Chiesa Cattolica – Italiana

Ripalda, la vita in strada in compagnia di un sigaro

La donna senzatetto è morta a Roma, nel calore della casa delle suore coreane che, nell’ultimo mese, l’hanno accolta e accudita anche se lei, da sempre, considerava Piazza della Città Leonina la sua dimora. Stamani il funerale nella chiesa di Santa Maria in Traspontina

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

“Voglio morire qui!”. Era sempre chiara, determinata e testarda Ripalda. Da dieci anni viveva a Piazza della Città Leonina, vicino al colonnato di San Pietro. Tutti la conoscevano perché, come racconta il cardinale Elemosiniere del Papa Konrad Krajewski, “incensava il Vaticano” con il fumo del suo sigaro, fedele e sicuro compagno. La sua morte invece è avvenuta lontano dalla strada, che lei considerava casa sua. Ripalda si è spenta nella casa delle suore coreane che vivono sull’Aurelia, che per lei hanno fatto di tutto, offrendole un letto comodo, pasti regolari, un pigiama, per ridarle la dignità che le spettava.

Ripalda e il suo sigaro

Sulla strada

Vivendo lì, davanti ai bar che diventano soste abituali per i turisti, vicino l’ispettorato di Pubblica Sicurezza Vaticano, non lontano da Porta Sant’Anna dove c’è l’Elemosineria Apostolica, Ripalda era conosciuta da tutti. Gli agenti le portavano il cappuccino, che a volte rifiutava, i gestori dei bar un pasto. “Non rifiutava mai il sigaro”, aggiunge il cardinale Krajewski. L’ultimo mese della sua vita, Ripalda è stata curata e assistita anche dai medici e dagli infermieri del Vaticano che l’hanno visitata diverse volte. Ha sentito intorno a lei il calore e l’amore di chi non si gira dall’altra parte, ma sceglie la compassione, il patire insieme, le sono state restituite dolcezza e cura che invece la strada cancella. Non si sa molto della sua vita, veniva dalla Puglia – questa è una delle poche certezze – e a Roma ha scelto di vivere sui marciapiedi, dormendo sui sanpietrini.

Chiamati ad essere dono

Il passo del Vangelo scelto per il suo funerale, spiega l’Elemosiniere, è quello nel quale si racconta dell’uomo ricco e del povero Lazzaro, che era alla porta chiedendo le briciole del suo pasto. “Noi conosciamo il nome del povero – aggiunge – ma non quello del ricco. Quest’ultimo non si è accorto di lui, non lo ha considerato. Oggi in molti guardando i poveri passano oltre, non guardano, tirano dritto. Ripalda, come Lazzaro, era lì per noi, per i cardinali, per gli agenti di polizia, per i pellegrini e per i turisti, perché non si può non avere compassione di chi vive ai margini e soffre”. Lo sguardo sui poveri è sempre un tema su cui insiste Papa Francesco. Nell’omelia della Messa celebrata in occasione della Giornata Mondiale dei poveri, il 19 novembre 2023, ha ricordato che tutti siamo chiamati a farci dono.

L’amore con cui Gesù si è preso cura di noi, l’olio della misericordia e della compassione con cui ha curato le nostre ferite, la fiamma dello Spirito con cui ha aperto i nostri cuori alla gioia e alla speranza, sono beni che non possiamo tenere soltanto per noi, amministrare per conto nostro o nascondere sottoterra. Colmati di doni, siamo chiamati a farci dono. Noi che abbiamo ricevuto tanti doni, dobbiamo farci dono per gli altri. Se non moltiplichiamo l’amore attorno a noi, la vita si spegne nelle tenebre; se non mettiamo in circolo i talenti ricevuti, l’esistenza finisce sottoterra, cioè è come se fossimo già morti.

Ripalda ha anche vissuto nelle tenebre, ma è stata accompagnata nella luce vera dell’amore. 

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