Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Le mille braccia che San Camillo desiderava avere per raggiungere i malati di ogni luogo sono oggi i volti, i cuori, le professionalità di centinaia di migliaia di operatori che superano ogni confine per essere accanto a chi soffre. Oggi, come ogni 14 luglio, la Chiesa celebra il santo patrono dei malati, degli infermieri e degli ospedali. Assieme a San Giovanni di Dio, è lui il faro che illumina la strada a chi ha scelto di fare della propria professione una missione, di una vocazione un servizio instancabile.
I ministri degli infermi
Nato a Bucchianico il 25 maggio 1550, a 36 anni San Camillo de Lellis fonda la Compagnia dei ministri degli infermi. L’ opera, una autentica scuola di carità, è oggi diffusa in tutto il mondo. I ministri degli infermi, conosciuti come camilliani, sono chiamati, seguendo le orme del loro fondatore, a vivere una inscindibile relazione: quella tra Crocifisso e carità. Anche oggi la croce rossa, posta sul petto nell’abito dei camilliani, continua ad essere un segno di vicinanza caritatevole soprattutto per chi soffre, per chi vive l’esperienza del dolore e della malattia. Camillo muore a Roma all’età 64 anni, il 14 luglio 1614. Nel suo testamento scrive: “Io Camillo de Lellis… lascio al demonio, tentatore iniquo, tutti i peccati… Lascio e dono l’anima mia al mio amato Gesù e alla sua Madre… Lascio a Gesù Cristo tutto me stesso in anima e corpo e confido che, per sua immensa bontà e misericordia, mi riceva e mi perdoni”. Nel 1746 è proclamato santo da Benedetto XIV.
Il servizio per i malati
Il Papa domenica 11 luglio ha recitato l’Angelus dal Policlinico Gemelli di Roma, una settimana dopo il ricovero che si è concluso oggi, mercoledì 14 luglio con le dimissioni avvenute a metà mattinata. Francesco domenica ha voluto ricordare l’olio, che è immagine del sacramento dell’Unzione dei malati, ma anche “l’ascolto, la vicinanza, la premura, la tenerezza di chi si prende cura della persona malata” lenendo così il suo dolore:
Tutti noi, tutti abbiamo bisogno prima o poi di questa “unzione” della vicinanza e della tenerezza, e tutti possiamo donarla a qualcun altro, con una visita, una telefonata, una mano tesa a chi ha bisogno di aiuto. Ricordiamo che, nel protocollo del Giudizio Finale, una delle cose che ci domanderanno sarà la vicinanza agli ammalati.
Nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News fratel Carlo Mangione, religioso camilliano e direttore generale dell’ospedale Santa Maria della Pietà a Casoria, sottolinea come le parole del Santo Padre siano l’essenza del servizio che i camilliani esercitano quotidianamente accanto ai malati, ai bisognosi di cure.
Carità e misericordia
Oggi la Chiesa celebra San Camillo, patrono dei malati. I camilliani, in ogni angolo del mondo, realizzano quella prossimità, manifestano quella tenerezza di cui il Papa ha parlato all’Angelus di domenica scorsa. Come ha accolto le parole di Francesco?
Il Papa, pur non pronunciando il nome di san Camillo, di fatto ha parlato di lui, della sua vita e della sua missione. Già in passato Francesco ha espresso questi concetti così importanti. San Camillo è un santo che io definisco terribilmente attuale, perché ci parla di sofferenza e vicinanza, ci chiede solidarietà e prossimità. Alla base della sua spiritualità c’è Matteo 25: “Ero malato e siete venuti a visitarmi”. Credo che il Papa abbia sentito in questi giorni cosa significhi non solo essere al servizio, ma avere bisogno di un servizio. Le parole pronunciate all’Angelus sono uscite dal suo cuore, dall’esperienza di ciò che sta vivendo.
Domenica il Papa ha parlato anche dell’importanza di un servizio sanitario gratuito ed accessibile a tutti. Un diritto questo mai da dare per acquisito e particolarmente distante, purtroppo, dalla realtà in tanti, troppi Paesi del mondo…
Sì, io sono stato diverse volte in Africa, dal Burkina al Togo, dal Benin alla Tanzania ed ho visto che chi non ha soldi non è curato, se non paghi non entri in ospedale. Il Papa ribadisce il diritto alla salute, all’assistenza e le strutture sanitarie cattoliche hanno ancora oggi una ragion d’essere, hanno quella libertà di accogliere tutti, di dare un’impostazione nella formazione degli operatori sanitari. San Camillo diceva di voler avere mille braccia per assistere tanti poveri infermi, ed oggi quelle braccia sono gli operatori sanitari che se ben formati riescono a dare tantissimo. Quella pianticella d’amore e carità che il santo desiderava vedere in tutto il mondo, oggi è cresciuta, la croce rossa di San Camillo arriva nei posti dove c’è più bisogno. Celebrare la festa significa anche comprendere l’attualità del messaggio, dell’opera di questo gigante della carità.
I camilliani in prima linea anche in tempo di pandemia. Quale ricordo custodisce di questi mesi, di questa battaglia ancora in corso?
Il nostro ospedale di Casoria è stato ospedale Covid. Abbiamo visto tanta, tanta paura. Centinaia di malati Covid, il loro timore e la solitudine. Tutti noi abbiamo infilato la tuta e siamo stati accanto a queste persone, per essere speranza e consolazione. Per essere guarigione, come ci ha insegnato il santo che oggi festeggiamo.