Silvestrini, il cardinale che voleva la Chiesa in dialogo col mondo

Vatican News

In occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita del porporato si è svolto oggi a Villa Nazareth un convegno dal titolo: “Umanità” sacerdotale di don Achille. Vocazione e spiritualità”

Giuseppe Piccoli

L’incontro, in concomitanza con l’anniversario della sua ordinazione episcopale, che avvenne il 27 maggio 1979, mirava ad approfondire gli aspetti della vocazione, della spiritualità, della fede che trova nel Signore “la sorgente della vita”, come dice il Salmo 36, le cui parole – “alla tua luce vediamo la luce” – don Achille Silvestrini cita in apertura del suo testamento.

Dopo un saluto di padre Federico Lombardi, le relazioni sono state tenute dal cardinale. Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, e da Alberto Melloni, ordinario di Storia del Cristianesimo all’Università di Modena-Reggio Emilia. Padre Lombardi, nel suo saluto, ha ricordato l’incontro, da redattore della Civiltà Cattolica, con don Achille circa cinquanta anni fa. L’allora monsignor Silvestrini gli diede subito l’impressione di essere il vero interlocutore tra la Santa Sede e la rivista, di cui seguiva il lavoro con intelligenza e spirito di servizio alla Chiesa, con profonda consapevolezza e attenzione alla realtà italiana e internazionale.

“Oggi abbiamo tutti un bisogno molto urgente di speranza”, ha concluso Padre Lombardi, sottolineando il fatto che opportuno un incontro sulla spiritualità di don Achille, sacerdote ricco di vero spirito apostolico, poiché è giusto andare in profondità, alle sorgenti della sua vita e delle sue opere, animato come era da una fiducia profonda nelle persone che incontrava: “Fiducia che poggiava sulla fiducia in Dio”.

Il cardinale Claudio Gugerotti, che di Achille Silvestrini era stato stretto collaboratore nell’allora Congregazione per le Chiese Orientali, ha messo in luce i tratti che ne hanno delineato la spiritualità sacerdotale. Prete di formazione tradizionale, classica, coltivava assiduamente il rapporto con la Parola: nei viaggi, aveva sempre con sé un “Nuovo Testamento ‘sdrucitissimo’ su cui meditava quotidianamente”. Anche nell’attività diplomatica, esprimeva la dimensione sacerdotale in modo garbato: “Era capace di metterti a tuo agio attraverso la mimica, il sorriso, l’espressione degli occhi”. Un altro tratto sacerdotale di don Achille si coglieva nel fatto di essere una persona che “ti ascoltava con grande disponibilità, ti spalancava la porta del cuore”. Ogni sua frase aveva un fondamento teologico. Inoltre, era capace di collegare la spiritualità con la cultura storica (che era la sua grande passione), letteraria, artistica, con il senso della bellezza, e “questo allargava lo spazio comune con l’interlocutore”. Circondava il rapporto con gli altri di un certo pudore. Egli è stato, in sintesi, un “sacerdote della pace e del dialogo, dell’incontro a cui non si sottraeva mai”. 

Un aneddoto, infine, fa cogliere l’amore di don Achille per la Chiesa: “Si alzava in piedi quando il Papa gli telefonava, e restava in piedi per tutta la durata della telefonata”. “Amava la Chiesa profondamente”, ha concluso il cardinale Gugerotti, “la voleva in dialogo col mondo, ed era un esempio di dialogo, di estrema capacità di colloquio a tutti gli effetti e a tutte le latitudini”.