“C’est la Confiance”, pubblicata il 15 ottobre, è la settima esortazione apostolica di Papa Francesco, la prima dedicata a un santo. Dottore della Chiesa, patrona della Francia e delle missioni, la mistica di Lisieux era anche un genio teologico. “Per lei contava solo l’amore”, spiega lo scrittore francese Jean de Saint-Chéron, il cui saggio sulla Santa sarà pubblicato dalla Lev
Delphine Allaire – Città del Vaticano
Con le 27 pagine in francese dell’esortazione apostolica “C’est la Confiance” (È la fiducia”), il Papa ha esaminato con tenerezza il genio spirituale e teologico di Santa Teresa del Bambin Gesù, definendolo sintetico ed essenziale. Una santa mistica e Dottore della Chiesa particolarmente cara a Papa Francesco, che ha voluto che le reliquie della monaca carmelitana francese e quelle dei suoi genitori, Zélie e Louis, canonizzati otto anni fa nell’ottobre 2015, fossero presenti in Piazza San Pietro durante un’udienza generale dello scorso giugno. Francesco ha poi tenuto anche una serie di catechesi sullo zelo apostolico e missionario, usando Teresina come esempio.
All’inizio di quest’anno, lo scrittore francese Jean de Saint-Chéron ha pubblicato con le edizioni Grasset un saggio biografico su Teresa di Lisieux, intitolato “Éloge d’une guerrière” (Elogio di una guerriera), che sarà pubblicato in italiano dalla Libreria Editrice Vaticana (LEV) nel 2024. L’autore riflette con i media vaticani sul nuovo documento del Pontefice.
L’esortazione apostolica parla di fiducia. Quanto pensa che questa disposizione del cuore e della mente fosse forte in Teresa di Gesù Bambino?
Lui dispiegò il suo genio teologico in un contesto particolare, che era la Francia della fine del XIX secolo. Lottava contro se stessa, contro la sua incapacità di fidarsi di sé, ma anche contro la falsa idea di Dio che circolava in molti catechismi alla fine del XIXᵉ secolo. Era l’idea di un Dio punitivo, di una religione di scrupoli, e lei stessa se ne era fatta di terribili quando era adolescente. Aveva molta paura dell’inferno, paura di non poter essere felice. La grande svolta della sua vita è stata capire che confidando nell’amore di Dio, che è veramente misericordia, si possono superare le paure e le angosce. Senza fiducia non è possibile amare, ma non si tratta di un invito alla fiducia fine a se stessa. Teresa dice: “È la fiducia e nient’altro che la fiducia che ci deve portare all’amore”. Sapere che siamo amati per primi ci permette di abbandonarci senza paura, senza timore. La fiducia è il grande rimedio alla paura.
C’è un aneddoto. La cugina di Teresa, Marie, le aveva raccontato che non osava più andare a fare la comunione a Messa perché si sentiva troppo peccatrice. In questo caso, sappiamo perché aveva visto dei quadri di nudo all’Esposizione Universale, e quindi aveva pensieri lussuriosi, e diceva a se stessa: “Sono impura, non posso andare a Messa”. Teresa rispose: “Ma mia povera piccola Marie, tu non hai capito nulla di Dio. Non è perché hai pensieri lussuriosi o tentazioni che non sei più degna di andare alla Comunione. Lui è venuto per noi. Ti ama così come sei. È venuto per i peccatori, è venuto per i malati, non per i sani”. Poi vediamo che anni dopo, Maria, tornata al Carmelo, non riesce ancora a fidarsi pienamente come sua cugina Teresa. La fiducia è una conquista e una lotta difficile, che richiede un atto di volontà. Ecco perché il Papa vuole esortarci a farlo.
Questa piena fiducia è come una scommessa folle, opposta al calcolo. Santa Teresa non è una santa “analitica” come San Tommaso d’Aquino, scrive il Papa. Secondo lei, è solo una mistica o qual è la “ragione di Teresa”?
Proclamata Dottore della Chiesa nel 1997, è un’ottima teologa sotto diversi aspetti. In primo luogo, perché ha una dottrina corretta, una teologia che non solo è ineccepibile, ma ci porta a comprendere meglio il mistero di Dio e a vivere meglio la vita cristiana. È dottoressa perché è una buona insegnante e capace di insegnare. Teresa è molto brava a insegnarci l’essenziale. Quando Papa Francesco usa la nuova espressione “dottore sintetico” nell’esortazione, ci sta dicendo che il genio di Teresa è quello di condurci immediatamente all’essenziale. Il suo insegnamento è veramente geniale, anche dal punto di vista intellettuale; siamo di fronte a un genio nell’ordine della ragione, non solo nell’ordine della mistica. Per esempio, il modo in cui interpreta le Sacre Scritture e le comprende, il modo in cui le legge e ne trae le conseguenze dottrinali, è molto impressionante. La sua “piccola via”, ad esempio, con le braccia di Gesù che sono l’ascensore per il Cielo, lei la cerca nell’Antico Testamento. É un’interpretazione scritturale molto forte che si inserisce nella sua teologia della fiducia. Oppure il modo in cui si impegna a parlare dei grandi testimoni della misericordia, come il Figliol Prodigo o Maria Maddalena. Si tratta di letture straordinariamente intelligenti e intellettualmente potenti della Sacra Scrittura.
Anche Teresa di Lisieux incarna questo percorso missionario, umile, piccolo per attrazione e non per proselitismo. Come ha fatto?
Teresa aveva un forte desiderio missionario. Sognava di andare nel convento carmelitano di Hanoi, che era stato fondato da quello di Saigon, a sua volta fondato qualche anno prima dal convento di Lisieux. Aveva questo desiderio missionario reale, concreto. Non c’è solo la missione della preghiera, a cui spesso viene ridotta, anche se, ovviamente, la preghiera è efficace e lei ne era una vera annunciatrice. Quando il Papa parla del fatto che era una missionaria per attrazione, credo che possiamo capirlo anche dalla sua vita quotidiana. Quando vediamo che cercava di essere paziente, gentile, mite con tutti, con le sorelle, anche con quelle che non sopportava, di cui non le piaceva il modo di parlare, l’andatura, i piccoli rumori. Teresa si sforzava in ogni momento di vivere il Vangelo in azione. Capiva che in realtà – ed è qui che è una dottoressa sintetica, un genio, ed è anche per questo che è una missionaria – contava solo l’amore. Prendeva sul serio questa frase della Sacra Scrittura. Quando la si legge, è tutta una questione di amore. È più attraente che se ci facesse una grande lezione di morale.
La santa rappresenta quella “piccolezza della grandezza”, una santità centrata sulla grazia piuttosto che sull’azione o sul merito puramente umano. Che cosa significa?
Teresa capì che era abbassandosi che sarebbe diventata la grande santa che aspirava ad essere. Non dobbiamo sbagliarci quando diciamo che la grandezza nasce dalla piccolezza. Non significa che dobbiamo considerarci pietosi, meno di niente. L’ambizione di Teresa era di essere una grande santa, di essere felice, di essere gloriosa. Non ne faceva mistero e lo scriveva nero su bianco: “Sono nata per la gloria”. Questo è molto sano, perché lei sa che il Signore ha un grande progetto per tutti noi. Ci ha riservato una missione di grandezza sulla terra, ma per realizzarla ha capito che bisogna entrare nel paradosso del Vangelo, che è quello di Gesù sulla croce. Ha capito che, essendo umile, discreta, dedicandosi completamente a piccoli gesti che potremmo pensare non facciano parte della salvezza del mondo, come lavare i piatti, raccogliere uno spillo da terra, sorridere a una sorella che è di cattivo umore o sgradevole. Ella capì che era attraverso queste piccole cose che il regno di Dio si realizza realmente qui sulla terra. Lei può parlare ad ogni epoca, se siamo disposti ad ascoltare, se siamo disposti a riconoscere che il modo in cui il mondo vuole venderci il fatto che l’ambizione materiale è il luogo della felicità è in realtà una menzogna.
La sua fede fu messa alla prova dalle tenebre della notte e del Calvario nel XIX secolo, l’epoca d’oro dell’ateismo. Cosa ci insegna sulla guerra spirituale e come emerge il suo eroismo?
Teresa era molto realista. Vedeva il nostro mondo così com’era e ne parlava come di un esilio, di una notte, di una valle di lacrime. Sa che non saremo mai pienamente felici quaggiù, che lo saremo solo in cielo. Quaggiù è il tempo della battaglia. In questo è una guerriera, perché ha deciso di affrontare la battaglia di questo mondo amando con le sue piccolissime forze, con l’aiuto del Signore. Teresa lo ha sperimentato in tutti quei piccoli gesti che sono in realtà la realizzazione del capolavoro dell’amore. E poi, nell’ultimo anno della sua vita, ha vissuto la grande prova della notte. Fu una notte spirituale, una notte di fede, una notte di speranza? Gli specialisti di teologia spirituale cercano di rispondere a questa domanda da 150 anni. Ha vissuto una notte terribile in cui non poteva più essere sicura di Dio, dell’eternità. È stata presa dall’angoscia delle tenebre e in questo si è unita agli atei del nostro tempo. D’altra parte, la sua tecnica per non cadere nella disperazione di fronte a questa angoscia e a questa notte è stata quella di dire a se stessa: “voglio credere che Dio è amore”. Che soluzione ho per continuare a credere, per continuare a vedere Dio? La soluzione è semplicemente amare. Dice a se stessa: “Io, che sono egoista, capricciosa, antipatica, pigra, debole, se riesco ad amare, saprò che questa forza non viene da me”. E così, in realtà, avrò davanti agli occhi la prova dell’esistenza e dell’amore di Dio.
Come possono coesistere infanzia e lotta?
La formula dell’infanzia spirituale non viene da Teresa stessa. Lei parlava della “piccola via” Aveva capito che dovevamo allontanarci dall’infantilismo come caricatura dell’infanzia, del bambino capriccioso. Dobbiamo tornare a essere umili e fiduciosi, come un bambino che sa di non potersi nutrire da solo e si mette nelle mani dei suoi genitori. Una volta compreso che la via dell’infanzia è mettersi nelle mani di Dio e lasciare che Dio faccia ciò che vogliamo, possiamo entrare nella battaglia. In altre parole, Dio ci arma per combattere la battaglia spirituale, prima contro noi stessi, contro il nostro egoismo, contro il nostro orgoglio. E poi contro l’ingiustizia qui sulla terra.
Il Papa auspica una Chiesa amorevole, umile, misericordiosa e consapevole dei propri limiti e delle proprie debolezze. Qual era la visione che Teresa di Lisieux aveva della Chiesa?
Teresa era piena di umorismo. Vedeva tutta la miseria del clero. Quando andò in pellegrinaggio a Roma con suo padre e sua sorella, trovò i sacerdoti mondani. Si accorse che i cattolici borghesi parlavano solo delle loro case di vacanza, che non erano veramente motivati dall’essenziale, cioè dal voler essere martiri dell’amore. Vide che la Chiesa è ferita, soprattutto perché siamo divorati dallo spirito mondano, dalla nostra peccaminosità, dalle nostre debolezze. Vide questa mancanza di fede e di amore per il Vangelo, anche nel cuore della Chiesa. Questa visione realistica le permise di guardare con infinita misericordia a tutti, dentro e fuori la Chiesa.
Come vede l’attaccamento di Papa Francesco a Teresa di Gesù Bambino?
Ciò che ama soprattutto in Teresa è la sua teoria della misericordia, che pone fine all’immagine di un Dio malvagio e vendicativo che ci spaventa e vuole punirci. È sapere e dire, più e più volte, che Dio ci ama infinitamente e che non è mai, mai troppo tardi per gettarsi tra le sue braccia. Anche se, come scriveva Teresa avessi commesso tutti i crimini possibili, avrei sempre la stessa fiducia. Questo è il cuore del messaggio che Papa Francesco vuole trasmettere al mondo. E così, naturalmente, capiamo perché ama così tanto la piccola Teresa.