“Slalom. Diaro dalla Sla” è il titolo del libro che raccoglie gli articoli scritti per Avvenire da Salvatore Mazza, il giornalista malato di Sla morto il 26 dicembre 2022, presentato a Roma. Una sorta di diario quindicinale, iniziato il 20 settembre 2018 fino all’ultimo articolo pubblicato l’8 dicembre 2022, dove il giornalista raccontava il suo personale rapporto con la malattia
Marina Tomarro – Città del Vaticano
Ottantatré puntate del suo personalissimo “Slalom”, dal 20 settembre 2018 all’8 dicembre 2022, in cui Salvatore Mazza, storico giornalista del quotidiano Avvenire, ha raccontato il suo rapporto con la malattia che l’aveva colpito, la sclerosi amiotrofica laterale, un nome terribile che solo a pronunciarlo fa paura. E a lui si faceva certamente paura il progredire di una malattia che non lascia via di scampo, ma ciò che lo spaventava maggiormente era non poter più comunicare i suoi pensieri, attraverso ciò che amava di più: la scrittura. E ha continuato a farlo fino alla fine, il suo ultimo articolo fu pubblicato il giorno dell’Immacolata l’8 dicembre 2022 e lui si spense pochi giorni dopo, il 26 dicembre, il giorno dopo di Natale. Il libro che raccoglie tutti i suoi articoli “Slalom. Diario dalla Sla”, edito Vita e Pensiero, va letto piano, per metabolizzare tutti gli insegnamenti racchiusi in quelle parole, così come ha spiegato, ad una affollata presentazione del libro che si è svolta a Roma i giorni scorsi, padre Federico Lombardi, già direttore della Sala Stampa della Santa Sede, che ha scritto la prefazione.
Vivere nella speranza nonostante tutto
“Questo libro – ha spiegato padre Lombardi – è una miniera di riflessioni e suggerimenti che possiamo portare con noi come un tesoro. Il messaggio che colpisce maggiormente, è quello di come anche l’amore della sua famiglia lo ha aiutato a vivere fino alla fine in una situazione così difficile. Nei suoi articoli ha spesso raccontato come anche tutti i ricordi belli che aveva, i doni ricevuti, gli incontri fatti durante i tanti viaggi al seguito di ben tre Papi, le amicizie preziose, ma anche gli aiuti tecnici che lo aiutavano a continuare a scrivere nonostante il continuo progredire della malattia, rappresentassero per lui una forza per continuare a vivere. Io credo che la lettura di queste pagine ci aiuti a capire, in che modo Salvatore vivesse il rapporto con la malattia e la sofferenza, cercando comunque di vivere con una prospettiva di speranza”. Alla presentazione erano presenti anche Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, che ha sottolineato la grande umanità dell’autore che emerge dalla lettura del libro, ma anche la sua profonda ironia e quella capacità di cogliere quei particolari che rendono importanti anche le piccole cose, e Alessandro Gisotti, vicedirettore editoriale dei Media Vaticani, che invece ha detto: “La vita di Salvatore è stato un inno alla speranza. Questo libro è un grande dono, perché dietro ogni parola c’è la fatica di averla scritta. E’ come una piccola perla dal valore sconfinato”.
Quei cerchi magici pieni d’amore per Salvatore
Tanti i colleghi e gli amici, che hanno voluto partecipare all’incontro, come il collega di Avvenire Mimmo Muolo. “Salvatore ci lascia la testimonianza di un uomo a tutto tondo – ha spiegato ai presenti Muolo – che ha saputo abbracciare la sofferenza e ce l’ha raccontata senza pietismi e senza retorica. Noi siamo abituati spesso a raccontare le storie degli altri, ma quando dobbiamo parlare di noi diventa tutto più difficile. E’ un libro in cui vediamo Salvatore nella sua anima e in quel corpo, che pur in decadimento a causa della malattia, diventa ancora più prezioso, come le parole scritte in questo libro”. Spesso Salvatore parlava anche della sua famiglia, del suo adorato cagnolino il bassotto Ettore, dei suoi “cerchi magici” che non lo mollavano mai soprattutto quando la situazione diventava più grave, cerchi dove c’erano gli amici più cari, i suoi parenti, ma soprattutto l’amata moglie Cristina e le sue figlie Camilla e Giulia, che ha seguito le orme paterne del giornalismo.
“Noi – ha raccontato Giulia Mazza emozionata – abbiamo sempre cercato di non far mai sentire solo nostro padre, ma di farlo sentire amato, perché in questo caso diventa la medicina più preziosa insieme a tutti gli altri farmaci che doveva prendere. La malattia ti isola e purtroppo molte persone ne hanno paura perché non sanno cosa si trovano di fronte e si allontanano, ma chi resta e non va via, permette a chi è malato di sentirsi ancora vivo, e questo è ciò che abbiamo cercato di fare”. E i ricordi vanno ai giorni in cui la diagnosi aveva svelato la malattia del padre. “All’inizio c’è tanta rabbia – ha spiegato Giulia – perché non sai che fare e non credi che stia accadendo proprio a te. Si affrontano tanti sentimenti contrastanti, la cosa bella è che nonostante tutto non ti arrendi mai” E quegli Slalom in realtà oggi sono difficili da leggere “Non ce la faccio ancora, mi viene da piangere – ha detto la figlia – però quello che mi commuove di più è uno in cui racconta di un fazzoletto che gli fu donato da Madre Teresa, perché lui spesso ci raccontava di questo incontro. L’anno scorso ho deciso di fare un viaggio in India e andare dalle Missionarie della Carità. Non ne avevo parlato con nessuno e dovevo dirlo a mia madre. Una sera mi decisi a parlarle e lei con mia grande sorpresa mi diede una lettera scritta da mio padre nel settembre del 1988, durante quel suo viaggio in India, che spedì indirizzata proprio a me, e questo è stato un po’ un segno della sua vicinanza alla mia scelta di andare dove lui era già stato”.