Shoah, quelle “frontiere dell’odio” in cui l’umanità venne annientata

Vatican News

In occasione della Giornata della Memoria, nel 79.mo anniversario della liberazione di Auschwitz-Birkenau, l’orrore dei campi di concentramento e sterminio creati dall’ideologia del superuomo e il fragile potere dei prigionieri di non essere considerati subumani

Pawel Rytel Andrianik – Città del Vaticano

“Il ricordo e la condanna di quell’orribile sterminio di milioni di persone ebree e di altre fedi, avvenuto nella prima metà del secolo scorso, aiuti tutti a non dimenticare che le logiche dell’odio e della violenza non si possono mai giustificare, perché negano la nostra stessa umanità”. Le parole pronunciate da Papa Francesco, lo scorso 24 gennaio, durante l’udienza generale si possono sovrapporre a quelle dello scrittore Primo Levi, superstite dell’Olocausto, sopravvissuto all’inferno di di Auschwitz. Il più famoso dei suoi scritti porta un titolo significativo: “Se questo è un uomo?”. Levi si era domandato con quale diritto un assassino potesse definirsi uno “uomo”, dato che aveva perso la sua umanità. Per questo i prigionieri – come sottolineava Levi – pur essendo privati di tutti i diritti, esposti a ogni insulto e condannati a morte certa, avevano ancora un potere e dovevano difenderlo con tutte le loro forze: il potere di rifiutarsi di consentire a ciò che stava accadendo. I prigionieri rifiutarono di acconsentire all’umiliazione, all’abuso e alla morte. Questo rifiuto di accettare l’ideologia immaginaria di “superuomini” e “subumani” era il segno distintivo dell’essere umani in un luogo disumano.

Luoghi disumani sulla terra

I tedeschi allestirono i campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau, Treblinka, Belzec, Sobibor, Majdanek, Stutthof e Kulmhof sul territorio polacco per motivi spaventosamente pratici. Il maggior numero di ebrei al mondo viveva proprio sul suolo polacco, che era interamente sotto l’amministrazione tedesca. Secondo le statistiche, nel 1931 in Polonia 3,1 milioni di cittadini erano di origine ebrea. Un gruppo così numeroso non aveva bisogno di essere deportato lontano.

La poco conosciuta “Operazione Reinhardt”

Il 20 gennaio 1942, a Wannsee, vicino a Berlino, si tenne una conferenza dei più alti funzionari del Terzo Reich, presieduta da Reinhard Heydrich. In quell’occasione fu presa la decisione di “risolvere definitivamente la questione ebraica” (Endlösung der Judenfrage). In pratica, questo significava il genocidio degli ebrei in tutta Europa. Nella notte tra il 16 e il 17 marzo 1942 i nazisti, liquidando il ghetto di Lublino, diedero inizio all’Operazione “Reinhardt”. Il suo scopo era quello di sterminare quasi 2 milioni di ebrei nel Governatorato generale (parte di territori polacchi occupati dai nazisti). L’Operazione, il cui quartier generale si trovava a Lublino, fu guidata da Odilo Globocnik, uno dei più crudeli carnefici nazisti. Nell’ambito dell’Operazione “Reinhardt” furono realizzati o ampliati tre campi di concentramento a Bełżec, Sobibór i Treblinka, che erano “fabbriche di morte”. Le prime deportazioni di ebrei verso i campi di sterminio nell’ambito dell’Operazione “Reinhardt” partirono dal ghetto di Lublino verso il campo di sterminio di Belżec il 17 marzo 1942. Il campo di sterminio di Sobibór iniziò le attività nel maggio 1942. La prima deportazione di ebrei verso il campo di sterminio di Treblinka II partì il 22 luglio 1942. Si trattava di ebrei provenienti dal ghetto di Varsavia. Nei campi di sterminio furono deportati gli ebrei non solo dei ghetti di tutta la Polonia occupata, ma anche da altre parti d’Europa, Italia compresa. L’Operazione Reinhardt durò ufficialmente fino al 3-4 novembre 1943. Durante il suo svolgimento, i nazisti tedeschi sterminarono quasi 2 milioni di ebrei.

I Papi ad Auschwitz

Tre Papi visitarono Auschwitz-Birkenau. Giovanni Paolo II da Papa visitò questo luogo il 7 giugno 1979, ma vi era già stato molte volte in precedenza. Ad Auschwitz, aveva sottolineato che “bisogna pensare con paura a questa che fu una delle frontiere dell’odio”. “Ci troviamo – disse – in un luogo in cui desideriamo pensare a ogni popolo e ad ogni persona come ad un fratello”. Benedetto XVI vi andò nel 2006 e confessò come questa visita fosse “particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania”. Con riferimento alle lapidi multilingue che commemorano le vittime, le sue parole furono: “Dietro queste lapidi si cela il destino di innumerevoli esseri umani. Essi scuotono la nostra memoria, scuotono il nostro cuore”. Papa Francesco ha visitato Auschwitz-Birkenau il 29 luglio 2016 e non ha proferito parola. A noi resta il ricordo della sua testimonianza di silenzio e preghiera. Nel libro della memoria di Auschwitz, il Papa ha scritto parole che possono diventare la nostra preghiera nel Giorno della Memoria: “Signore, abbi pietà del tuo popolo! Signore, perdona tanta crudeltà”.