Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
C’è chi va a scuola a stomaco vuoto, chi dorme al freddo, o chi non ha un letto o un tetto per colpa di uno sfratto. Sono i quasi 20 milioni di bambini che crescono in povertà in Europa, sebbene l’Ue sia una delle regioni più ricche e con meno diseguaglianze al mondo. I minori europei stanno affrontando livelli di povertà inaccettabili in quasi tutti i Paesi europei, denuncia Save the Children. Il rapporto prende in esame 14 Paesi, di cui 9 in Ue e 5 fuori dall’Unione. “Tra i Paesi Ue – si legge nel testo – in Germania, uno dei Paesi più ricchi al mondo, un bambino su 4 cresce a rischio di povertà, mentre in Spagna e in Romania, un bambino su tre vive al di sotto della soglia di povertà. La situazione è ancora più grave nei Balcani occidentali, dove i tassi di povertà minorile già negli anni precedenti variavano dal 49,4% in Albania, al 30,6% in Bosnia-Erzegovina e al 20,7% in Kosovo”.
Le diseguaglianze a carico dai bambini
L’organizzazione rileva come i bambini più vulnerabili e più colpiti da povertà siano coloro che nascono in famiglie numerose o monoparentali; i bambini di famiglie migranti; con disabilità; appartenenti a minoranze etniche; abitanti nelle aree rurali o più svantaggiate. L’emergenza dettata dalla pandemia, spiega Antonella Inverno, responsabile Politiche per l’Infanzia e l’Adolescenza di Save the Children Italia, “ha provocato uno shock dal punto di vista sociale in buona parte del mondo”. Si vivono, dunque, situazioni di enormi diseguaglianze che vengono pagate da bambini e bambine provenienti da contesti di drammatiche privazioni e “che non riescono ad avere una prospettiva di un futuro diverso”. Ormai, prosegue la Inverno, “viviamo in Paesi dove quasi ritorna il vecchio modo di dire che se sei figlio di operaio potrai fare solo l’operaio”.
La classe dei working poor
Gli unici Paesi – tra i 9 Ue presenti nel rapporto – i cui i tassi di povertà minorile sono diminuiti durante la pandemia, sono Danimarca, Svezia e Lituania. Ma, ad esempio, anche in Svezia, prosegue Inverno, “va considerato che il 58% di tutte le famiglie monoparentali di origine straniera è a rischio povertà”. Inoltre, aggiunge, ci sono anche luoghi, come Spagna e Paesi Bassi, dove “circa il 40% dei bambini a rischio povertà proviene da famiglie dove entrambi i genitori lavorano. Quindi anche la cosiddetta classe dei working poor (lavoratori poveri, ndr) sta aumentando le proprie fila”.
Molti bimbi senza un pasto al giorno
Milioni di bambini in tutta Europa – si legge ancora – non hanno alcun accesso, o lo hanno limitato, all’istruzione e ai servizi educativi per la prima infanzia, e spesso di bassa qualità. La povertà materiale è legata a stretto mandato con la povertà educativa, prosegue Antonella Inverno, secondo la quale appare “sempre più evidente che chi non nasce in un contesto privilegiato avrà molte più difficoltà a costruirsi un percorso educativo fin dalla prima infanzia e fino poi all’educazione superiore che possa permettergli di immaginare una vita non in una situazione di povertà”. Altro gravissimo problema: l’impossibilità per molti minori di accedere a cibo sano, il che sta causando un aumento dei livelli di obesità e di malnutrizione cronica infantile. “Di nuovo – aggiunge la ricercatrice – abbiamo in Europa un problema di povertà alimentare, cioè di bambini che non riescono a mettere insieme almeno un pasto proteico al giorno”. Accanto a questo ci sono altre sfide: quella posta dalla situazione di salute mentale dei bambini, così come quella costituita dal fronte abitativo, laddove al sovraffollamento si oppone molte volte il rischio di sfratto e la perdita di casa.
I minori poveri saranno adulti poveri
In Europa il prezzo che i bambini pagano a causa delle diseguaglianze sta diventando troppo alto. “I bambini che crescono in povertà, hanno molte più probabilità di essere poveri da adulti e, a loro volta, anche i loro figli. in una trasmissione intergenerazionale”, è l’amara considerazione di Antonella Inverno che, a nome di Save the Children, chiede ai governi “di impegnarsi senza alcun indugio per elaborare dei piani di contrasto alla povertà minorile”. L’Unione europea si è impegnata a far uscire dalla povertà almeno 5 milioni di bambini entro il 2030, si legge nel rapporto, e ha stanziato 88 miliardi per il prossimo settennio per affrontare, tra gli altri, anche questo tema. Entro marzo 2022 i Paesi membri dovranno definire dei piani d’azione per implementare la Garanzia europea per l’infanzia, il principale programma europeo per contrastare la povertà minorile e l’esclusione sociale.
Il messaggio del Papa
Francesco lo scorso giugno, nel messaggio in occasione della Giornata mondiale dei poveri, del prossimo 14 novembre, lanciava un forte appello ai cristiani e ai governi di tutto il mondo a intervenire con urgenza per aiutare i poveri, aumentati a dismisura a causa della pandemia e dell’egoismo. “Nessuno si salva da solo”, ripete ora Antonella Inverno, “la pandemia lo ha dimostrato. Quindi bisogna raccogliere questo appello del Papa per reimpostare una solidarietà dentro i Paesi membri e tra i Paesi membri, con riferimento anche alle migrazioni, che saranno una questione sempre più imponente nei prossimi anni rispetto alle crisi climatiche a cui andiamo incontro, proprio pensando a quell’ottica del salvarci tutti insieme che è l’unico modo per avere delle società future prospere”.