Robert Schuman, se il genio politico è in sintonia col cielo

Vatican News

Sessant’anni fa, il 4 settembre 1963, moriva a 77 anni nel villaggio lorenese di Scy-Chazelles in Francia una delle figure fondanti dell’integrazione europea, il venerabile Robert Schuman. Dalla Mosella a Bruxelles, diverse celebrazioni onorano la memoria di un uomo in cui professione e fede si espressero con piena coerenza

Delphine Allaire – Città del Vaticano

Che l’Europa ritrovi la sua anima. Negli ultimi dieci anni, il Pontefice argentino ha costantemente esortato il Vecchio continente a tornare al sogno dei Padri fondatori. “Al Parlamento europeo mi sono permesso di parlare di una ‘nonna Europa’. Ho detto agli eurodeputati che in molti luoghi cresceva l’impressione generale di un’Europa stanca e invecchiata, sterile e priva di vitalità, dove i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso la loro forza attrattiva; un’Europa in declino che sembra aver perso la sua capacità di generare e creare”, ha dichiarato Papa Francesco ricevendo il Premio Carlo Magno di Aquisgrana, nella Sala Reale del Palazzo Apostolico, il 6 maggio 2016. Un sogno europeo originale plasmato da Alcide de Gasperi, Konrad Adenauer e Robert Schuman, un trittico di statisti animati da una profonda fede cristiana che li portò a meditare e pregare in un monastero benedettino sul Reno prima di intraprendere i negoziati preliminari del Trattato di Parigi nel 1951.

Papa Francesco ha reso Robert Schuman (1886-1963) un venerabile della Chiesa. Nel giugno 2021 ha emesso un decreto che riconosce le sue virtù eroiche, aprendo la strada alla beatificazione di quest’uomo che ha riconciliato Francia e Germania. In numerosi discorsi pubblici, il Papa ha ribadito il suo desiderio che lo spirito della Dichiarazione Schuman ispiri i responsabili dell’odierna Unione Europea.

Il secolo di un europeo

Nato il 29 giugno 1886, solennità dei Santi Pietro e Paolo, nel Granducato di Lussemburgo, Robert Schuman fu immerso fin da piccolo in uno straordinario cosmopolitismo europeo. Robert Schuman è nato in Germania da padre francese, la cui lingua madre era il lussemburghese, diventato tedesco con l’annessione di parte della Lorena, e da madre lussemburghese, tedesca per matrimonio. Studiò nel Granducato dove imparò la lingua di Molière. La sua carriera politica iniziò all’età di 33 anni, nel 1919, quando, all’indomani della Prima guerra mondiale, fu eletto deputato della Mosella. Durante il suo mandato, sostenne il Concordato con la Santa Sede e difese la giustizia sociale.

Le sue attività furono interrotte dalla Seconda guerra mondiale. Arrestato e imprigionato dalla Gestapo dal settembre 1940 all’aprile 1941, evase e rimase in clandestinità fino alla fine del conflitto, rifugiandosi soprattutto in conventi e monasteri, come la Trappe de Notre-Dame des Neiges. Una volta tornata la pace, divenne ministro degli Esteri francese dal 1948 al 1952.

Fede, erudizione e impegno politico

A riprova di un preciso senso del bene comune e del dovere dello Stato, scrisse all’epoca: “La vita senza responsabilità politiche è certamente più facile, soprattutto nell’attuale disordine. Ma nessuno ha il diritto di sottrarsi ai propri doveri, meno che mai. La mia salute è buona, nonostante gli attacchi di stanchezza che non sempre si spiegano con l’impegno profuso. Ma spero di essere in grado di soddisfare tutte le richieste ragionevoli. Per questo mi affido alla Provvidenza”.

Latinista, ellenista e conoscitore di Sant’Agostino, Robert Schuman ha dedicato la sua vita all’ideale umanistico cristiano europeo. Con una fede sincera e radicata nella preghiera e nel Vangelo, l’architetto del Trattato di Roma fu descritto da Paolo VI come un “instancabile pioniere dell’Europa unita”. La sua partecipazione quotidiana all’Eucaristia, raccolta e silenziosa, suscitava lo stupore e l’ammirazione di tutti coloro che lo incontravano. Ogni volta che poteva, si recava davanti al Santissimo Sacramento e si confessava. Uomo di preghiera personale e liturgica, celebrava regolarmente la Liturgia delle Ore. Pellegrino per la pace e la distensione in Europa, nel 1958 Robert Schuman, presidente del Movimento europeo, fu eletto per acclamazione primo presidente del nuovo Parlamento europeo. Nel 1959, colpito dai primi sintomi della sclerosi cerebrale, rinuncia ai suoi impegni.

Un santo in giacca e cravatta

Sant’Ignazio di Loyola lo avrebbe detto un contemplativo in azione. Schuman considerava il suo impegno politico come una missione. Pochi sanno che voleva entrare in seminario per diventare sacerdote. E il suo migliore amico gli avrebbe detto all’epoca: “Oggi abbiamo bisogno di santi in giacca e cravatta”. Questa frase “è un invito a tutti coloro che lavorano per l’Europa”, spiega il gesuita padre Krystian Sowa, direttore pastorale della Cappella della Resurrezione o “Cappella per l’Europa”, un luogo sacro ecumenico nel cuore del quartiere europeo di Bruxelles. Secondo il gesuita tedesco-polacco, Robert Schuman, modello di politico sulla via della santità, esemplifica le caratteristiche di un umanista cristiano: “Essere contemplativo nell’azione, competente, irradiare la speranza della fede, non lasciarsi scoraggiare dalla burocrazia europea e dalle sfide di questo progetto a 27 membri, avere un rispetto assoluto per la dignità umana e promuovere una cultura di solidarietà e dialogo”.

Tributi a Metz

Quest’anno sono previste diverse celebrazioni eucaristiche per celebrare l’anniversario. A Bruxelles, lunedì 4 settembre, si terrà una Messa nella Cappella per l’Europa, celebrata da padre Sowa e da padre Manuel Barrios Prieto, segretario generale della Comece. Nela zona della Mosella, la diocesi di Metz ha reso omaggio al padre dell’unità europea lo scorso 2 settembre nella cattedrale di Saint-Étienne, dove si sono svolti i funerali di Schuman. Nel 1963, l’allora vescovo di Metz, mons. Paul-Joseph Schmitt, riassunse la vita dell’uomo politico con questa orazione: “Così come l’austera grandezza della cattedrale della nostra diocesi stupisce chi la vede per la prima volta, l’onestà fondamentale e l’integrità del nostro defunto hanno suscitato l’ammirazione del mondo. La semplicità disadorna della nostra malta evoca la sua profonda umiltà. L’incomparabile brillantezza delle vetrate di questa chiesa, che è stata definita la lanterna di Dio, ci ricorda il suo sguardo traslucido di purezza. La missione di Robert Schuman era quella di essere un grande costruttore di ponti, un uomo di incontri fraterni e di dialogo fruttuoso tra popoli spesso opposti, un apostolo della riconciliazione e della pace”.

Sei decenni dopo, il suo successore come vescovo della città carolingia, mons. Philippe Ballot, ha lodato la fraternità incarnata dal venerabile Robert Schuman “in una continua attenzione alla Provvidenza, cioè agendo con una fiducia incrollabile nell’opera di Dio che accompagnava la sua azione. Per il credente che era, si trattava di iscrivere il suo impegno, la sua fatica, la sua azione politica e la sua preoccupazione per il bene comune nell’opera stessa di Dio”, ha sostenuto nell’omelia. Alla Messa di ringraziamento hanno partecipato il nunzio apostolico in Francia, l’arcivescovo Celestino Migliore, il vescovo Noël Treanor, nunzio apostolico presso le Comunità Europee, il cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e vicepresidente della Ccee, e numerosi vescovi francesi e tedeschi.

Ideali europei e mediterranei

Infine, facendo eco alle sfide contemporanee che si concentrano oggi nel Mediterraneo, Mons. Ballot ha collegato il cammino del padre fondatore dell’Europa e la sua fiducia nella Provvidenza “attraverso la forza della fraternità e della speranza” alle sfide dei Rencontres Méditerranéennes e alla visita di Papa Francesco a Marsiglia. Ha citato il cardinale Jean-Marc Aveline ai media vaticani: “Ciò che il Mediterraneo rappresenta con la sua geografia, spetta ai popoli che vivono sulle sue sponde metterlo in pratica attraverso le relazioni che intessono fra loro, nonostante gli sconvolgimenti della storia, come un grande “mosaico di speranza”. Spesso si comincia con semplici relazioni commerciali. Poi, man mano che la stima reciproca cresce con questi scambi, si inizia a interessarsi alla cultura e anche alla religione dell’altro. Comincia così la grande avventura di quello che i cristiani chiamano “dialogo””. Un modo per mettere in relazione il progetto di pace europea di Schuman con il sogno di un altro venerabile membro della Chiesa, di vent’anni più giovane, l’ex sindaco di Firenze e pioniere della diplomazia mediterranea, Giorgio La Pira (1904-1977).