Eugenio Bonanata – Città del Vaticano
“La vita è fantastica perché è vocazione”. Il vescovo ausiliare di Milano, monsignor Paolo Martinelli, riassumerà così il Simposio sul sacerdozio conclusosi oggi in Vaticano ai ragazzi che incontrerà tornando a casa. “Il bilancio è estremamente positivo e ho tanto da raccontare”, afferma dopo il suo intervento di oggi intitolato “Il sacerdozio ministeriale e la vita consacrata”. La tre giorni – spiega – ha messo in luce la “bellezza di tutte le vocazioni cristiane, e cioè essere chiamati da Dio a rispondere al suo amore nelle circostanze della vita quotidiana”. Una verità riguardante non solo i pastori, bensì tutti i battezzati e quindi il popolo di Dio che ,sottolinea il francescano, è stato rimesso al centro del percorso di riflessione organizzato dalla Congregazione dei Vescovi assieme al Centro di Ricerca e Antropologia delle Vocazioni.
Fedeltà agli aspetti più semplici della vita sacerdotale
Monsignor Martinelli dice di sentirsi confortato da questa bellezza suggerita con forza dal ricco intervento che Papa Francesco ha pronunciato in apertura dei lavori giovedì scorso. “Non servono cose strane per vivere il rapporto col Signore”. E non servono nemmeno progetti altisonanti per vivere il sacerdozio: “Serve fedeltà agli aspetti più semplici della vita sacerdotale”, come la preghiera, la celebrazione, il silenzio, il coltivare amicizie sane con in confratelli e soprattutto quell’immanenza reale al popolo di Dio. Basta questo, precisa, “per camminare con letizia nel compito che il Signore ci ha dato”.
Servizio e umiltà
“I pastori – aggiunge il presule – sono persone che si lasciano prendere al servizio, che contemplano l’amore di Dio e che per questo con umiltà cercano di rispondervi ogni giorno”. Durante il simposio la questione è stata affrontata approfonditamente dal punto di vista storico, biblico e patristico. E non è mancata l’attenzione alla dimensione contemporanea, dagli abusi al celibato fino al ruolo delle donne. “Questi temi sono rientrati spesso nel dibattito a partire dall’introduzione del cardinale Ouellet. Tuttavia, ci si è chiesti cosa poter imparare da queste realtà e come rileggere il sacerdozio affinché non scada dalla sua autenticità”.
Confrontarsi con la gente
“Non siamo al servizio di noi stessi e della nostra santità personale”, ribadisce ancora monsignor Martinelli ricordando l’importanza del rapporto con l’assemblea in ciascuna comunità anche in chiave sinodale. Un cammino segnato dalla ricerca del dialogo con i più lontani, che non riguarda unicamente i pastori. “Il Signore ha portato il regno di Dio a tutti e non solo per qualcuno. Quindi dobbiamo concepirci in rapporto con un destinatario che non esclude nessuno. E il primo modo per farlo è incontrarlo e ascoltarlo. Se i sacerdoti danno un esempio su questo fronte – conclude – aiuteranno tutto il popolo Santo di Dio a essere aperto e a confrontarsi con le persone che incontriamo nella vita”.