Carità e accoglienza, il filo rosso che attraversa vita e martirio della famiglia polacca, la prima nella storia della Chiesa i cui componenti sono beatificati nello stesso momento. Nell’omelia, il prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi ricorda i nomi degli ebrei uccisi con gli Ulma e il messaggio del più piccolo dei nuovi Beati, venuto “alla luce del mondo nel momento del martirio di sua madre”: accogliere, amare e proteggere la vita
Emanuela Campanile – inviata a Markova (Polonia)
Markowa è inondata di fedeli e di sole in questa giornata di settembre dove ogni cosa brilla di più, anche l’azzurro del cielo. A migliaia sono arrivati da tutta la Polonia per celebrare e gioire della beatificazione di Jozef, Wiktoria e dei loro sette figli. Sono gli Ulma, “I Samaritani di Markowa”, la famiglia capace di trasformare la propria casa “nel luogo di quella che Papa Francesco chiama santità della porta accanto”. Lo ricorda nell’omelia il prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, cardinale Marcello Semeraro: dando accoglienza a otto ebrei perseguitati dal regime nazista, “la casa degli Ulma divenne quella locanda in cui l’uomo disprezzato, reietto e colpito a morte fu ospitato e curato”.
Alla scuola del Vangelo
Jozef e Wiktoria, diversi nel carattere ma con un orizzonte comune, formano i loro cuori e quelli dei lori figli meditando quotidianamente, pregando e accogliendo la Parola di Dio. “Vissero una santità non soltanto coniugale – prosegue il prefetto – ma compiutamente familiare”, illuminati e sostenuti dalla grazia santificante del Battesimo, dell’Eucaristia e degli altri sacramenti. Solo così, è potuta emergere “la bellezza e la grandezza del sacramento del Matrimonio”.
Il testimone senza nome
Tutto è immobile nella spianata di Markowa quando il vescovo Krystof Chuzia traduce in polacco le parole di Semeraro sul più piccolo tra i nuovi beati, la creatura che Wiktoria portava in grembo “e che veniva alla luce nel travaglio della carneficina della madre.
Senza avere mai pronunciato una parola, oggi il piccolo beato grida al mondo moderno di accogliere, amare e proteggere la vita, specialmente quella degli indifesi e degli emarginati, dal momento del suo concepimento fino alla morte naturale. E’ la sua voce innocente che vuole scuotere le coscienze di una società dove dilaga l’aborto, l’eutanasia e il disprezzo della vita vista come un peso e non come un dono. La famiglia Ulma ci incoraggia a reagire a quella cultura dello scarto, che Papa Francesco denuncia”.
L’amicizia ebreo-cristiana
Il saluto del cardinale Semeraro ai rappresentanti della comunità ebraica presenti al rito di beatificazione, segue l’elenco dei nomi dei componenti delle due famiglie ospitate dagli Ulma e che con loro persero la vita. ”Questa riunione di famiglie ebree e una famiglia cattolica nello stesso martirio ha un significato molto profondo” poiché offre “la luce più bella sull’amicizia ebraico-cristiana, a livello sia umano, sia religioso”.
Operatori di pace
Un altro elemento di luce nasce dall’attualità del messaggio degli Ulma, che con il loro gesto verso i più bisognosi, rimandano alla necessità urgente dell’accoglienza. Il contesto a cui il cardinale fa riferimento – senza dimenticare l’incredibile impegno della Polonia per aiutare i civili in fuga dalla guerra – è l’invasione russa in Ucraina: “L’intercessione dei nuovi beati e la loro testimonianza di carità evangelica incoraggi tutti gli uomini di buona volontà a diventare operatori di pace”.
Il coraggio di vivere la fede
Nelle parole del prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi c’è anche il sentito ringraziamento nei riguardi di tanti altri polacchi che durante la Seconda Guerra Mondiale hanno dato rifugio agli ebrei, pagando per questa scelta consapevole, con la vita. Forte anche l’augurio che “in tutti noi, la testimonianza martiriale della famiglia Ulma susciti il desiderio sincero di professare e vivere con coraggio la fede”.
La periferia nel cuore della Chiesa
Markowa oggi, 10 settembre 2023, sembra essere il centro del mondo a cui la Chiesa universale guarda rendendo onore ai suoi nove figli, Józef e Wiktoria, Stanisława, Barbara, Władysław, Franciszek, Antoni, Maria e il più piccolo che veniva alla luce del mondo nel momento del martirio di sua madre.