Chiesa Cattolica – Italiana

Repubblica Democratica del Congo, una violenza senza fine

Un convoglio umanitario è stato attaccato ieri a Butembo, due le vittime. I ribelli del gruppo M23 proseguono la loro avanzata verso l’est. Il grande caos del Kivu, il missionario Piumatti: “Kinshasa ignora la regione, da tempo è stato chiesto di togliere tutte le forze armate congolesi e mandare altri militari, ma il governo non risponde».

di Fabrizio Floris

Un convoglio umanitario è stato attaccato nell’est della Repubblica Democratica del Congo, nell’area di Butempo, provocando almeno due vittime. Intanto, si registra una nuova escalation nei combattimenti tra le forze governative e i ribelli del gruppo M23.

Popolazioni in fuga

A fine giugno i ribelli hanno occupato la cittadina strategica di Kanyabayonga, lungo l’asse Goma-Butembo. Nel Paese capita spesso di sentire notizie di questo tipo, ma meno quello che ne consegue. Secondo il sindaco, il 90% della popolazione avrebbe lasciato la città con ogni mezzo per raggiungere un luogo sicuro. In conferenza stampa, il presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi, nei giorni scorsi, aveva parlato di una flagrante aggressione contro la sovranità: «La sfida alla sicurezza che dobbiamo ingiustamente affrontare è complessa. Nel giorno del 64° anniversario della nostra indipendenza (30 giugno) non posso tacere sulla grave situazione di sicurezza che scuote il nostro Paese. Ciò che sta accadendo a Kanyabayonga, Kayna, nei villaggi del Sud Lubero, così come nei territori di Rutshuru, Nyirangongo e Masisi, costituisce una palese aggressione contro la nostra sovranità nazionale e la pace del nostro popolo». Tuttavia, il responsabile della caduta della città sarebbe proprio un suo uomo, il generale Chiko Tshitambwe, che è accusato dalla popolazione congolese di aver «venduto» la città all’M23. L’hotel in cui si era rifugiato a Butembo è stato attaccato da manifestanti che volevano linciarlo. In una dichiarazione del 29 giugno, Corneille Nangaa, capo dell’Alliance Fleuve Congo (Alleanza del Fiume Congo, braccio politico dell’M23), ha dichiarato che il presidente ha «disarticolato, tribalizzato e indebolito l’esercito nazionale per promuovere esclusivamente la sua consorteria tribale. Non possiamo fare a meno di agire attraverso la resistenza rivoluzionaria». È un fatto che forze armate congolesi nel Kivu, secondo testimoni presenti in questi giorni nella zona di Butembo, sono «compromesse e indecifrabili» e in molti hanno chiesto che vengano tolte e sostituite perché sono piene di «rwandesi» ex M23 reintegrati nell’esercito nazionale dopo accordi di pace nel 2001, una mescolanza che sta scoppiando e genera sfiducia: «Sono un miscuglio di gente che gioca di qua e di là».

P.Piumatti: Kinshasa ignora il Kivu

Per padre Giuseppe Piumatti. sacerdote fidei donum da oltre 50 anni in quel martoriato territorio, le persone in fuga in tutto il Kivu sarebbero migliaia, perlopiù senza alcuna assistenza, se non quella dell’accoglienza che ricevono dalla popolazione locale. In base ai dati dell’Onu, il Paese ha superato i 7 milioni di sfollati. «Qui – spiega il missionario – passiamo da situazioni di grande allarme a calma. C’è nell’esercito e nel governo un caos incredibile. Il governo qui è assente. Kinshasa ignora il Kivu, da tempo è stato chiesto di togliere tutte le forze armate congolesi che sono in Kivu e mandare altri militari, ma il governo non risponde». La gente di Kanyabayonga è arrivata con ogni mezzo a Kirumba ed altre cittadine più a nord ma, come ha spiegato il sindaco, «gli sfollati sono stati costretti a fuggire una seconda volta. E anche le famiglie che li ospitavano sono appena fuggite». La situazione è caotica, complessa, non sempre è chiaro quali siano le ragioni di questa pluriennale guerra, chi sia che tira le fila degli oltre 100 gruppi armati che infestano l’est del Paese, ma è chiarissimo chi soffre: il popolo congolese. Migliaia di persone sono in fuga cariche solo di materassi e casseruole. Come aveva detto Papa Francesco nel suo viaggio apostolico in Africa «giù le mani dal Congo».

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