Chiesa Cattolica – Italiana

RD Congo, la Via Crucis quotidiana di un popolo in guerra dimenticato da tutti

Da mesi i violenti combattimenti tra le milizie dell’M23 e l’esercito congolese hanno provocato un esodo di massa ignorato dalla comunità internazionale. La preparazione alla Pasqua assume un significato particolare in questo contesto di grande povertà. Dal campo profughi dove è rifugiato, padre Mbara, parroco di Saké parla di una situazione “terribile” e di una crisi “che va risolta alla radice”

Olivier Bonnel – Città del Vaticano

Negli ultimi due anni, più di un milione e mezzo di persone nella Repubblica Democratica del Congo sono state costrette a fuggire dalle loro case a causa dei combattimenti tra i ribelli del Movimento del 23 marzo (M23), una milizia sostenuta dall’esercito ruandese, e l’esercito congolese e i suoi ausiliari. I combattimenti si sono intensificati dall’inizio del 2024. Una crisi che è caratterizzata dall’abbondanza di attori armati nel conflitto, da sfollamenti su larga scala e da un numero crescente di persone che necessitano di aiuti umanitari, riassumeva una nota dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) delle Nazioni Unite alla fine di febbraio. Centinaia di migliaia di civili hanno abbandonato le loro terre e i loro villaggi vivono ora in campi improvvisati, soprattutto nei pressi di Goma, la capitale del Nord Kivu. È qui che si è rifugiato padre Faustin Mbara, parroco della parrocchia della Divina Misericordia di Saké, a circa 20 chilometri. Il presbiterio della sua chiesa è stato raso al suolo dai ribelli. In questo difficile contesto, i cristiani dei campi si preparano comunque a vivere la Passione di Cristo nella speranza della Risurrezione. 

Ascolta l’intervista a padre Mbara (in francese)

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2024/03/29/10/137844553_F137844553.mp3

Come si vive qui?

Qui si organizzano distribuzioni di cibo, ma poiché ci sono così tanti campi e così tante persone, il poco che viene distribuito è minimo e insufficiente. I beni vengono distribuiti con l’aiuto del Programma Alimentare Mondiale (PAM) e di altri attori locali come la Caritas diocesana. Ma la situazione è molto difficile: la gente qui ha perso tutto. Hanno perso le loro case, ma anche i loro campi, le basi minime di sussistenza. Nel villaggio i ladri vanno in giro a distruggere le case; anche il nostro presbiterio è stato distrutto. Tutto è stato saccheggiato e rubato, fino al più piccolo cucchiaio. Se i rifugiati qui dovessero mai tornare nella loro terra, dovrebbero ricominciare tutto da capo.

Quale valore spirituale date a questa prova per tutte queste persone?

Il Signore passa nella nostra vita attraverso gli eventi che leggiamo. È proprio il passaggio di Gesù nella nostra vita che ci invita alla conversione, alla convivenza e soprattutto all’umiltà. In questo Venerdì Santo, vediamo la morte di Gesù Cristo per questo popolo. Ma questo popolo ha bisogno di essere incoraggiato dalla parola di Dio, dall’evangelizzazione, affinché non perda la fede. Oggi, quella che sta vivendo la popolazione dell’est della Repubblica Democratica del Congo, è anche una Via Crucis. Ogni venerdì, veniamo qui al campo per fare la Via Crucis e diciamo loro che stiamo attraversando la via della Croce e quindi dobbiamo prendere questa sofferenza e unirla alla sofferenza di Gesù.

Cosa significa preparare la Pasqua in questo contesto di guerra?

L’insicurezza nella nostra regione dura da oltre trent’anni. E io sono sacerdote dal 2001. È qualcosa che vivo quasi ogni anno. Quest’anno, però, la situazione è particolarmente terribile, con persone che fuggono e lasciano le loro parrocchie. Ci sono altri sacerdoti che restano nelle loro parrocchie nonostante tutto. Ma tutto quello che sta accadendo è come una crisi dimenticata. Nessuno si preoccupa della situazione qui all’Est, come ci si preoccupa della situazione a Gaza o in Ucraina. 

Cosa si aspettano dal messaggio pasquale le persone con cui operate?

Si aspettano un messaggio di conforto, un messaggio di vittoria. Io dico alle persone con cui vengo a contatto che questa sofferenza sarà temporanea e che un giorno la supereremo, così come Cristo ha superato la morte. Se dobbiamo risolvere la crisi, allora risolviamola fino alle radici, in modo da poter vivere in pace.

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