Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Si sostengano la ricerca e il salvataggio: la richiesta della società civile italiana è ferma e decisa. A poche ore dall’ultimo tragico naufragio nel Mediterraneo, con circa 130 vittime, con un rimpallo delle responsabilità, nel silenzio, omissione e distrazione degli Stati europei e, soprattutto, dell’Unione europea, è il capo del governo italiano Mario Draghi ad essere direttamente interpellato da un gruppo di organizzazioni non governative, affinché si proceda ad un incontro urgente, perché non si ripetano più tragedie come l’ultima, quella del 22 aprile scorso, quando un gommone si è ribaltato in acque molto agitate, senza che nessuno Stato, è la denuncia dell’equipaggio della Ocean Viking, la nave della ong Sos Mediterranee, intervenisse per salvare i naufraghi. Una strage che “poteva essere molto probabilmente evitata”, scrivono le varie organizzazioni, che ricordano come, dal 2014, oltre 20mila tra uomini, donne e bambini siano morti o siano scomparsi nel Mediterraneo centrale. “Come ong – si legge ancora – siamo in mare a colmare un vuoto, ma saremmo pronte a farci da parte se l’Europa istituisse un meccanismo istituzionale e coordinato di ricerca e soccorso che abbia come scopo primario quello di soccorrere persone in mare”.
L’appello del Papa che denuncia il momento della vergogna
Ieri un appello forte e addolorato era stato lanciato dal Papa, dopo il Regina Coeli, quando aveva parlato del “momento della vergogna per questa ennesima tragedia”, per la morte di chi per due giorni aveva “implorato invano aiuto: un aiuto che non è arrivato”. Francesco aveva quindi chiesto preghiere per chi continua a morire nei naufragi, così come per chi può aiutare ma preferisce non farlo e guardare da un’altra parte. A queste parole del Papa aveva subito fatto riferimento la Conferenza episcopale siciliana, in un comunicato a firma di monsignor Antonio Stagliano’, vescovo di Noto e delegato delle chiese di Sicilia per i migranti, nel quale viene indicato come “soccorrere sia un dovere al quale non si può venire meno”.
Sant’Egidio, l’immigrazione non si ferma con i muri
Stasera, alle 19.30, a partire dalla basilica romana di Santa Maria in Trastevere, e poi in tutta Italia e in altri Paesi europei, si terranno numerose veglie di preghiera promosse dalla Comunità di Sant’Egidio in memoria delle vittime del naufragio, ma anche, e soprattutto, per chiedere che si garantisca il salvataggio in mare e che si attivino con urgenza i corridoi umanitari. “Siamo ancora nuovamente troppo distratti da queste tragedie – spiega a Vatican News Marco Impagliazzo, presidente di Sant’Egidio – non abbiamo ancora trovato delle soluzioni valide per evitare queste morti in mare”. Impagliazzo parla delle sciagure che sconvolgono il Mediterraneo e non solo, con un riferimento preciso ad un nuovo naufragio, avvenuto anche questo nelle ultime ore nei Caraibi, che avrebbe causato almeno due vittime e una quindicina di dispersi tra i 24 venezuelani in fuga verso Trinidad e Tobago. “Il punto – prosegue Impagliazzo – è che le frontiere sono chiuse e le vie legali per l’immigrazione sono praticamente nulle. Questo è un gravissimo problema che riguarda ogni Stato europeo, riguarda l’Europa nel suo intero come Unione, ma anche diversi Stati”. Di qui la richiesta della Comunità di Sant’Egidio di aprire nuove vie legali, perché “la migrazione non si ferma con i muri”. Come europei, è la grave indicazione del presidente della Comunità, “abbiamo ceduto il controllo del Mare Mediterraneo alla Guardia Costiera Libica e ci stiamo via via ritirando da ogni missione di salvataggio, quindi dobbiamo ringraziare le poche ong che ancora riescono a compiere quest’opera di soccorso nel mare, nonostante i venti contrari, i venti politici contrari e non i venti naturali”.
La Chiesa denuncia l’indifferenza e si impegna per prima
Unica soluzione resta quindi l’apertura dei corridoi umanitari, un modello che la Comunità di Trastevere sta portando avanti da tempo assieme a Caritas italiana e Chiese evangeliche italiane. Corridoi che sono stati aperti anche in Francia, grazie ad un protocollo firmato tra Sant’Egidio e il governo di Parigi. “Questa è una delle vie legali che noi chiediamo di adottare a ogni Paese europeo e poi anche all’Europa intera – precisa Impagliazzo – bisogna poi insistere per l’allargamento dei criteri di ricongiungimento familiare, che sono troppo stretti e aprire via legali per motivi di lavoro”. Il Papa, conclude il presidente di Sant’Egidio, ha fatto un grande appello “a partire dalla sua stessa esperienza personale, dal suo impegno personale. Ricordiamoci che è lui che ha visitato Lampedusa nel suo primo viaggio fuori da Roma all’inizio del pontificato, che è lui che è stato nelle isole greche e ha voluto che alcuni migranti, grazie alla comunità Sant’Egidio, venissero ospiti suoi a Roma. E ricordiamo che è lui che chiede a tutte le parrocchie, alle congregazioni religiose, ai movimenti, alle comunità, di farsi carico di questo problema, perché la Chiesa denuncia l’indifferenza, ma non accusa gli altri. Per prima si impegna e chiede una conversione pastorale, perché anche la nostra pastorale sia rivolta all’accoglienza e all’integrazione di queste persone”.