Al procedimento per i presunti illeciti compiuti nella gestione dei fondi della Santa Sede, proseguono gli interventi dei legali degli imputati. L’udienza numero 74 è stata dedicata all’arringa del legale dell’avvocato Nicola Squillace, accusato di truffa, riciclaggio e appropriazione indebita. Chiesa l’assoluzione da tutte le imputazioni
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Assoluzione da tutte le imputazioni, dalla truffa all’appropriazione indebita, fino al riciclaggio perché il fatto contestato non sussiste. Per il suo difensore, Nicola Squillace, legale socio dello studio Libonato-Jaeger, che ha assistito il finanziere Torzi e la società Gutt, ma anche la Segreteria di Stato, nella trattativa sul palazzo in Sloane Avenue a Londra, con il broker Mincione e per l’ingresso della Santa Sede nella società Gutt, “ha fatto solo il suo lavoro di avvocato”. Questa mattina, con un’arringa di poco meno di due ore, nella settantaquattresima udienza del processo per i presunti illeciti compiuti nella gestione dei fondi della Segreteria di Stato, Lorenzo Bettacco, legale di Squillace, ha cercato di smontare tutte le accuse del promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi. Che per l’avvocato italiano, dal 2019 a Londra, ha chiesto al Tribunale la condanna e la pena di 6 anni di reclusione, con sospensione dall’esercizio della professione e una multa per 12.500 euro.
“Squillace mai incaricato dalla Segreteria di Stato”
Non c’è prova, per Bettacco, che Squillace abbia truffato il suo cliente, la Segreteria di Stato, perché ufficialmente non è stato mai incaricato di assisterla. “Non c’è nessuna lettera d’incarico – ha ricordato nell’aula polifunzionale dei Musei Vaticani – monsignor Alberto Perlasca (l’ex capo dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, testimone e parte civile, ndr.) non gliela ha mai inviata” per non doverlo pagare. L’accusa contesta a Squillace di aver scritto il documento con tutte le risposte ai dubbi del sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Edgar Peña Parra sui contratti con i quali il controllo del palazzo di Londra passava, tra il 20 e il 22 novembre 2018, dal fondo Athena del broker Raffaele Mincione (imputato) alla società Gutt di Gianluigi Torzi (anche lui imputato). Ma per il suo legale non c’è nessun atto a firma di Squillace, o su sua carta intestata, né altra prova che possa attribuire a lui quel “Questions and Answers” che Fabrizio Tirabassi, ex funzionario dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato e imputato, ha consegnato, “su tre paginette di word senza firma” a Peña Parra.
“Ha redatto solo il Framework Agreement”
Tutta la responsabilità di Squillace, per il suo difensore, “deriva da un messaggio in cui dice a Torzi, sono stato tre ore al telefono con Tirabassi e domani arriva la procura” anche se non ne è sicuro. Si è anche parlato di “truffa contrattuale”, ma il legale ha redatto, ricorda Bettacco, solo il Framework Agreement (Fa), che definiva l’uscita della Segreteria di Stato dal fondo Athena di Raffaele Mincione per entrare, per la gestione del palazzo di Londra, nella società Gutt con Gianluigi Torzi. E non lo Share Purchase Agreement (Spa), che lasciava a Torzi mille azioni con diritto di voto della società Gutt, che per sei mesi ha controllato il Palazzo di Sloane Avenue, lasciando alla Segreteria di Stato 30 mila azioni senza diritto di voto e senza controllo dell’immobile. Entrambi i contratti, comunque, “non sono ingannevoli né fraudolenti – per Bettacco – le mille azioni contestate sono in una clausola, che qualsiasi universitario che abbia sostenuto l’esame di diritto commerciale poteva capire”.
Nel 2018, nessuna contestazione a Squillace
Non c’è traccia nemmeno, per il legale di Squillace, di mail o messaggi di Perlasca o Tirabassi all’avvocato contrattualista per richiesta di chiarimenti o contestazioni sul Fa e lo Spa, eppure entrambi si giustificano con Peña Parra dicendo “L’avvocato ci ha ingannato”. Inoltre l’avvocato Intendente (legale di Torzi) presente nella trattativa di Londra, ha dichiarato, secondo Bettacco, che Squillace, al telefono, aveva chiarito i dubbi di Perlasca. Inoltre, ha proseguito il difensore, “la Segreteria di Stato non ha tratto alcun pregiudizio economico dalla condotta di Squillace”.
“Non sapeva nulla della presunta estorsione di Torzi”
Come legale che nella vicenda ha assistito il broker Torzi, per Bettacco, Squillace non è responsabile nemmeno della presunta estorsione del suo cliente alla Segreteria di Stato, per i 15 milioni da questa versati a Torzi per riprendere il controllo del palazzo di Londra, perché “non ne sapeva niente, e di questo non si è occupato”. Nemmeno per l’imputazione di appropriazione indebita e successivo riciclaggio, di circa 619 mila euro, non ci sarebbe prova, perché quella cifra “è il totale dei trasferimenti da un conto di Squillace ad un altro, frutto di parcelle per rapporti professionali precedenti e successivi alla vicenda” del palazzo di Londra. La parcella richiesta di 350 mila euro alla Segreteria di Stato, ha ricordato Bettacco, non è mai stata pagata.
I prossimi interventi, dalla difesa di Torzi
Come ricordato dal presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Pignatone, al termine dell’udienza, l’8 novembre, alle 16, interverrà la difesa di Gianluigi Torzi, così come pure il 21 novembre. Il 9 e il 10 novembre sarà la volta dell’avvocato di Enrico Crasso. Il 20 novembre, i legali di monsignor Mauro Carlino, mentre il 22 novembre, e forse per un’oretta del 6 dicembre (insieme con la seconda parte dell’arringa del legale di Fabrizio Tirabassi), è prevista la difesa del cardinale Angelo Becciu. Il 4 e il 5 dicembre, toccherà infine ai legali di Raffaele Mincione.