Isabella Piro -Città del Vaticano
Conoscere meglio Gesù per ricevere da Lui, e non dai beni materiali, la pienezza della vita: questo, in sintesi, il cuore del “Documento di Kampala” che il Secam (Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar) ha diffuso il 21 gennaio, per commemorare il 50.mo anniversario della sua istituzione. Il “Giubileo d’oro” dell’organismo è stato celebrato dal luglio 2018 al luglio 2019 ed ora questo documento, una vera e propria Esortazione pastorale dal titolo “Perché conoscano Cristo e abbiano la vita in abbondanza”, ne rappresenta la conclusione. Nel dettaglio, la lunga Esortazione pastorale raccomanda al popolo di Dio in Africa e Madagascar di dedicare tempo allo studio della vita di Gesù nei Vangeli, così da conoscerLo più profondamente e seguirLo più di vicino “per ricevere da Lui la pienezza della vita”. Composto da cento pagine suddivise in quattro parti, il documento prende il nome da Kampala, capitale dell’Uganda, perché è lì che si è tenuta la celebrazione eucaristica conclusiva del Giubileo del Secam. Forte, in esso, il richiamo a rinnovare “un impegno missionario più proattivo in tutto il continente”.
Le sfide
Il testo traccia anche un’analisi approfondita delle sfide socio-culturali, politiche, economiche, etiche ed ecologiche che oggi il continente africano deve affrontare e chiede a tutti di pentirsi dei peccati commessi, così da alleviare le sofferenze del territorio. Indirizzata a “tutti i membri della Chiesa-famiglia di Dio in Africa e nelle Isole circostanti”, compresi vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, nonché fedeli laici, l’Esortazione fa appello ad ogni cattolico affinché, ciascuno nel proprio ambito, svolga il suo mandato di evangelizzatore non solo con la parola, ma anche con la vita e con le azioni per condurre gli altri a Cristo. In tal senso, il documento di Kampala fornisce alcune linee-guida necessarie per una missione evangelizzatrice che sia basata sull’esempio di Cristo e sostenga la costruzione di un nuovo continente.
Porre fine a dicotomia fede-politica
Centrale, in quest’ottica, la sottolineatura del fatto che tutti i cristiani, in virtù del loro battesimo, sono chiamati ad annunciare il messaggio di Cristo e a far scoprire Cristo agli altri. Al contempo, il documento esorta i membri del clero a trattare i fedeli laici “con rispetto” e ad offrire loro l’opportunità di “contribuire in modo significativo alla crescita della Chiesa”. Un ulteriore invito viene rivolto ai politici cristiani affinché diano “il buon esempio” portando la loro fede nella vita politica, lavorando per l’unità ed evitando le polarizzazioni. In particolare, a coloro che ricoprono le cariche pubbliche viene chiesto di “porre fine alla dicotomia tra fede e politica, salvezza delle anime e vita terrena, contemplazione e azione”, resistendo al vizio per rimanere fedeli al Vangelo. Infine, il Secam chiama in causa gli operatori dei media e li esorta ad utilizzare i mezzi di comunicazione per diffondere la verità e non la falsità, “per proporre la bellezza e non la bruttezza” del mondo.
Missione di evangelizzazione
Presentando in video-conferenza il testo, Monsignor Gabriel Edoe Kumordji, tesoriere ad interim del Secam, ha ribadito: “Dobbiamo vivere la nostra vita e la nostra vocazione cristiana senza ridurre il suo significato alla soddisfazione materialistica dei nostri desideri, evitando di promuovere un cristianesimo inteso come ‘una ricetta’ per fuggire dalla croce alla ricerca di miracoli e soluzioni rapide ai problemi umani”. Di qui, il richiamo ad ogni fedele a “cercare o ad approfondire un incontro personale con Cristo, ad aderire a Lui come persona piuttosto che come idea, e ad impegnarsi con Lui”. Una devozione profonda, infatti, ha spiegato il presule, permetterà ai cristiani di “attingere da Gesù la forza e lo zelo necessari per la missione evangelizzatrice”, sempre più necessaria “per una nuova Africa che ponga Dio al centro”.
“La nuova Africa – ha spiegato il presule – è quella in cui i battezzati, consapevoli del fatto che la loro identità e vocazione sono intimamente legate alla persona di Gesù Cristo, diventano come il lievito del Regno di Dio che la Chiesa mette nella pasta della società africana”. E per fare questo, ha aggiunto, il documento rappresenta “uno strumento pastorale” adatto per comprendere come “intensificare l’impegno missionario da parte di tutti gli agenti di evangelizzazione”. A mo’ di esempio, Monsignor Kumordji ha citato la proclamazione della Parola di Dio che diventa “più efficace quando è vissuta nel quotidiano” perché permette ai cristiani di “far emergere nella loro vita il Vangelo, nonché le qualità del Buon Pastore”.
“La nostra missione cristiana è capace di unirci – ha ribadito ancora il presule – Noi cristiani dobbiamo dimostrare che siamo uno. Ed anche se non siamo d’accordo su un qualcosa, ciò non deve significare che siamo nemici gli uni degli altri”. Tale atteggiamento è tanto più necessario considerata la dilagante polarizzazione presente in diversi ambiti, come quelli “dell’educazione, della famiglia e dell’economia”. Come ricordato, inoltre, da padre John Kobina Louis, vicario generale dell’Arcidiocesi di Accra, in Ghana, anch’egli presente alla video-conferenza stampa, “in questo documento il Secam esorta ad ascoltare continuamente Cristo e ad abbracciare, accettare, credere e vivere secondo i Suoi insegnamenti evangelici”.
Il Secam
Inaugurato ufficialmente il 29 luglio 1969 nella Cattedrale di Lubaga, in Uganda, nel corso della prima riunione plenaria dei presuli del continente africano, il Secam affonda le sue radici nel Concilio Vaticano II, durante il quale cominciò a maturare l’idea della sua struttura. Alla sua istituzione ufficiale fu presente Papa Paolo VI che nel luglio del 1969 era in viaggio apostolico proprio in Uganda. Il Giubileo del Secam ha avuto per tema “Chiesa-Famiglia di Dio in Africa, celebra il tuo Giubileo! Proclamate Gesù Cristo, il vostro Salvatore”. Da ricordare che, a luglio 2019, Papa Francesco ha inviato ai vescovi africani un messaggio, a firma del Segretario di Stato, Pietro Parolin, in cui ha ricordato il “servizio prezioso” svolto dall’organismo episcopale per le Chiese africane nel “portare aiuto a tutto il Continente”, evidenziando anche “la comunione fraterna” che ha caratterizzato i suoi 50 anni di attività.