Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Si celebrava un mese fa, era il 25 luglio, vigilia della ricorrenza dei santi Gioacchino ed Anna, nonni di Gesù, la prima Giornata mondiale degli anziani e dei nonni, istituita dal Papa perché i nonni, come disse lo stesso Francesco all’Angelus del 31 gennaio scorso, annunciando la Giornata, “troppe volte sono dimenticati”. A ricordare bene quel 25 luglio è Giancarlo Penza, responsabile del servizio anziani della Comunità di Sant’Egidio, presente quel giorno in piazza San Pietro con un gruppo di anziani, per ascoltare la parola del Papa in occasione della ricorrenza a loro dedicata. “È stato un momento davvero indimenticabile. Siamo veramente grati a Francesco che ha voluto indire questa Giornata che, per fare un esempio, ha permesso a molti anziani che si trovano negli istituti di uscire per la prima volta dalla residenza, dopo oltre un anno e mezzo di isolamento”. Penza racconta la gioia nei loro occhi, la felicità di essere di nuovo insieme, di poter essere a San Pietro e poter celebrare con il Papa “che ha dedicato loro parole molto toccanti e commoventi”.
La presenza fa la differenza tra la vita e la morte
La Comunità di Sant’Egidio è da anni impegnata nell’assistenza agli anziani, anche con un programma ad hoc previsto in estate, basato molto sul ‘buon vicinato’. Spesso, spiega Penza, quando si ha un anziano vicino di casa, bussare alla porta quando fa molto caldo, e chiedere se ha bisogno di aiuto “può fare la differenza tra la vita e la morte”. L’augurio è che, a partire dalle prossime settimane, la situazione possa cambiare, che gli anziani possano essere di nuovo messi “al centro dell’attenzione dei vicini, della popolazione, degli amici, dei parenti, che possano davvero tornare ad essere protagonisti della vita sociale”.
Necessaria l’assistenza a domicilio
Ad oggi, nelle grandi città, gli anziani, oltre i 65 anni, che vivono la condizione di isolamento sociale sono oltre il 40% della popolazione, una condizione estremamente pericolosa, soprattutto nel periodo estivo, quando le ondate di calore possono creare pesanti problemi fisici in loro. “Ciò che può fare la differenza – precisa Penza – è la presenza di qualcuno che stia loro accanto, che ricordi loro ciò che devono fare, che chieda se hanno bisogno di qualcosa, insomma assisterli e aiutarli, ma anche attraverso gesti molto semplici, come andare a fare la spesa o comprare medicine”. Tra i momenti molti difficili vissuti ultimamente dagli anziani, ci sono stati i periodi di chiusura dovuti alla pandemia, ricaduti pesantemente su chi vive negli istituiti, per i quali “il legame con il mondo di fuori è stato particolarmente difficile, perché la riduzione delle visite ha creato problemi psicologici, notevoli disagi mentali e depressione”. Se c’è una cosa che però questo periodo di Covid ha fatto capire è che, in Italia, “il sistema di assistenza e di cura degli anziani funziona poco, perché poco concentrato sul domicilio e troppo sul trasferimento degli anziani nelle residenze, che sono luoghi in genere di solitudine, molto spersonalizzanti”. Si è dunque capito, o almeno questa è la speranza di Penza, che “è necessario lavorare molto sul territorio, prestare cure e assistenza sul territorio, quindi più assistenza domiciliare. anche sanitaria e medica, più visite domiciliari e meno trasferimenti nelle residenze e nei pronto soccorso, che possono rivelarsi pericolosi, che possono creare molti problemi, soprattutto per la popolazione anziana e fragile”.