Andrea De Angelis – Città del Vaticano
La normalità si costruisce, non si racconta. Si alimenta eliminando innazitutto quegli stereotipi che offuscano lo sguardo, la mente di chi crede, talvolta, di sapere, ma finisce per giudicare ciò che neanche conosce. Un impegno importante che può condurre a vedere la realtà in modo diverso. Diversa-mente appunto, come il nome dell’associazione che ogni anno, dal 2015, organizza la Route21 Chromosome on the Road.
Liberi, a bordo di una moto
La Route21, giunta alla sua ottava edizione, è partita il 3 settembre da Palermo con i giovani viaggiatori affetti da sindrome di Down e il loro accompagnatore, Gian Piero Papasodero, ideatore del progetto e vicepresidente dell’associazione Diversa-Mente. Nata come un viaggio di amici che vanno a trovarne altri, l’iniziativa si è presto trasformata in qualcosa di più grande, in grado di arrivare non soltanto in ogni città, ma soprattutto nel cuore di quanti hanno incrociato il suo cammino. I protagonisti sono sei ragazzi che, a turno, salgono a bordo della Harley Davidson guidata da Papasodero, percorrendo le strade d’Italia da Sud a Nord, dalla Sicilia al Veneto, dove ha sede l’associazione Diversa-Mente. Il viaggio si concluderà a Roma il 5 ottobre con l’incontro con Papa Francesco, dopo un viaggio in 33 città diverse, da Catania a Venezia, da Torino a Cagliari, fino ad Amatrice e, appunto, Roma.
Quel cromosoma in più
In queste città sono stati organizzati, oltre che momenti di accoglienza per i bikers, anche incontri istituzionali che vedono coinvolti sindaci, vescovi, presidenti di Provincia e di Regione, riuniti per discutere sui temi della disabilità e della normalità, di cui ogni ragazzo Down è portatore. Il nome dell’iniziativa è emblematico e richiama il mito americano della Route66, la famosa autostrada che attraversa gli Stati Uniti da est a ovest, percorsa per decenni da automobilisti e motociclisti. Ma in questo caso c’è una connotazione particolare: il 21, che fa riferimento a quel cromosoma in più della sindrome di Down. Lo scorso maggio è stato pubblicato il libro di Papasodero dal titolo “Route21 – strada vita e cromosomi”. A metà tra un romanzo e un diario di viaggio, il volume è stato presentato al Salone del Libro di Torino.
Restituire il tempo perduto
“Io sono quello più fortunato di tutti, perché ho la completa fiducia di questi ragazzi, si affidano a me in questo viaggio, forse perché sentono di avere a che fare con una persona che guarda loro per ciò che sono e non per ciò che hanno”, racconta Gian Piero Papasodero. “Come associazione, abbiamo avuto l’ardire di parlare di normalità, scommettendo su questi giovani e finendo col sorprendoci ogni giorno dei loro successi. Si può rendere straordinaria la normalità”.
“Normalmente si tende a proteggere in una maniera eccessiva, sottraendo a questi ragazzi il loro tempo che poi si traduce in vita”, prosegue l’ideatore della Route21. “Dobbiamo assistere, inermi, a una serie di atteggiamenti che vogliamo cambiare, modificando quelli che sono dei presupposti sbagliati”. Avere cura, dunque, e non solo proteggere. Una differenza tanto sottile quanto fondamentale. Tra le città visitate c’è anche Amatrice, le cui ferite aperte sono ancora aperte. “Come in tutte le altre tappe, anche qui i ragazzi hanno sempre visto non tanto il contesto, quanto le persone. Qui siamo stati accolti – conclude – in modo incredibile. Persone che hanno lasciato la loro casa provvisoria per lasciarci un letto dove dormire. Tutti i ragazzi hanno memoria di questo, un paese dove la dignità delle persone è di esempio per tutti”.