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RDC: angoscia e desolazione a Kalehe devastata dalle inondazioni

Inondazioni senza precedenti in diversi villaggi del territorio di Kalehe, nella provincia del Sud Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo in seguito alle piogge torrenziali. Sale il bilancio delle vittime, i sopravvissuti hanno bisogno di assistenza immediata, avverte Nene Bintu Iragi, vicepresidente della società civile del Sud Kivu

Christian Kombe, SJ – Città del Vaticano

Interi villaggi del territorio di Kalehe, nella provincia del Sud Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo orientale sono stati devastati lo scorso giovedì 4 maggio. Le piogge torrenziali hanno fatto straripare gli argini dei fiumi Nyamukubi e Chisova. L’acqua fangosa ha spazzato via tutto ciò che intralciava il suo cammino, trasformando i piedi delle verdi montagne e colline di Kalehe in un paesaggio di desolazione e angoscia.

Una catastrofe

La situazione è catastrofica”, afferma Nene Bintu Iragi, vicepresidente della società civile del Sud Kivu. “La popolazione è traumatizzata (…) intere famiglie sono state decimate”, dice. Ad aggravare la situazione sono le circostanze in cui la tragedia si è verificata:  il giovedì infatti è il giorno del mercato nella regione ed è grande l’afflusso di persone, compresi i mercanti provenienti dai territori vicini. Il bilancio delle vittime è in costante aumento: l’amministratore del territorio ha dichiarato che domenica sono stati ritrovati almeno 394 corpi, mentre sono centinaia i dispersi. Le acque hanno spazzato via case, scuole, il mercato, una chiesa, una moschea e molti altri edifici.

 Kalehe colpita per la terza volta in dieci anni

Bintu spiega che questa è la terza volta in dieci anni che la stessa regione viene colpita da una simile tragedia. I due fiumi scorrono dalle montagne e dalle colline disboscate: “qui la maggior parte delle case è stata spazzata via”, racconta. Quando i fiumi straripano, come accade in questo periodo durante la stagione delle piogge, “trasportano grandi pietre che devastano tutto ciò che incontrano sul cammino”.

Sebbene l’attuale disastro possa essere ricondotto ai cambiamenti climatici e alle attività di deforestazione, la vicepresidente della società civile del Sud Kivu osserva che il sito è pericoloso e inadeguato. “Le autorità avevano promesso di trasferire la popolazione in un luogo sicuro, ma finora non è stato fatto”, lamenta.

Emergenza umanitaria

Mentre Kalehe piange i suoi morti, molti sopravvissuti versano in condizioni critiche. “Prima di tutto”, prosegue Bintu, “ci sono i feriti, molti dei quali gravi”. L’ospedale di Kalehe è sovraffalloto e la strada per la città di Bukavu è interrotta a causa di un ponte danneggiato. Il territorio, situato sulla sponda occidentale del lago Kivu, è accessibile solo attraverso questa via lacustre. Questo rende difficile il trasporto dei feriti verso il capoluogo.

“Di fronte a questa situazione, la società civile del Sud Kivu è in prima linea”, afferma la  vicepresidente. “Il gruppo locale di Kalehe è particolarmente impegnato nell’identificazione dei dispersi e nell’assistenza ai sopravvissuti. La Croce Rossa locale sta aiutando a seppellire i corpi ritrovati e i medici sono presenti per soccorrere i feriti. A livello provinciale, la società civile ha in programma un incontro martedì per discutere come mobilitare le risorse per aiutare le vittime del disastro. La richiesta di aiuti umanitari è urgente:  molte famiglie sfollate e feriti hanno bisogno di assistenza immediata”, avverte l’avvocata congolese.

Agire ora

Il vicepresidente della società civile del Sud Kivu sottolinea che Kalehe non è l’unico territorio minacciato dal disastro ecologico. C’è anche “il territorio di Uvira, dove l’avanzata del lago minaccia di spazzare via un’intera città”. Anche lì i fiumi trasportano pietre e causano regolarmente disastri. Bintu invita quindi il governo a prendere in considerazione “misure per il trasferimento della popolazione e per il rimboschimento delle colline spoglie”. In questa regione attraversata dalla Great Rift Valley, dovrebbero essere condotti studi accurati per insediare la popolazione in siti adatti all’edificazione, al fine di evitare simili disastri in futuro. Lo Stato dovrebbe quindi “collaborare con i proprietari terrieri che dispongono di spazi affidabili dove trasferire le persone”.

No alle fosse comuni

“In questa situazione di emergenza è indispensabile l’assistenza umanitaria. Dobbiamo capire come soccorrere la popolazione e provvedere a seppellire con dignità i morti che vengono trovati quasi ogni momento”. Le immagini che ci giungono tramite i social network mostrano corpi ammassati in fosse comuni, suscitando scandalo nell’opinione pubblica. La società civile del Sud Kivu chiede “una sepoltura dignitosa per i nostri compatrioti morti a Kalehe: occorre “riesumare i corpi, identificarli con il DNA, seppellirli individualmente e non in una fossa comune”, ha twittato lunedì 8 maggio il Premio Nobel per la Pace Denis Mukwege, facendo appello alla delegazione governativa inviata nella zona. L’8 maggio è stato proclamato il lutto nazionale in tutto il Paese, con bandiere a mezz’asta in memoria delle vittime.

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