Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Nel dramma delle migliaia di migranti e rifugiati bloccati lungo la rotta balcanica c’è quello dei minori non accompagnati e senza protezione che si trovano in Bosnia-Erzegovina e non sono ospitati nei centri di accoglienza. A lanciare l’allarme è Save the children, secondo cui sono 50 gli adolescenti stranieri soli che vivono all’addiaccio, in edifici abbandonati o alloggi di fortuna, esposti a gravi rischi per la salute e la sicurezza. Le stime ufficiali, intanto, parlano di circa 3mila persone che, dopo un lungo viaggio attraverso i Balcani, sono fuori dai campi ufficiali di accoglienza. La rigidità dell’inverno e le strutture fatiscenti in cui riescono a trovare riparo, aggiunti al pericolo del Covid-19, rappresentano un’ulteriore emergenza.
Di situazione difficile per i migranti parla a Vatican News Daniele Bombardi, coordinatore di Caritas italiana in Bosnia: “I campi di accoglienza sono strapieni, e non riescono più ad accogliere nessuno, quindi rimane escluso dall’accoglienza un numero molto significativo di persone e c’è un numero significativo anche di minori non accompagnati che non riescono ad essere accolti nelle strutture. Per noi è un po’ difficile stimare la cifra perché vediamo ragazzi che molto spesso non hanno documenti e non sono registrati e non sappiamo se siano maggiorenni o meno. Ma credo che non sia neanche così importante, perché le condizioni in cui questi ragazzi sono costretti a vivere sono così terribili da creare preoccupazione a prescindere”.
I rischi
“Tenete presente – aggiunge Bombardi – che in inverno solitamente la temperatura arriva a meno 10 o 15 gradi di notte e queste persone sono costrette ad occupare case abbandonate, stazioni, anche piccole baracche nei boschi, e ad arrangiarsi per passare le notti. Quindi il rischio, anzitutto è di mettere la propria vita a repentaglio ed è un rischio molto concreto perché il congelamento è assai probabile. Poi ci sono rischi sanitari enormi. Si tratta di persone che non possono lavarsi regolarmente, non possono curarsi perché, non essendo registrati, non hanno accesso al sistema sanitario e c’è anche la preoccupazione della pandemia, dal momento che in tutto questo contesto prendere tutte le misure precauzionali è praticamente impossibile. C’è dunque tutta una serie di problemi soprattutto igienico-sanitari che ci preoccupano moltissimo, a cui poi si aggiunge la preoccupazione per la tenuta psicologica di queste persone, che stanno facendo da anni un percorso migratorio durissimo e in età adolescenziale hanno vissuto esperienze molto traumatiche di migrazione, molto violente, e ora si trovano, a 15 o 16 anni, in luoghi totalmente inadatti”.
Soluzioni per garantire salute e sicurezza
Non essendo stati registrati nelle strutture ufficiali, la conseguenza per i minori non accompagnati è l’esclusione da qualsiasi forma di protezione. ”Il problema – continua il coordinatore di Caritas – è che adesso anche chi vuole registrarsi o chi magari si registra non ha posto nei campi, quindi non escludo anche il fatto che ci siano persone registrate che semplicemente non possono essere accolte”. La soluzione temporanea per Bombardi, è l’accoglienza in luoghi adatti, almeno per il periodo invernale. “Poi – continua – ci sono soluzioni più di lungo periodo, in una riorganizzazione del sistema delle accoglienze in Bosnia-Erzegovina che va assolutamente attivata il prima possibile, perché altrimenti il prossimo inverno ci ritroveremo con una nuova emergenza, ancora con persone fuori dai campi e ancora minori non accompagnati in queste condizioni”.
Il sostegno di Caritas ai minori migranti
Attualmente i minori non accompagnati che risiedono nei campi di accoglienza nel Paese sono circa 470. Per loro e per i minori che nei campi sono ospitati insieme alle famiglie, Caritas italiana ha aperto degli spazi – tra l’altro, grazie a una donazione di Papa Francesco nel settembre dell’anno scorso – di socializzazione, educazione, animazione e supporto psicologico. ”Fuori dai campi – conclude Bombardi – la condizione è ancora più difficile, perché per legge nessuno potrebbe portare aiuti in maniera ufficiale, quindi noi cerchiamo attraverso strade diverse, attraverso persone diverse, di fare arrivare la legna per scaldarsi, il cibo caldo, le coperte, però è ovviamente molto complicato, se ci autorizzassero a lavorare in maniera trasparente anche all’esterno dei campi si potrebbe almeno offrire un’assistenza migliore anche a chi è costretto in questi in queste case abbandonate”.