconoscimento di una credibilità al di là di ogni forma di pregiudizio. Mette in ridicolo il linguaggio ampolloso di certi documenti che rischiano di non intaccare il profondo delle coscienze e di scollare la base dalla gerarchia, evidenzia le idiosincrasie intra-ecclesiali, i battibecchi e il rischio di autoreferienzialità nell’associazionismo cattolico, il volto zoppicante ma umanissimo delle famiglie che, per fare bella figura, si celano dietro la maschera di un perfezionismo ossequioso e di una parvenza di integrità inossidabile. Sinodino è colui che svela apertamente il paradosso di certi convegni che vorrebbero porre al centro le donne ma che per le donne mostrano pressoché totale disinteresse poiché non le coinvolgono da protagoniste o quantomeno alla pari. I preti ne escono scoperti nelle loro fragilità, nelle loro fatiche e solitudini ma con la consapevolezza di una altissima responsabilità. Quelle al centro di ascolto sono le pagine più commoventi, a incarnare lo spirito di una Chiesa di prossimità che esiste, è vicina ai bisogni degli ‘ultimi’ e forse spera che qualcuno le tolga un po’ di disincanto.
Un libro che pare una pièce
Questo libro di Colagrande possiamo considerarlo la vulgata di ciò che Francesco dice a proposito dell’ascoltare tutti. Quante volte in un medesimo discorso il Pontefice è arrivato a ripeterlo! “Tutti, tutti, tutti”. A voi scoprire il finale di quello che sembra a tutti gli effetti una pièce (l’autore, del resto, ha grande confidenza con il palcoscenico e la scrittura teatrale), un libro che è tutto da leggere e da ‘vedere’, credenti e non credenti. Un libro audace, sì. Ma che riconosce l’importanza dell’umiltà, e Sinodino ne farà esperienza in pagine mistiche che non ci saremmo aspettati. È l’umiltà che evita l’accanimento anche per le battaglie giuste. “Perché la fede non è fare… è essere”.
Martedì 6 giugno, presso la libreria romana delle Paoline (via del Mascherino) è in programma una presentazione con il teologo don Dario Vitali e i giornalisti Paola Springhetti e Roberto Cetera. Buona lettura. E buon Sinodo.