A pochi giorni dalla visita di Francesco nel Paese africano, l’arcivescovo Balestrero fa un bilancio del viaggio, ripercorrendone i momenti salienti. Esprime poi la gratitudine per la buona organizzazione e la grande partecipazione del popolo congolese e riferisce sull’attuazione degli accordi quadro tra Chiesa e Stato: “Hanno bisogno l’uno dell’altro, nel rispetto reciproco. La collaborazione prosegua”
Stanislas Kambashi SJ – Kinshasa
Anzitutto l’arcivescovo Ettore Balestrero, nunzio apostolico a Kinshasa, vuole esprimere la sua gratitudine al popolo congolese per la calorosa accoglienza riservata al Papa, durante il viaggio del 31 gennaio – 3 febbraio nella Repubblica Democratica del Congo. Un grande ringraziamento soprattutto per come hanno organizzato la visita, con passione, gioia e flessibilità”, dice il presule a Vatican News, con il quale traccia un bilancio della visita papale. Per tre giorni, la Repubblica Democratica del Congo non è stato solo un Paese “insanguinato da conflitti armati, vittima dello sfruttamento; un Paese il cui Stato confinante ne vorrebbe un pezzo per mettere le mani sulle immense ricchezze del suo sottosuolo”, dice il rappresentante pontificio. Per tre giorni è stato piuttosto “la capitale della Chiesa di tutto il mondo, un simbolo di speranza e vitalità, anche per le altre comunità cattoliche”.
Un nuovo capitolo della sua storia
Per Balestrero, la visita del Papa ha dimostrato che la RD Congo non è “solo terra di minerali strategici e rari”, ma soprattutto casa di uomini, donne e bambini. “Non è solo problemi”, ma molto di più: è speranza e resilienza, è un cuore che batte forte grazie ai suoi giovani “che rappresentano i tre quarti della popolazione”. Il ritmo degli eventi legati alla visita “è stato frenetico come il suono del del tamburo”. Adesso, la Repubblica Democratica del Congo non può più aspettare per aprire “un nuovo capitolo della sua storia di riconciliazione”.
“Affar nostro, affare di tutti”
Parlando dei risultati di questa visita, monsignor Balestrero richiama le testimonianze dei sopravvissuti alle violenze nell’Est del Paese, presentate il 1° febbraio dinanzi al Papa. Queste testimonianze toccanti, dice, hanno dimostrato che la fede è incarnata nei cuori di decine di milioni di persone. “La vitalità dei giovani e la loro intelligenza, di cui ha parlato il Papa nel suo volo di ritorno da Giuba, dimostrano l’immensità delle risorse umane. La creatività della gente, il loro modo di vivere e di esprimersi era evidente anche nelle danze e nella musica”. Sebbene ci siano ampi margini di miglioramento, la visita del Papa ha mostrato di cosa sono capaci i congolesi: il loro senso di appartenenza alla Chiesa e allo Stato; ma anche i gradi di responsabilità che devono essere stabiliti. “Il Congo è affare nostro, è affare di tutti”, sottolinea il nunzio. E la visita del Pontefice è stata un evento multidimensionale, con un gran numero di partecipanti, uno dei più grandi nella storia del Paese, che costituisce un momento importante nella vita del Paese e per le generazioni future.
Non solo una terra da sfruttare
Il nunzio apostolico si sofferma anche sull’aspetto geopolitico. Le grandi potenze che fanno di questo Paese il loro campo di battaglia devono bandire il complesso di superiorità secondo cui il Congo, “questa fortezza assediata, deve essere sfruttata”. Poiché hanno bisogno delle sue risorse minerarie e della sua gioventù, hanno interesse alla stabilità e alla pace. Devono impedire la diffusione del jihadismo e dimostrare che tutte le dichiarazioni sui diritti umani non sono solo ideologie che non hanno nulla a che fare con la carne e il sangue dell’uomo. Ogni uomo è, infatti, titolare di tutti questi diritti, anche se non vive in Occidente.
Il Papa ha tracciato una “tabella di marcia” per i prossimi decenni
Su questa scia, il nunzio Balestrero riflette sui forti messaggi del Papa, il quale – afferma – “ha tracciato una tabella di marcia per i decenni a venire, ha dato uno stile e un contenuto per il popolo congolese. Uno stile di vicinanza per la pastorale, immagini con un contenuto profondo per la catechesi e la trasmissione della fede”. Questo programma deve essere preso nella sua interezza e sfruttato in tutta la sua ricchezza, sia nei punti “che ci piacciono” sia in quelli che ci invitano a cambiare. “Queste parole dettate dal Vangelo devono diventare il criterio per la vita, l’azione e il ministero della Chiesa nella società congolese”. In particolare, il presule esprime l’apprezzamento per l’iniziativa dei vescovi di far conoscere meglio i discorsi del Papa, di studiarli e di farne oggetto di catechesi. È una iniziativa importante perché la visita di Papa Francesco non può passare con la stessa rapidità con cui le notizie appaiono e scompaiono: “Dobbiamo prendere questi discorsi per quello che sono: un invito affettuoso, in accordo con il Vangelo, a diventare più evangelicamente profetici”.
La visita del Papa “inizia ora”
Secondo il rappresentante pontificio, infatti, si può dire che la visita del Papa “inizia ora”. Nel senso che dopo i tre giorni e mezzo del Papa a Kinshasa, “inizia ora il quarto giorno, che è il più difficile, perché è il più lungo e richiede tutto il nostro impegno e la nostra perseveranza”, perché “dobbiamo smettere di puntare il dito contro gli altri e resistere a ogni sfruttamento”. “È un momento per rafforzare il nostro rapporto con Dio e per rivedere le nostre relazioni con coloro che ci circondano”, aggiunge.
Chiesa e Stato chiamati a collaborare
La Chiesa e lo Stato congolesi sono dunque chiamati a collaborare, perché entrambi sono al servizio della popolazione, nella distinzione dei rispettivi ruoli e responsabilità. In questo Paese, giovane sotto molti aspetti, osserva il nunzio, è inevitabile che si creino tensioni, ma la visita del Papa è stata “un momento di grande collaborazione”. “Ho potuto constatare come, alla fine, prevalga sempre la consapevolezza che la Chiesa e lo Stato hanno bisogno l’uno dell’altro, nel rispetto reciproco”.
L’applicazione degli accordi quadro
Per quanto riguarda l’attuazione degli accordi quadro firmati e ratificati, Balestrero ritiene che i punti fermi siano stati raggiunti e che l’attuazione sia sulla buona strada. Entrambe le parti, afferma, sono chiamate a mantenere questo slancio: “La visita del Papa è stata l’occasione per un cambiamento copernicano, perché, grazie a questa visita, la Chiesa e lo Stato congolese hanno lavorato fianco a fianco per attuare questi accordi”. Grazie a questi ultimi, la Chiesa cattolica in RD Congo non è più riconosciuta come “associazione senza scopo di lucro” come in passato, ma nel suo vero status canonico. A luglio, alla presenza del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, sono stati firmati cinque accordi specifici in alcuni campi d’azione della Chiesa, in particolare: sanità, educazione, pastorale carceraria, tasse. Questi accordi specifici renderanno possibile e faciliteranno l’attività della Chiesa. All’interno del Ministero degli Interni è stato creato un ufficio di coordinamento tra la Chiesa e lo Stato, e la Chiesa ora dipende da questo ministero, ha detto monsignor Balestrero. I punti fermi sono stati fissati e ciò che accadrà in seguito dipenderà dalla buona volontà di entrambe le parti.