Isabella Piro – Città del Vaticano
Diceva James Joyce: “Amo Dante quasi quanto la Bibbia”. E il Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura e della Pontificia Commissione dantesca, ricorda questa citazione in apertura del Convegno dedicato a questo geniale artista fiorentino, in programma oggi e domani a Roma. Non bisogna dimenticare che Dante è “sommo poeta”, ma anche teologo – sottolinea il porporato – perché ha avuto una capacità straordinaria di intrecciare due grandi saperi, nella molteplicità dei percorsi conoscitivi. Il tema dell’escatologia è, infatti, strutturale alla “Divina Commedia” ed emerge chiaramente, ad esempio, dal verbo “trasumanar”: usato nel Paradiso, esso indica il passare nell’interno dell’umano, senza perderlo, per arrivare alla gloria di Dio.
Leggere Dante è un dovere e un bisogno
Il presidente del Dicastero vaticano esorta, quindi, a leggere sempre l’Alighieri, perché nessuno ha “il diritto di privarsi della felicità” rappresentata dalla “Divina Commedia”. Studiare questa opera, infatti, non è solo un dovere, ma anche un bisogno: “Comprendere con la mente l’immensità di quell’anima – conclude il cardinale Ravasi, citando Nicolò Tomaseo – è un infallibile presagio di straordinaria grandezza”.
I temi del Convegno
Il Convegno, organizzato dal Pontificio Consiglio della cultura, in collaborazione con l’Università degli studi Roma Tre, la Pontificia Commissione dantesca, la Fondazione per i beni e le attività culturali e artistiche della Chiesa e la Fondazione Giancarlo Pallavicini, si tiene nell’ambito delle celebrazioni per il 700.mo anniversario della morte di Dante, avvenuta nel 1321 a Ravenna. Articolato in tre sessioni, l’evento mira ad approfondire tre grandi temi dell’opera dell’Alighieri: la visione ispirata dal divino, la risurrezione alla fine dei tempi e l’angelologia. Il Convegno vede anche la recitazione di brani della “Divina Commedia” a cura della Compagnia del Teatro Libero di Rebibbia.