Tiziana Campisi – Città del Vaticano
L’occasione è stata il 150.mo anniversario della dichiarazione che ha riconosciuto San Giuseppe Patrono della Chiesa universale, contenuta nel decreto Quemadmodum Deus di Pio IX. Era l’8 dicembre del 1870. Il documento fu diffuso dalla Congregazione dei Sacri Riti in quel “giorno sacro” proprio per volere del Pontefice e sottolineava che colui il quale Dio “elesse Custode dei precipui suoi tesori … ebbe in sua sposa l’Immacolata Vergine Maria, dalla quale nacque di Spirito Santo il Signor Nostro Gesù Cristo che presso gli uomini degnossi di essere riputato figlio di Giuseppe, e gli fu soggetto”, rimarcava che “Quegli, che tanti re e profeti bramarono vedere, Giuseppe non solo lo vide, ma con lui ha dimorato” riversandovi il suo “paterno affetto” e che “per questa sublime dignità, che Dio conferì a questo fedelissimo suo Servo”, la Chiesa lo “ebbe sempre in sommo onore”, “dopo la Vergine Madre di Dio, sua sposa, e il suo intervento implorò nei momenti difficili”.
Papa Francesco, con la sua Patris corde (Con cuore di Padre), ha voluto perpetuare questo “affidamento di tutta la Chiesa al potentissimo patrocinio del Custode di Gesù”, spiega il Decreto della Penitenzieria Apostolica – pubblicato pure l’8 dicembre 2020 – che ha concesso il “dono di speciali Indulgenze” in occasione dell’Anno di San Giuseppe. Questi 365 giorni trascorsi volevano offrire ad ogni fedele la possibilità di “rafforzare quotidianamente la propria vita di fede nel pieno compimento della volontà di Dio”, proprio sull’esempio di San Giuseppe, e “di impegnarsi, con preghiere e buone opere” per ottenere con il suo aiuto, “conforto e sollievo dalle gravi tribolazioni umane e sociali che oggi attanagliano il mondo contemporaneo”.
Gli insegnamenti di San Giuseppe
Nella Patris Corde Francesco condivide “alcune riflessioni personali” su Giuseppe, con l’obiettivo “di accrescere l’amore verso questo grande Santo, per essere spinti a implorare la sua intercessione e per imitare le sue virtù e il suo slancio”. Per questo ne sintetizza gli insegnamenti esortando ad apprendere da lui “che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza”; che “in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca”; che occorre “fare spazio a ciò che accade”, accoglierlo, assumersene la responsabilità, riconciliarsi “con la propria storia” e “intuire una storia più grande, un significato più profondo”; che gli altri vanno accolti “senza esclusione, così come sono, riservando una predilezione ai deboli”; che Gesù Bambino e sua Madre vanno amati, così come i Sacramenti e la carità, la Chiesa e i poveri, perché “ognuna di queste realtà è sempre il Bambino e sua Madre”.
Un “grande santo” da invocare nei momenti difficili
Padre amato, padre nella tenerezza, padre nell’obbedienza, padre nell’accoglienza, padre dal coraggio creativo, padre lavoratore, padre nell’ombra: così il Papa definisce via via nella lettera apostolica il profilo di San Giuseppe. E nell’arco dell’anno trascorso in diverse occasioni ne ha approfondito gli aspetti della personalità. Il 17 marzo, ricordandone l’imminente memoria liturgica, ha insistito sulla sua capacità di “comprendere e mettere in pratica il Vangelo”, lo ha additato come “un grande Santo” al quale consegnare la propria esistenza e ha invitato ad essere “saggi come lui”:
Nella vita, nel lavoro, nella famiglia, nei momenti di gioia e di dolore San Giuseppe ha costantemente cercato e amato il Signore, meritando l’elogio della Scrittura come uomo giusto e saggio. Invocatelo sempre, specialmente nei momenti difficili che potrete incontrare. A tutti la mia benedizione!
Un aspetto già messo in risalto all’inizio della Patris corde:
Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà.
Modello per i pastori
Il giorno successivo – il 18 marzo – Francesco ha indicato San Giuseppe come modello per i pastori – chiamati ad essere soprattutto padri – ai rappresentanti del Pontificio Collegio Belga ricevuti in Vaticano e ha esortato ad imparare dallo Sposo di Maria l’arte della paternità, per essere capaci di custodire il gregge e di guardare oltre, secondo i progetti di Dio. Di Giuseppe il Papa ha evidenziato, poi, il suo saper mettere da parte i progetti personali, il suo amare senza riserve e senza cercare spiegazioni di fronte “alla sorprendente e misteriosa realtà” – accolta con fede – cui Dio lo chiama. Per Francesco un atteggiamento che, ad esempio, un prete inviato in una nuova parrocchia può imitare per evitare di restare imbrigliato in piani pastorali già precostruiti senza tener conto della realtà preesistente.
In questo senso San Giuseppe ci è maestro di vita spirituale e di discernimento, e lo possiamo invocare per essere liberati dai lacci delle troppe riflessioni nelle quali ogni tanto, pur con le migliori intenzioni, finiamo per perderci. Esse manifestano la nostra tendenza ad “afferrare” e “possedere” quello che ci accade, piuttosto che accoglierlo prima di tutto così come ci si presenta.
Il Papa ha anche rilevato che Giuseppe ha preferito “credere più a Dio che ai propri dubbi”, offrendosi “come strumento per la realizzazione di un piano più grande, in un servizio prestato nel nascondimento, generoso e instancabile, sino alla fine silenziosa della propria vita”.
Custode delle vocazioni
E proprio nello speciale anno dedicato al “falegname di Nazaret”, al suo Messaggio per la 58.ma Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni Francesco ha dato il titolo “San Giuseppe: il sogno della vocazione”, spiegando che “Dio vede il cuore e in San Giuseppe ha riconosciuto un cuore di padre, capace di dare e generare vita nella quotidianità” e che le vocazioni tendono “a generare e rigenerare vite ogni giorno”. Il promesso sposo di Maria, infatti, “attraverso i sogni che Dio gli ha ispirato, ha fatto della sua esistenza un dono”, si è lasciato guidare dai sogni senza esitare “perché il suo cuore era orientato a Dio, era già disposto verso di Lui”. Quei sogni “erano chiamate divine, ma non furono facili da accogliere” perché “dopo ciascun sogno Giuseppe dovette cambiare i suoi piani e mettersi in gioco, sacrificando i propri progetti per assecondare quelli misteriosi di Dio”, “abbandonandosi fiduciosamente”. Nell’itinerario di vita di San Giuseppe il Papa ha fatto notare pure la capacità di non perdersi d’animo e di andare incontro a nuove situazioni senza lamentarsi. Per Francesco, insomma “si può dire che sia stato la mano protesa del Padre celeste verso il suo Figlio in terra” e dunque non può che essere “modello per tutte le vocazioni, che a questo sono chiamate: a essere le mani operose del Padre per i suoi figli e le sue figlie”, essendo “quella dello sposo di Maria “una vocazione riuscita”, “la testimonianza di una vita toccata dall’amore di Dio”. Per questo San Giuseppe è anche “custode delle vocazioni”.
Francesco e le richieste al “Giuseppe dormiente”
Jorge Mario Bergoglio ha un legame particolare con San Giuseppe. Lo ha rivelato lui stesso in diverse occasioni. La sua devozione verso il custode della Santa Famiglia di Nazaret, era già palese nello stemma scelto per la consacrazione episcopale, i cui tratti essenziali sono stati conservati in quello papale. Tra i diversi simboli, il fiore di nardo indica proprio San Giuseppe, patrono della Chiesa universale, nella tradizione iconografica ispanica raffigurato proprio con un ramo di nardo. “Io amo molto San Giuseppe perché è un uomo forte e silenzioso. Sulla mia scrivania ho un’immagine di San Giuseppe mentre dorme – ha rivelato, poi, Papa Francesco all’Incontro con le famiglie a Manila, il 16 gennaio 2015, durante il suo viaggio apostolico nelle Filippine – e quando ho un problema o una difficoltà io scrivo un biglietto su un pezzo di carta e lo metto sotto la statua di San Giuseppe affinché lui possa sognarlo. Questo gesto significa: prega per questo problema!”.
Il ciclo delle catechesi
E se ufficialmente lo speciale anno dedicato a San Giuseppe si chiude, Francesco continua a proporre riflessioni e ad offrire insegnamenti sulla figura dell’‘umile falegname”, “promesso sposo di Maria”, “‘uomo giusto’, sempre pronto a eseguire la volontà di Dio”, che “ebbe il coraggio di assumere la paternità legale di Gesù”, come scrive nella Patris Corde, tanto che il 17 novembre scorso, all’udienza generale del mercoledì, ha iniziato un ciclo di catechesi che possano aiutare ulteriormente a lasciarsi “illuminare dal suo esempio e dalla sua testimonianza”, aggiungendo, ad ogni appuntamento, una preghiera diversa da rivolgergli.
Giuseppe, che è un falegname di Nazaret e che si fida del progetto di Dio sulla sua giovane promessa sposa e su di lui, ricorda alla Chiesa di fissare lo sguardo su ciò che il mondo ignora volutamente. Oggi Giuseppe ci insegna questo: “Non guardare tanto le cose che il mondo loda, guarda agli angoli, guarda alle ombre, guarda alle periferie, quello che il mondo non vuole”. Egli ricorda a ciascuno di noi di dare importanza a ciò che gli altri scartano.
Insomma, per il Papa lo sposo di Maria “è davvero un maestro dell’essenziale: ci ricorda che ciò che davvero vale non attira la nostra attenzione, ma esige un paziente discernimento per essere scoperto e valorizzato. Per questo ha sollecitato a chiedere “a lui di intercedere affinché tutta la Chiesa recuperi questo sguardo, questa capacità di discernere, questa capacità di valutare l’essenziale”.
Nella seconda catechesi sul Patrono della Chiesa universale, Francesco ha affermato che “la figura di Giuseppe, seppur apparentemente marginale, discreta, in seconda linea, rappresenta invece un tassello centrale nella storia della salvezza” e che “Giuseppe vive il suo protagonismo senza mai volersi impadronire della scena”.
Così, tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, della presenza discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. Egli ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in “seconda linea” hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza. Il mondo ha bisogno di questi uomini e di queste donne: uomini e donne in seconda linea, ma che sostengono lo sviluppo della nostra vita, di ognuno di noi, e che con la preghiera, con l’esempio, con l’insegnamento ci sostengono sulla strada della vita.
E inoltre il Papa ha asserito che come custode di Gesù e di Maria, Giuseppe “è anche ‘il Custode della Chiesa’, e “se è stato il custode di Gesù e di Maria, lavora, adesso” nei cieli, “e continua a fare il custode, in questo caso della Chiesa; perché la Chiesa è il prolungamento del Corpo di Cristo nella storia”; “oggi, Giuseppe protegge la Chiesa” e “con la sua vita, sembra volerci dire che siamo chiamati sempre a sentirci custodi dei nostri fratelli, custodi di chi ci è messo accanto, di chi il Signore ci affida attraverso tante circostanze della vita”.
Infine, nella terza catechesi, tenuta l’1 dicembre, il Pontefice ha parlato dell’esperienza di San Giuseppe “promesso sposo”, che insegna a guardare alle circostanze della vita alla luce della Provvidenza e il cui percorso con Maria può essere d’esempio per i fidanzati cristiani, perché possano avere il coraggio di passare dalle logiche dell’innamoramento a quelle dell’amore maturo, che fortifica ed è durevole. Giuseppe è anzitutto uomo giusto “perché sottomesso alla legge come ogni pio israelita”, ma anche saggio, tanto che “l’amore per Maria e la fiducia che ha in lei gli suggeriscono un modo che salvi l’osservanza della legge e l’onore della sposa”. Decide infatti, saputo della sua gravidanza, “di darle l’atto di ripudio in segreto, senza clamore, senza sottoporla all’umiliazione pubblica”. Sceglie, insomma “la via della riservatezza, senza processo e rivalsa”, ma poi decide diversamente, perché nel suo discernimento interviene “la voce di Dio che, attraverso un sogno, gli svela un significato più grande della sua stessa giustizia”. Da qui la conclusione di Francesco:
Amare infatti non è pretendere che l’altro o la vita corrisponda alla nostra immaginazione; significa piuttosto scegliere in piena libertà di prendersi la responsabilità della vita così come ci si offre. Ecco perché Giuseppe ci dà una lezione importante, sceglie Maria “a occhi aperti. E possiamo dire “con tutti i rischi”.
C’è ancora da meditare, dunque, per Papa Francesco, sulla grandezza di San Giuseppe che, si legge nella Patris Corde, fu “sposo di Maria e il padre di Gesù” e in quanto tale “si pose al servizio dell’intero disegno salvifico”.