a cura di Lucio Adrian Ruiz
Il Papa ha da poco terminato una delle udienze del mercoledì.
Si raccoglie in silenzio e guarda le immagini del 27 marzo rivivendo quanto accaduto in quel venerdì di Quaresima. Ripercorrere le tappe della Statio Orbis celebrata nella Piazza San Pietro vuota, sotto la pioggia, con le preghiere interrotte dal suono delle sirene, è per lui un’esperienza che va oltre il semplice ricordo. Nel suo volto riaffiora l’atteggiamento di preghiera.
Gli chiediamo che cosa ha provato mentre, in silenzio, saliva verso il sagrato della Basilica:
«Camminavo così, da solo, pensando alla solitudine di tanta gente… un pensiero inclusivo, un pensiero con la testa e con il cuore, insieme… Sentivo tutto questo e camminavo…».
Il mondo guardava al Vescovo di Roma, e pregava con lui, in silenzio.
Guardava al Papa come intercessore tra Dio e noi suo popolo. E a Francesco chiediamo che cosa ha detto a Dio in quei momenti:
«Tu conosci questo, già nel 1500 hai risolto una situazione come questa, “meté mano”.1 Questa espressione “metti mano” è molto mia. Molte volte nella preghiera dico: “Mettici mano, per favore!”».
Gli occhi del Papa si soffermano sulla Piazza San Pietro vuota.
Gli chiediamo che cosa ha pensato in quel momento, quale sia stato il suo pensiero sul popolo e sulla sofferenza di tanta gente:
«Due cose mi sono venute in mente: la Piazza vuota, le persone unite a distanza,… e da questo lato, la barca dei migranti, quel monumento… E siamo tutti sulla barca, e in questa barca non sappiamo quanti potranno sbarcare… Tutto un dramma davanti alla barca, la peste, la solitudine… in silenzio…».
La barca è citata nel Vangelo di Marco che è stato letto quella sera. Ed è presente nella Piazza, raffigurata nel monumento che ricorda i migranti. Ecco perché di tanto in tanto, lo sguardo del Vescovo di Roma si voltava verso il colonnato di destra, verso quel monumento poco distinguibile nell’oscurità.