Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
“Molti di noi hanno potuto apprezzare da vicino l’alto senso del dovere del cardinale Sodano, le sue doti di intelletto e di cuore, la sua sensibilità per le finalità pastorali dell’azione della Chiesa nel mondo, la sua saggezza nel valutare avvenimenti e situazioni e la sua disponibilità ad aiutare, cercando in ogni caso adeguate soluzioni”. Ci sono i dieci anni passati insieme al servizio della Santa Sede nella Segreteria di Stato, nel commosso ricordo dello scomparso cardinale Angelo Sodano – per 15 anni primo collaboratore di san Giovanni Paolo II e poi di Papa Benedetto XVI – espresso durante la sua omelia dal cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, che stamattina ha presieduto le esequie del porporato all’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro.
“Ha creduto fermamente in Cristo, e l’ha seguito fedelmente”
Dalla fine del 1989 al 2000, infatti, il porporato lombardo, di 6 anni più giovane, ha prestato servizio in Segreteria di Stato come sostituto per gli affari generali, mentre lo scomparso cardinale piemontese era prima pro segretario e poi segretario di Stato di Papa Wojtyla. Nei sessant’anni di servizio alla Santa Sede, da quando era giovane diplomatico nelle nunziature di Ecuador, Uruguay e Cile, fino alla rinuncia all’incarico di decano del Collegio Cardinalizio a fine 2019, Angelo Sodano, sottolinea il cardinal Re, “ha fermamente creduto in Cristo e l’ha seguito fedelmente, servendolo con amore e dedizione alla Chiesa e al suo Vicario”.
Amare la Chiesa “operando nelle sue istituzioni”
Il tema dell’amore per la Chiesa, chiarisce il decano, era familiare al cardinale Sodano, che più volte nelle sue omelie o nei suoi interventi citava il libro del cardinal Ballestrero “Questa Chiesa da amare”, del 1992, “sottolineando che non basta credere nel mistero della Chiesa, ma è necessario amarla non in modo astratto ma operando nelle sue istituzioni, condividendo i problemi quotidiani di una Chiesa che insegna, di una Chiesa che santifica e di una Chiesa che guida nella carità”.
Il suo testamento spirituale, scritto a 90 anni
La certezza che la morte “è la porta che ci apre la strada” che conduce “all’incontro personale con Dio”, perché “abbiamo un destino di eternità”, spiega nell’introdurre la sua omelia il cardinale Re, “ha illuminato l’intera esistenza del cardinale Angelo Sodano, che il Signore ha chiamato a sé dal letto di un ospedale dove era ricoverato da tre settimane”. E ricorda che “quattro anni fa, giunto al traguardo dei novant’anni”, il cardinale Sodano, nel suo testamento spirituale, scrisse di rinnovare, nell’attesa della chiamata a sé del Signore, il suo “atto di fede, di speranza e di carità, come l’imparai fin da bambino sulle ginocchia di mia Madre”. Guardava al Signore, “sperando che un giorno mi accolga misericordioso fra le sue braccia”, e a Maria Santissima, “invocata fin da giovane come ‘Porta del Paradiso’”.
Le missioni in Est Europa e il servizio di nunzio in Cile
Del servizio alla Santa Sede del defunto porporato, il decano del Collegio cardinalizio ricorda anche il periodo, dal 1968 al 1977 presso l’allora Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, sotto la guida del cardinale Agostino Casaroli, quando monsignor Sodano “si dedicò ai rapporti della Sede Apostolica con l’Europa dell’Est ed ebbe occasione di visitare la Romania, l’Ungheria e la Germania dell’Est. L’Europa era allora divisa in due blocchi”. Fa memoria poi del servizio come nunzio apostolico in Cile dal 1977 al 1988, cooperando all’iniziativa di mediazione nel contenzioso esistente fra Cile ed Argentina per il territorio del Beagle, che Papa Giovanni Paolo II aveva affidato al cardinal Antonio Samoré. “Erano anni difficili per il Cile – sottolinea Re – anche a motivo della dittatura del Generale Pinochet”.
Segretario di Stato, “si prodigò a favore della pace”
Nel maggio del 1988 Papa Wojtyla lo richiamò dal Cile a Roma, “nominandolo segretario per i rapporti con gli Stati; due anni dopo lo nominò pro segretario di Stato e, a breve distanza, cardinale e segretario di Stato, incarico che continuò a ricoprire anche con Papa Benedetto XVI per un anno e mezzo”. Nei quasi 16 anni in cui fu il primo collaboratore del Papa, sottolinea ancora il decano – si prodigò con competenza e dedizione a favore della pace”, in momenti di particolare complessità dalla “fine della guerra fredda, al conflitto del Golfo Persico, alla guerra in Irak, ai conflitti dei Balcani, al tragico 11 settembre del 2001 a New York e alla successiva crescita del terrorismo nel mondo”.
L’ultimo rito presieduto dal Papa
Al termine della celebrazione, Papa Francesco presiede il rito dell’Ultima Commendatio e della Valedictio.