L’ultimo della lista dei nuovi porporati è padre Luis Dri, 96 anni, frate cappuccino che da anni confessa nel santuario di Nostra Signora di Pompei a Buenos Aires. La sera era solito chiedere perdono davanti al Tabernacolo per le tante assoluzioni dicendo: “Sei stato tu a darmi il cattivo esempio!”
ANDREA TORNIELLI
È l’ultimo della lista ma non è certamente all’ultimo posto nel cuore di Jorge Mario Bergoglio. Annunciando l’elenco dei nuovi cardinali che riceveranno la berretta color porpora nel concistoro del prossimo 30 settembre Papa Francesco l’ha concluso pronunciando il nome di un anziano frate francescano che da quando si è ritirato, nel 2007, vive nel confessionale insonorizzato del santuario di Nostra Signora di Pompei a Buenos Aires: è fra’ Luis Pascual Dri, cappuccino, nato a Federación, provincia di Entre Ríos, Argentina, il 17 aprile 1927, in una famiglia dove tutti i figli, tranne uno, si sono consacrati a Dio nella vita religiosa.
Di lui Francesco ha parlato più volte. Una prima volta il 6 marzo 2014, incontrando i parroci di Roma. Aveva ripetuto l’esempio pochi mesi, dopo, l’11 maggio 2014 nell’omelia della messa per le ordinazioni sacerdotali. È tornato a citarlo nel libro-intervista «Il nome di Dio è misericordia», quindi l’ha riproposto nel febbraio 2016 durante l’omelia della messa in san Pietro con i frati cappuccini e ancora nel recente incontro con i preti di Roma a San Giovanni in Laterano e con i confessori del Giubileo. Quando parla della confessione e dell’accoglienza dei penitenti in confessionale, il pensiero di Papa Bergoglio va sempre a lui.
«Ricordo un grande confessore, un padre cappuccino, che esercitava il suo ministero a Buenos Aires. Una volta venne a incontrarmi, voleva parlare. Mi disse: “Ti chiedo aiuto, ho sempre tanta gente davanti al confessionale, gente di ogni tipo, umile e meno umile, ma anche tanti preti… Io perdono molto e a volte mi viene uno scrupolo, lo scrupolo di aver perdonato troppo”. Abbiamo parlato della misericordia, e gli ho chiesto che cosa facesse quando provava quello scrupolo. Mi ha risposto così: “Vado nella nostra cappellina, davanti al tabernacolo e dico a Gesù: Signore, perdonami perché ho perdonato troppo. Ma sei stato tu a darmi il cattivo esempio!”. Questo non lo dimenticherò mai. Quando un sacerdote vive così la misericordia su sé stesso, può donarla agli altri».
Sette anni fa andammo a cercarlo al santuario dedicato alla Vergine di Pompei a Buenos Aires. C’era pochissima gente, era un pomeriggio piuttosto afoso. Un solo confessionale aperto, dentro un frate col saio cappuccino in attesa, fra i pannelli insonorizzanti bianchi simili a quelli di un vecchio studio radiofonico. Era lui. Ci raccontò perché il Papa lo citava così spesso. «Io, tutto sommato, sono, non dico scrupoloso, ma diciamo un po’ preoccupato nelle confessioni. Quando lui era cardinale qui a Buenos Aires, avevo molta fiducia in lui, andavo a parlargli e una volta gli ho confidato tutto questo. Mi diceva: “Perdona, perdona, bisogna perdonare”. E io: sì, perdono, ma poi mi rimane una certa inquietudine e per questo dopo vado da Gesù e gli dico che è stato Lui a insegnarmi, che il cattivo esempio me lo ha dato Lui, perché Lui ha perdonato tutto, non ha mai rifiutato nessuno. Si vede che queste parole hanno colpito Bergoglio, gli sono rimaste impresse. Lui sa che io confesso molto, per molte ore, di mattino e di sera. E più di una volta lui ha consigliato alcuni sacerdoti, per qualche problema, di venire a parlare con me, io li ho ascoltati e ora siamo grandi amici, con alcuni di loro che vengono spesso, parliamo, e si trovano molto bene spiritualmente, pastoralmente. Io devo ringraziare molto il Papa per questa sua fiducia che ha posto in me, perché non la merito. Io non sono una persona, un sacerdote, un frate che ha fatto studi, non ho alcun dottorato, non ho niente. Ma la vita mi ha insegnato molto, la vita mi ha segnato, e, poiché sono nato molto povero, mi sembra di dover sempre avere una parola di misericordia, di aiuto, di vicinanza per chiunque venga qui. Nessuno deve andarsene pensando di non essere stato compreso o disprezzato o rifiutato».
Il frate che passa ogni mattina e ogni pomeriggio in confessionale, continuando “fino a quando si consumano le candele”, non aveva particolari consigli da dare ai “colleghi” confessori: “Quello che dice il Papa. Io non posso dire altro, perché lo sento, perché lo vivo. Misericordia, comprensione, mettere tutta la vita in ascolto, per comprendere, per riuscire a mettersi nella pelle dell’altro, per capire cosa sta succedendo. Non dobbiamo essere, a cominciare da me stesso, dei funzionari che compiono qualcosa e basta: ‘Sí, gli ho dato l’assoluzione’. ‘Sì, no, e finisce lì’. Tutto il contrario. Io penso che dobbiamo avere una certa vicinanza, una speciale amabilità, perché delle volte c’è gente che non sa molto bene cosa sia la confessione. ‘Non ti spaventare, non ti preoccupare’. La confessione… l’unica cosa che ci vuole è il desiderio di essere migliore, niente altro. Non devi pensare con chi, né quante volte, né quello né l’altro. Tutte queste cose non servono. Mi sembra che allontanino la persona. E io devo fare in modo che le persone si avvicinino a Dio, a Gesù”.
Mentre ai penitenti, il frate che ora sarà rivestito di porpora, ha sempre dato questo consiglio: “Non avere paura. Io sempre mostro questa immagine, questo quadro che rappresenta l’abbraccio del Padre al Figliol Prodigo. Perché mi chiedono: ‘Ma Dio mi perdonerà?’. Ma Dio ti abbraccia, Dio ti vuole bene, Dio ti ama, Dio cammina con te, Dio è venuto a perdonare, non a castigare, è venuto per stare con noi, ha lasciato il cielo per stare con noi. Allora, come possiamo avere paura! Mi sembra quasi un’assurdità, un non conoscere, un’idea sbagliata sul nostro Padre Dio”.
Una figura la sua che ricorda quella di padre Leopoldo Mandic, che aveva lo stesso atteggiamento con la gente in confessionale. «Sì, sì, lo conosco molto; ho letto la sua vita e ho imparato molto da lui – ci aveva confidato padre Dri – Ho imparato anche da padre Pio: sono stato con lui nel 1960. E tutto ciò mi ha insegnato tanto. Sono stato con Padre Pio, mi sono confessato con lui, sono stato nello stesso convento nel 1960. San Leopoldo e san Pio mi hanno insegnato tanto, tante cose belle sulla misericordia, sull’amore, sulla pace, sulla tranquillità, sulla vicinanza. Sebbene padre Pio fosse così forte, così energico, quando doveva ascoltare e perdonare, era Gesù”.