Chiesa Cattolica – Italiana

Senza diritti: l’impegno della Chiesa per i migranti “invisibili” in Europa

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Dall’Europa orientale all’Europa occidentale ma anche tra Stati terzi rispetto l’Unione e Stati dell’Ue: i lavoratori migranti fanno parte della vita economica quotidiana dell’Europa. Braccianti agricoli ucraini si trovano in Spagna, lavoratori rumeni sono impiegati in fabbriche di carne in Germania, infermiere geriatriche slovacche, ceche e ungheresi assistono famiglie austriache. Sono solo alcuni esempi di persone che risultano “invisibili”, che significa concretamente che molti di loro sono sfruttati sia socialmente che economicamente. Diritti come orari o pause di lavoro sono ignorati. Ma durante questo periodo di crisi per la pandemia in qualche modo questi lavoratori migranti invisibili sono diventati “visibili”. In ogni caso, al di là dell’allerta sanitaria, va difesa la dignità della persona umana con condizioni rispettose per i lavoratori migranti.

L’impegno della Chiesa

Nel webinar che si è tenuto questa mattina, nell’ambito del progetto CRISIS 2020/21, si è discusso delle possibili modalità di intervento dal momento che risulta essenziale promuovere proposte concrete per migliorare la situazione nel senso di una nuova solidarietà sociale in Europa. Tra i partecipanti, dirigenti della Chiesa; comunità e istituzioni; persone con ruoli di responsabilità all’interno delle istituzioni europee; sindacati e datori di lavoro. Abbiamo intervistato padre Fabio Baggio, sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale:

Ascolta l’intervista a padre Fabio Baggio

Padre Baggio spiega che innanzitutto si devono valutare e passare al vaglio critico le condizioni legali o illegali esistenti. In sostanza – sottolinea padre Baggio – bisogna far emergere dal sommerso dell’invisibilità le situazioni. Poi, raccomanda, è essenziale sensibilizzare l’opinione pubblica sul destino dei lavoratori migranti. Dunque, l’impegno della Chiesa è quello – chiarisce – di un primo intervento dal basso: assistenza a queste persone, senza discriminazioni sul credo religioso professato. Poi padre Baggio individua un secondo livello: quello delle politiche locali e nazionali e per questo afferma che le chiese locali possono far sentire la loro voce che è la voce di chi conosce le questioni da vicino. Padre Baggio sottolinea, inoltre, l’importanza di un terzo livello di azione che definisce di “governance globale del lavoro”. Si tratta del piano della comunità internazionale che presenta maggiori difficoltà ma che resta essenziale. E per ottenere risultati concreti su questo piano spiega che è essenziale che si tenga alta l’attenzione su quanto accade in termini di diritti non rispettati e che cambi la narrativa corrente. Ricorda infatti che troppo spesso si mette l’accento sugli aspetti negativi delle migrazioni e si trascurano gli aspetti positivi che invece – sottolinea – emergono da tanti studi scientifici, economici, che mettono in luce, anche se non se ne parla quasi mai, il contributo preciso all’economia dei Paesi ospitanti. 

Una precisa metodologia di ricerca

Gli esperti che sono stati coinvolti nel seminario di oggi, e più in generale nello studio di questi fenomeni, hanno spiegato che l’esame della situazione dei lavoratori migranti “invisibili” in Europa non viene fatta nel senso di un’indagine quantitativa. Piuttosto, vengono presentati come esemplari alcuni casi individuali accessibili al pubblico, via Internet, notiziari, racconti che fanno “letteratura”.

Dunque, l’impegno a lungo termine promosso da istituzioni e persone ecclesiastiche viene presentato con un’intenzione paradigmatica.

In quella che gli esperti hanno definito la terza fase, i testi della Dottrina sociale della Chiesa vengono presi in considerazione ed esaminati per rilevanza rispetto al problema dei lavoratori migranti “invisibili”. Questo tipo di impegno viene assunto nella convinzione dichiarata di voler promuovere una pratica di solidarietà tra Europa orientale e occidentale che sia nuova perché impostata in una prospettiva teologica-sistematica. Si individua poi una quarta fase dell’indagine nel momento in cui la ricerca andrà a tracciare soluzioni socio-eticamente valide per una convivenza europea tra Oriente e Occidente che non sfrutti i lavoratori migranti.

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