Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Anche il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, verrà a testimoniare in aula nel processo vaticano per la gestione dei fondi della Santa Sede. Il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, lo ha detto oggi, all’inizio della quarantaduesima udienza nell’Aula dei Musei vaticani, mentre comunicava l’elenco delle prossime udienze di gennaio 2023. Tra queste, quella del 13 gennaio che vedrà il confronto, già precedentemente annunciato, tra la pr Francesca Immacolata Chaouqui, protagonista di Vatileaks 2, e Genoveffa Ciferri, amica del testimone chiave monsignor Alberto Perlasca, sule loro ‘interferenze’ con il memoriale dell’ex responsabile dell’Ufficio Amministrativo.
Nuova lista di testimoni
Sempre Pignatone ha chiesto a parti civili e difensori di presentare entro il 10 gennaio una nuova lista di testimoni e documenti “in modo che il Tribunale possa tempestivamente provvedere e andare avanti”. Poi, en passant, ha aggiunto di aver contattato ieri il Segretario di Stato per chiedergli se avesse voluto presentarsi in aula oppure avvalersi della facoltà prevista dal Codice di essere interrogato nel suo ufficio o nella sua abitazione (o inviare un memoriale). “Verrà in questa aula, la disponibilità di massima è il 25 – 26 gennaio”, ha detto Pignatone.
Le ordinanze di Pignatone
L’udienza si è aperta intorno alle 12.20 con la lettura di un’ordinanza in cui Pignatone ha rigettato la richiesta di inammissibilità eccepita dagli avvocati difensori del cardinale Angelo Becciu (imputato), sul materiale presentato nelle scorse udienze dal promotore Diddi proveniente dall’informativa della Procura di Sassari. Il materiale, cioè, dal quale è emersa la registrazione della telefonata di Becciu al Papa, realizzata con l’ausilio di una parente. Per il Tribunale vaticano si tratta di materiale “legittimo, pertinente e rilevante ai fini del giudizio”.
Sempre la difesa Becciu, con un’altra eccezione, ha chiesto di effettuare una copia forense del cellulare e del computer personale di Perlasca, in modo da ricostruire in modo ordinato e cronologico i rapporti con Chaouqui e Ciferri, non affidandosi solo alla “memoria claudicante” del monsignore. Dopo una decina di minuti di Camera di Consiglio, Pignatone ha rigettato anche questa istanza che gli avvocati si sono riservati di impugnare.
Interrogatorio a Giovannini
Per oggi era previsto l’interrogatorio all’avvocato Manuele Intendente che, però, poco prima dell’udienza, ha comunicato la sua assenza. Si è proceduto quindi all’esame di Renato Giovannini, vice rettore dell’Università Telematica Marconi. Entrambi, come assistenti legali del broker Gianluigi Torzi (imputato), avrebbero partecipato alle trattative per la compravendita del Palazzo di Londra.
“Non ricordo” è stata la frase più ricorrente dell’interrogatorio di Giovannini. Non ricordava, ad esempio, il teste, i messaggi, le chiamate e gli incontri a Roma e all’estero con altri imputati, e neppure passaggi di alcune chat con espressioni come “incontriamo il nostro uomo in Segreteria di Stato” o “i giochi sono finiti”. Giovannini non ricordava neanche un incontro del 30 ottobre 2018 in Segreteria di Stato. Pignatone a questo punto lo ha ripreso: “Lei qui ha l’obbligo di dire la verità. È vero che sono passati quattro anni, ma non si possono rimuovere dalla memoria così. Un’udienza in Segreteria di Stato non capita spesso, come dire ci vediamo in un bar in piazza di Spagna”.
Più volte Giovannini ha assicurato di non aver avuto alcun ruolo “tecnico” nella vicenda di Londra, né di aver mai ricevuto incarichi dalla Santa Sede. L’avvocato Elisa Scaroina, parte civile della Segreteria di Stato, ha riferito di una nota di mandato per una sub assistenza di 350 mila euro. Giovannini ha replicato dicendo di non ricordare neanche quello e di aver comunque sempre collaborato “senza oneri”. Il teste ha inoltre detto di avere memoria di un gruppo WhatsApp chiamato “I magnifici tre” con Torzi e Intendente. Dai legali è stato fatto notare che la chat era stata creata da lui: “Era goliardica e relazionale”, ha risposto. L’avvocato Roberto Lipari dello Ior ha evidenziato che la chat conteneva messaggi e foto chiaramente riferiti a giri d’affari, come i pagamenti alla Aspigam International di Dubai, o a trattative finanziarie, come quelle per il Palazzo di Sloane Avenue.