Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
San Lorenzo è il Santo martire molto venerato a Roma, dove vi sono dedicate diverse e antiche chiese, tra le quali ben tre stazionali: la basilica di San Lorenzo fuori le mura nella III domenica di Quaresima e nel mercoledì della Settimana pasquale, San Lorenzo in Lucina, nel venerdì della III settimana, San Lorenzo in Damaso, nel lunedì della IV settimana.
La chiesa, che non figura nella lista dei tituli, sorge lungo l’antica strada omonima. Il toponimo Panisperna, per quanto singolare, si è prestato a varie interpretazioni, ora relative allo strumento di tortura del santo, la graticola – da palis, barre, in questo caso in ferro, e il verbo sterno, stendere – ora alludendo alle varie proprietà della zona, o ancora con un etimo generico di commistione greca e latina, “presso i confini”, o ancora, ed è questa la derivazione del toponimo più comune, per quanto non ancora certa, panis et perna, pane e coscia di maiale, prosciutto, cioè il cibo distribuito ai poveri nella chiesa in occasione della festività del santo, il 10 agosto.
Di origini molto antiche, sorta su un oratorio dedicato al Santo nel IV secolo, San Lorenzo in Panisperna sarebbe stata costruita da Gregorio II, nell’VIII secolo, e annoverata tra le chiese stazionali. È chiamata anche chiesa di San Lorenzo in Formosa, dal nome di Papa Formoso del IX secolo. Fu ricostruita la prima volta nel 1300 da Bonifacio VIII e in seguito nel 1575 dal cardinale Sirleto, durante il pontificato di Gregorio XIII. Nei sotterranei della chiesa vi sarebbero i resti del forno dove Lorenzo fu giustiziato.
Il titolo cardinalizio vi fu istituito da Leone X nel 1517 quando, in occasione del concistoro di quell’anno, fu incrementato notevolmente il numero dei cardinali.
Il prospetto molto semplice, scandito da paraste, opera del 1574 di Francesco da Volterra, dà su un cortile con alberi, chiuso da un muro con un portale del tipo a timpano spezzato, collegato alla strada da due rampe di scale laterali.
Anche l’interno è semplice, a una sola navata in fondo al quale, nel presbiterio, erompe l’enorme affresco del pittore manierista Pasquale Cati, datato al 1591, con la scena del martirio di san Lorenzo colto nella solita, inconfondibile iconografia: il santo, disteso in primo piano sulla graticola, tra gli aguzzini. Sullo sfondo le colonne di un edificio pagano, mentre dal cielo scende un angelo. Lorenzo brucia sulla graticola e solleva il braccio come a pronunciare la famosa frase riferita da Ambrogio (De Officiis Ministrorum, 207): “Questa parte è cotta, volta e mangia”.
Sulla volta fa da contrappunto un altro affresco, dai colori più distesi, con san Lorenzo in gloria tra gli angeli, opera del romano Antonio Bicchierai, di epoca tardo barocca.
Lungo le pareti laterali si avvicendano le tombe degli Orsini e dei Colonna. Nei paraggi della chiesa soleva chiedere l’elemosina per i poveri santa Brigida e prima che le sue spoglie mortali venissero traslate in Svezia, sua terra d’origine, era sepolta qui.