Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
“Dio avrebbe tanti motivi per non parlare più al suo popolo, ma non si è mai rassegnato!”. L’esclamazione è di un maestro dello spirito, un uomo intriso della sapienza della Bibbia, sondata e letteralmente ruminata per decenni per essere restituita nella sua densità. A ricordare l’esclamazione del cardinale Albert Vanhoye, spentosi lo scorso 29 luglio, è stato il cardinale Leonardo Sandri, che ha presieduto in San Pietro la Messa esequiale.
Nel fuoco della Scrittura
Novantotto anni di vita e sessantasette di sacerdozio. I numeri danno una misura dell’uomo “rigoroso e determinato” che a diciotto anni attraversò “a piedi la Francia ormai occupata dai nazisti per poter entrare nella Compagnia di Gesù”. Il cardinale Sandri ha ricordato in apertura di omelia questo episodio, eloquente della fibra del futuro esegeta francese, tanto apprezzato da Benedetto XVI. Stella polare della vocazione e del suo ministero di sacerdote fu per Albert Vanhoye la Sacra Scrittura e in particolare il testo della Lettera agli Ebrei, di cui era un fine studioso. “Egli – ha evidenziato vicedecano del Collegio cardinalizio – non l’ha mai trattata come arido testo da dissezionare e scomporre, ma è stato capace di cogliere sempre dietro le strutture e la composizione dei brani il rimando” a Cristo e per questo, ha soggiunto, “chiedeva la grazia che fosse l’esperienza anche di ciascuno di noi, attratti non da una gloria lontana, ma da quella che ci introduce alla comunione con Dio”.
Lo scriba fedele
Il cardinale Sandri ha speso parole anche per la “totale dedizione” manifestata dal porporato francese negli anni della dignità cardinalizia, cui era stato chiamato dal Papa emerito nel 2006. Padre Albert, ha ricordato, si è distinto nel suo “sentire cum Ecclesia” e ci “ha insegnato a riprendere il linguaggio sacerdotale in riferimento a Cristo”, mettendoci “in guardia da uno svuotamento di apparenze rituali e facendoci cogliere la radicale novità del sacerdozio del Nuovo Testamento”. “L’esistenza del biblista e cardinale Vanhoye – ha proseguito ancora il cardinale Sandri – la possiamo paragonare a quella dello scriba divenuto discepolo del Regno, capace di trarre dal suo tesoro cose antiche e cose nuove”, come in occasione degli Esercizi spirituali predicati alla Curia nel 2008.
Gli insegnamenti che restano
In quella circostanza, ha rammentato il cardinale celebrante, “siamo stati presi per mano da un fratello nella fede totalmente rapito dalla Parola che ci annunciava”, e “quasi anticipando” quel Giubileo della Misericordia che Papa Francesco avrebbe proclamato pochi anni dopo, il cardinale Vanhoye ci lasciò, ha sottolineato il cardinale Sandri, un insegnamento sulla misericordia, “il tratto distintivo del Cristo”: non il “sentimento superficiale di chi si commuove facilmente”, bensì la “capacità acquisita attraverso l’esperienza personale della sofferenza. Bisogna essere passati attraverso le stesse prove, le stesse sofferenze di coloro che si vogliono aiutare”. E “Cristo sa compatire perché è stato provato in tutto come noi”.