Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Un evento on-line, nel pomeriggio di oggi, che intende mettere esperti a confronto sul tema “Nuovi cammini per la ministerialità ecclesiale” sulla scia di “Querida Amazonia”, l’esortazione apostolica seguita al Sinodo speciale per la regione Panamazzonica. Un evento organizzato dalla Pontificia Accademia di Teologia (PATH) e dall’Associazione Teologica Italiana (ATI) in collaborazione con la Pontificia Università Gregoriana. I nuovi cammini sono itinerari per tutta la Chiesa, al di là delle situazioni particolari, perché la Chiesa è dei battezzati e per questo, aveva scritto Papa Francesco in una lettera inviata lo scorso gennaio alla Congregazione per la Dottrina della Fede, “è urgente che si promuovano e si conferiscano ministeri a uomini e donne”.
Partendo da queste considerazioni, il confronto sarà animato da diverse personalità come il professor Dario Vitali, direttore del Dipartimento di Teologia Dogmatica dell’Università Gregoriana mentre la professoressa Serena Noceti, docente di Teologia Sistematica all’Istituto superiore di scienze religiose di Firenze, tratterà il tema “Gli interventi magisteriali sulla ministerialità: status quaestionis”. Al confronto prenderà parte anche il professor Agostino Montan, docente emerito di Diritto Canonico all’Università Lateranense, che tratterà il tema: “Ministerialità ecclesiale e diritto canonico”. La relazione del cardinale Marcello Semeraro, vescovo di Albano e Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, terrà una relazione su “Ministerialità e missione della Chiesa”. A Vatican News spiega i punti forti del suo contributo:
R. – I punti cardine del mio intervento sono diversi, anzitutto guardo alla dimensione carismatica dell’azione dello spirito che chiama a diverse forme di ministerialità della Chiesa. Questo è anche il primo punto che il Papa mette in evidenza nel Motu Proprio che si intitola appunto Spiritus Domini. Il secondo elemento è una ministerialità che non è più riservata e che se vuol essere missionaria non è più ad intra ma deve avere una dimensione ad extra. Questa distinzione – chiesa ad intra e chiesa ad extra – fu un’idea guida anche del Concilio Vaticano II, però questa è una bipolarità didattica, è uno schema che non può diventare un blocco rigido. E questo vale anche per il tema della ministerialità. Terzo elemento che metterei in evidenza è il fatto che la missionarietà non vuole la novità, e non è tanto la questione che possa essere conferita anche a fedeli di sesso femminile, la vera novità che si esige da una ministerialità in chiave missionaria è la dimensione culturale, la dimensione interculturale, perché al centro c’è la persona battezzata uomo o donna che sia. E’ il battesimo che abilita a forme di servizio della chiesa e dalla parte della chiesa non si può stare senza essere in servizio. Questa ministerialità istituita deve essere a sua volta a servizio di una ministerialità di fatto, che per me è la più urgente, la più importante nella vita della chiesa. Istituzionalizzare tutte le forme di ministerialità può essere una cosa interessante, buona nel senso di mettersi sotto gli occhi della chiesa intera. C’è anche il gravissimo rischio del clericalismo di cui parla tanto spesso il Papa.
Più volte lei ha sottolineato le difficoltà di intraprendere nuovi cammini. E’ perché lei ritiene che questa difficoltà sia calata in determinate realtà o è un proprio una difficoltà globale?
R. – Il narcisismo è una tentazione universale, è un vizio che può assumere delle forme patologiche ma è anche un vizio che può avere delle forme nascoste. Quindi c’è sempre un ulteriore bisogno di conversione, di discernimento, di revisione delle proprie impostazioni, dei propri stili di vita. Il rischio c’è sempre ma a motivo della nostra debolezza, a motivo della nostra fragilità. In Evangelii gaudium questa tentazione il Papa l’ha chiamata mondanità spirituale. Questo è il rischio e dobbiamo essere molto vigilanti su questo aspetto. Dall’altra parte non possiamo esimerci perché senza tentazioni di mondanità o altro noi non possiamo diventare santi perché il combattimento spirituale vale un po’ per tutti.