Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Si accende immediato il botta e risposta tra Amnesty International e Israele alla luce del rapporto della Ong presentato oggi sulla situazione dei palestinesi. Accuse dure nelle 278 pagine redatte anche sulla base del lavoro di organizzazioni no profit palestinesi, israeliane ed internazionali, che parlano di un “crudele sistema di dominazione e oppressione e un crimine contro l’umanità”. Risposte altrettanto pesanti da parte di Israele, che bolla il Rapporto come “un riciclaggio di bugie” di un’organizzazione definita “radicale”.
Una “minaccia demografica”
Una politica di apartheid, che tratta i palestinesi come “un gruppo razziale inferiore”, al quale vengono sistematicamente negati i diritti. E’ questo che denuncia l’inchiesta dell’organizzazione che descrive un “sistema di oppressione e dominazione che Israele infligge al popolo palestinese, sia che viva in Israele, sia nei territori occupati così come i rifugiati sfollati in altri Paesi”. Il rapporto descrive le confische di terre e proprietà palestinesi, le uccisioni illegali, i trasferimenti forzati, le restrizioni al movimento e la negazione della nazionalità e della cittadinanza ai palestinesi, che – secondo Amnesty – vengono considerati da Israele “una minaccia demografica”.
L’appello all’Onu: serve embargo sulle armi
Amnesty chiede quindi alla Corte Penale Internazionale (CPI) di considerare il “crimine di apartheid come parte della sua indagine nei territori palestinesi occupati” e sollecita la comunità internazionale ad agire, come indicato dal segretario generale di Amnesty International, Agnés Callamard, per mettere fine al conflitto israelo-palestinese, mentre il processo di pace rimane a un punto morto. L’Organizzazione chiede anche al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di imporre un rigoroso embargo sulla vendita di armi a Israele, alla luce delle “uccisioni illegali di manifestanti palestinesi” che, scrive il rapporto, a partire dal 2018 avevano iniziato a manifestare lungo il confine con Israele per chiedere il diritto al ritorno dei rifugiati e lo stop del blocco. Alla fine del 2019, si legge ancora, “le forze israeliane avevano ucciso 214 civili, tra cui 46 bambini”. Gli ebrei come i palestinesi, è la conclusione di Amnesty, hanno diritto all’autodeterminazione, Israele ha il diritto di sentirsi terra di accoglienza per gli ebrei, ma la caratterizzazione di Israele come “Stato ebraico”, si sottolinea, indica l’intenzione di dominare.
Israele: propaganda senza un serio esame
Il rapporto di Amnesty è antisemita, un riciclaggio di bugie, è la denuncia di Israele affidata al ministro degli esteri Yair Lapid, che bolla Amnesty come ‘organizzazione radicale”. “Israele – sono le parole del ministro – non è perfetta, ma è una democrazia impegnata nel diritto internazionale e aperta alle critiche”. Se Israele non fosse uno Stato ebraico, è quindi l’analisi di Lapid, nessuno ad Amnesty oserebbe attaccarlo, ma “è preso di mira come l’unico Stato ebraico”. Accuse di antisemitismo che Amnesty rimanda al mittente, e alla quali risponde ancora il segretario generale Callamard, per il quale “si tratta di critiche alle pratiche dello Stato di Israele e non una forma di antisemitismo che Amnesty ha sempre denunciato con forza”.