Nella Basilica di Nostra Signora di Guadalupe, a Città del Messico, il cardinale prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi, in rappresentanza del Papa, ha celebrato oggi la Messa di beatificazione di padre Lira Serafín (1853-1950), missionario dello Spirito Santo e fondatore della Congregazione delle Missionarie della Carità di Maria Immacolata. E’ stato, ha detto, testimone della gioia di fare, da figlio, sempre la volontà del Padre, ma anche grande direttore spirituale e confessore
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Il nuovo beato padre Moisés ha riprodotto in sé “l’immagine di Cristo Figlio, mite e umile”, e ha proposto questo volto di Gesù “anche all’imitazione delle sue figlie spirituali, le Missionarie della Carità di Maria Immacolata, guidandole nel cammino della infanzia spirituale”. Parlava di Dio da vero figlio e ne parlava “come un vero padre facendolo con una tenerezza che impressionava”, e viveva la “piccolezza” di figlio, con la gioia di fare sempre la volontà del Padre, anche quanto era molto malato e prostrato. Ma è stato anche grande maestro di paternità spirituale, e confessore, per tante persone “che guidava pure nella scelta di vita”. Così il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi, ha parlato del sacerdote messicano Moisés Lira Serafín, missionario dello Spirito Santo, vissuto nella prima metà del secolo scorso, nell’omelia della Messa di beatificazione, celebrata oggi, come rappresentante di Papa Francesco, nella Basilica di Nostra Signora di Guadalupe, a Città del Messico.
Imitava Gesù, Figlio mite e umile
Riferendosi al brano del Vangelo di Matteo protagonista della liturgia, quello nel quale Gesù invita i discepoli a farsi piccoli come bambini, per essere “il più grande nel regno dei cieli” il cardinale ha ricordato, con san Bernardo, che il piccolo che dobbiamo imitare “è Gesù, che fu mite e umile di cuore”. E questa, ha sottolineato, è stata una delle caratteristiche del nuovo beato, nato nel 1853 nella zona di Puebla, fondatore nel 1934 della Congregazione delle Missionarie della Carità di Maria Immacolata, proprio con la missione di aiutare tutti gli uomini a vivere come figli amati da Dio, e morto nel 1950 a Città del Messico. Padre Moisès, come ha detto un testimone nel processo per la beatificazione, ha ricordato Semeraro “quando si trattava di Dio egli parlava come un vero figlio e parlava di Dio come un vero padre”. Quello che dovremmo fare tutti, ha proseguito, cercando di pregare già durante questa santa Messa, “con gioia e con fiducia, la preghiera del Padre nostro”.
Gioioso e scherzoso anche nella malattia
A questo spirito di “figlio”, il nuovo beato, ha ammesso il prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi, “non è arrivato percorrendo una via facile”. Da giovanissimo, ha ricordato, ha prima perso la madre, a soli 5 anni, e poi è stato costretti a continui spostamenti, per il lavoro del padre. Ma “il suo carattere rimase allegro, giocoso e scherzoso”. I suoi confratelli religiosi testimoniarono, “che il suo scopo era quello di rendere gli altri felici”. Anche alla fine della vita, ha dichiarato un altro testimone, “Ho visto personalmente padre Mosè molto malato e prostrato, e nonostante ciò scherzava con noi. In mezzo alle tante sue malattie, cercava di non essere un peso per tutti noi e per gli altri”. Così il nuovo beato, per il cardinale Semeraro, ha vissuto la «piccolezza» di cui ci ha parlato il Vangelo.
Il carisma di confessore e padre spirituale
La seconda caratteristica del nuovo beato sottolineata nell’omelia, è stata “il suo speciale carisma per la direzione spirituale”, come confessore, dalle sei alle otto ore al giorno, ma anche “nell’accompagnamento di tante persone, che guidava pure nella scelta di vita”. La sua infanzia spirituale, ha spiegato Semeraro “qui si trasformava in paternità spirituale con cui infondeva nei cuori pace, confidenza in Dio, sicurezza. Non abbatteva, ma sollevava lo spirito, dicevano di lui e questo è un bisogno molto avvertito nella Chiesa di oggi”. Per questo, nell’instrumentum laboris della seconda sessione della sedicesima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, prevista in ottobre, sottolineando che “una Chiesa sinodale è una Chiesa che ascolta, capace di accogliere e accompagnare”, si propone di dar vita “a un ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento”, come “porta aperta” della comunità, “attraverso cui le persone possano entrare senza sentirsi minacciate o giudicate”.
L’affidamento alla “Virgen morenita” di Guadalupe
Il cardinale ha affidato tutti questi propositi “alla Vergine Maria, la Virgen morenita tanto amata e venerata in questo Santuario di Guadalupe”. Ed ha ricordato le parole del Papa, il 12 dicembre 2022, nella Messa per la festa di Santa Maria di Guadalupe, quando ricordò che viviamo in un “periodo amaro, pieno di fragori di guerra, di crescenti ingiustizie, carestie, povertà, sofferenza”. Ma la fede e l’amore di Dio ci insegnano “che anche questo è un tempo propizio di salvezza”, nel quale il Signore, attraverso la Vergine Maria, meticcia, continua a donarci suo Figlio, e ci invita “ad andare incontro ai fratelli e alle sorelle dimenticati e scartati dalle nostre società consumistiche e apatiche”. In tutto questo ci può aiutare, ha concluso Semeraro, pure “l’esempio e l’intercessione del beato Moisés”.
Il miracolo per la beatificazione e la tomba
All’ intercessione di padre Moisés Lira Serafín è attribuita la guarigione miracolosa di una donna, Rosa María Ramírez Mendoza, che incinta scopre alla 22.ma settimana di essere affetta da una anomalia fetale molto grave. La donna rifiuta di interrompere la gravidanza, come suggerito dai medici e affida con fede la sua situazione a padre Moisés, del quale in quei giorni sta leggendo un libro sulla sua vocazione sacerdotale e invocando da lui la guarigione per nove giorni consecutivi. A una visita di controllo effettuata al sesto mese di gravidanza il medico, con grande stupore, comunica alla paziente che l’anomalia era scomparsa e il feto era in buono stato di salute. Il 6 settembre 2004 Rosa María partorisce Lissette Sarahí, una bimba perfettamente sana. Don Moisés è oggi sepolto nel Templo Expiatorio Nacional de San Felipe de Jesús, a Città del Messico. Qui, che contribuì a fondare e nel quale prestò servizio negli anni Trenta del secolo scorso.