Sacra Famiglia, a Gaza genitori e figli festeggiano in parrocchia

Vatican News

Andrea De Angelis – Città del Vaticano 

Sono 134 i cattolici a Gaza, su un totale di circa mille cristiani. Anche loro hanno vissuto il secondo Natale in tempo di pandemia, con un misto di timore e speranza come in ogni angolo del pianeta. La parrocchia di Gaza è intitolata alla Sacra Famiglia, che proprio oggi la Chiesa celebra. La festa della Sacra Famiglia cade, infatti, ogni anno la prima domenica dopo Natale, dunque nel 2021 nel giorno di Santo Stefano. A Gaza le famiglie hanno vissuto il Natale per lo più a casa, visto il numero ridotto di persone che hanno avuto il permesso di recarsi a Betlemme.

La città di Gaza 

Gaza è la principale città della Striscia di Gaza, e con i suoi 600mila abitanti ospità quasi la metà del totale dei residenti, in gran parte rifugiati palestinesi. Padre Gabriel Romanelli, parroco della Sacra Famiglia, definisce Gaza “una sorta di prigione”, dopo aver sottolineato in più occasioni come la situazione umanitaria sia tragica ormai da diverso tempo. La popolazione è molto giovane, con circa tre quarti degli abitanti di età inferiore ai trent’anni. 

Non lasciamo sole le famiglie 

Il Natale “festeggiato in due momenti”, le numerose iniziative “con grande attenzione per bambini e anziani”, la pandemia di Covid-19 “che ci chiama a non lasciare mai sole le persone”. Il parroco di Gaza racconta con emozione il grande lavoro che la Chiesa compie sul territorio, una missione che vuol essere innanzitutto testimonianza e prossimità.

Ascolta l’intervista a padre Gabriel Romanelli

Padre Gabriel, iniziamo parlando proprio dei bambini. Come stanno vivendo questi giorni di festa?

Quest’anno, come abitualmente facciamo in parrocchia con i gruppi dell’oratorio, abbiamo realizzato diverse iniziative. La preghiera innanzitutto, con le meditazioni del Santo Rosario e con rappresentazioni artistiche che hanno coinvolto i più piccoli, fino al presepe vivente. In questo modo abbiamo festeggiato il Natale, anche nei giorni precedenti il 25 dicembre. Oltre a questo abbiamo distribuito diversi regali nelle case, con un ragazzo che, vestito da Babbo Natale, a sorpresa si è recato nelle abitazioni portando doni e cioccolata. Il Natale lo abbiamo celebrato in due momenti: con il patriarca, che quest’anno fortunatamente è potuto venire ed ha visitato tante famiglie, e poi la sera del 24, con la Santa Messa che è stata seguita da un momento di convivialità, di brindisi e anche di giochi tradizionali come la tombola. La maggior parte delle persone non si è potuta recare a Betlemme, visto il numero ridotto di permessi arrivato da Israele. Con i gruppi dei giovani, anche con quello degli scout, ci siamo recati anche dai più anziani, visitandoli, portando loro la gioia dei canti natalizi.  

Oggi è la festa della Sacra Famiglia. In che modo le famiglie cristiane vivono la loro quotidianità a Gaza?

Non è semplice immaginare la loro vita. Nonostante Gaza sia una sorta di grande prigione, dove le persone non escono e non entrano, cerchiamo di rendere loro la vita dei suoi abitanti il più normale possibile. In questo la Chiesa, la mia parrocchia ha un ruolo importantissimo. La comunità cristiana è composta da mille persone, i cattolici sono 134, noi lavoriamo con tutti, anche con i fedeli di altre religioni e, per la liturgia, anche con gli altri cristiani. Il pomeriggio le famiglie vivono molto la parrocchia, ogni giorno abbiamo diverse attività che riguardano la formazione con lezioni di sostegno, il canto, la liturgia, anche i giochi.

Anche per voi è il secondo Natale in tempo di pandemia. In che modo come Chiesa siete accanto alle persone, ai loro timori?

Le persone di Gaza sono, diciamo così, più abituate di altre a vivere delle restrizioni di movimento, a conoscere cosa vuol dire non potersi spostare. In questo caso, dunque, la pandemia ci ha trovato più preparati. Questa è una zona di crisi, da anni non ci si può muovere liberamente. Speriamo che non ci sia un aumento dei contagi, noi comunque cerchiamo, come parrocchia, di rendere il più normale possibile la vita delle persone. Anche nei giorni più difficili abbiamo portato i sacramenti nelle case, ogni giorno con dei collegamenti internet abbiamo proseguito la formazione, lo svago, quelle che sono le nostre attività. Abbiamo fatto di tutto, e continueremo a farlo, perché nessuno si senta e sia solo.