Processo vaticano, Becciu: in Sardegna la mia è stata carità, non sono un corrotto

Vatican News

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

“Non ho mai voluto che un euro, anzi, un centesimo di cui ho avuto gestione e conoscenza venisse distratto, mal utilizzato o destinato a fini che non fossero esclusivamente istituzionali. Ho sempre agito per il bene della Sede Apostolica e della Chiesa tutta”. Seduto in uno dei banconi dell’aula polifunzionale dei Musei Vaticani, dove si è svolta la decima udienza del processo in Vaticano per i presunti illeciti compiuti con i fondi della Segreteria di Stato, il cardinale Angelo Becciu ha offerto oggi al Tribunale vaticano le sue dichiarazioni spontanee sulla ‘vicenda Sardegna’. Ovvero il caso dei tre bonifici inviati, tra il 2013 e il 2018, alla Diocesi di Ozieri a favore di un conto (1000/60478) solo formalmente intestato alla Diocesi, secondo i Promotori di Giustizia, e invece nella piena disponibilità della cooperativa Spes e del fratello Tonino, unico amministratore. Un conto “utilizzato per finalità del tutto privatistiche”, dicono i Promotori che accusano Becciu di peculato.

Le dichiarazioni di Becciu 

Il cardinale ha ribadito “a testa alta” la sua innocenza. Prima, però, ha voluto denunciare il “massacro mediatico senza precedenti” che ha subito per mezzo di “una campagna violenta e volgare”: “Sono stato presentato come il peggiore dei cardinali. Mi hanno descritto come un corrotto, avido di soldi, sleale verso il Papa, preoccupato del benessere familiare. Hanno insinuato infamie sulla integrità della mia vita sacerdotale, di aver finanziato testimoni per un processo contro un confratello, di essere proprietario di pozzi di petrolio”. “Accuse grottesche e mostruose” mosse da qualcuno che tentava di “demonizzarmi e distruggermi”, ha detto l’ex sostituto della Segreteria di Stato, che ha ribadito la fiducia nel “giudizio imparziale” del Tribunale nonostante il “clamore mediatico”.

L’interrogatorio

Il Promotore di Giustizia aggiunto, Alessandro Diddi, a motivo di alcuni problemi del suo Ufficio (tra cui il contagio da Covid di buona parte dei membri anche della segreteria) ha comunicato di non essere in grado di procedere all’interrogatorio. Ha invece posto “tre domande” il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, a cominciare dalla vicenda di Cecilia Marogna e sul segreto pontificio da lei opposto. È valido o ancora no? “Tendo a confermare il segreto, ma sono disposto ad accettare quello che sarà deciso dalle autorità”, ha detto Becciu.

La “vicenda Sardegna”

Pignatone ha poi elencato i “contributi” versati dal porporato alla chiesa di Ozieri: nel 2013 un bonifico di 100mila euro provenienti da un conto personale; nel 2015, altri 25mila euro; nel 2018, ancora 100mila euro. Per l’accusa, le ultime due somme sarebbero state distratte dai fondi della Segreteria di Stato. Il primo bonifico era stato trasmesso su un conto che riportava una “strana” dicitura nell’intestazione: “Caritas Ozieri, presso Cooperativa Spes”. “Era un prestito o un versamento a fondo perduto?”, ha domandato il presidente del Tribunale. Becciu ha spiegato che si trattava di un prestito per un progetto che “doveva dare occupazione a giovani e persone socialmente svantaggiate”. Metà del prestito è stata restituita, l’altra metà invece donata dal porporato.

Pignatone ha poi ricordato il fondamento dell’accusa nei suoi confronti, l’aver cioè distratto una somma pari a 125 mila euro dalla Segreteria di Stato per trasmetterli, “in disprezzo” delle norme di Diritto canonico e di istruzioni amministrative specifiche, alla cooperativa “che li gestiva con una serie di attività commerciali”. “Rispetto a queste prospettazioni di irregolarità formale che possono assumere anche valore sostanziale, lei di cosa era a conoscenza?”. Becciu ha spiegato nel dettaglio la procedura di erogazione dei finanziamenti da parte della Segreteria di Stato: una prima richiesta da parte di “persone degne di fiducia”, l’eventuale valutazione, l’invio di fondi e la richiesta di una relazione a fine gestione.

Lo stesso iter è stato seguito per i 25mila euro alla Caritas di Ozieri: “Mi furono chiesti dal vescovo, allora l’amministratore apostolico Sebastiano Sanguinetti, per mettere su un panificio che doveva dare lavoro a varie persone”. Un incendio distrusse tutto, ma furono recuperate altre risorse. Mancava solo un macchinario per cui Sanguinetti chiese aiuto al cardinale: “Arrivato a Roma vidi la disponibilità dei soldi”. Il vescovo disse a Becciu di inviare la somma sullo stesso conto sul quale erano stati versati precedentemente i 100mila euro. “Da sostituto non entro nell’amministrazione della diocesi. C’è un Dicastero, la Congregazione per i vescovi, che se ne occupa e se vede fumus di disordine interviene. Mi chiesero questa offerta, vidi la bellezza dell’opera e inviai 25mila euro che furono poi usati per comprare un panificatore”. Per il cardinale si è trattato di un gesto di “carità”, la stessa carità che – ha detto citando un discorso del Papa – non consiste solo nel fare un’elemosina occasionale, ma nel ridare dignità all’uomo attraverso il lavoro. Il cardinale ha poi confermato di sapere che il destinatario finale dei soldi fosse la cooperativa Spes in quanto “braccio destro” della Caritas.

Quanto all’ultimo bonifico del 2018 (altri 100mila euro), Becciu ha spiegato di averli versati dopo che il nuovo vescovo di Ozieri, Corrado Melis, gli parlò del progetto di una Cittadella della Carità per l’accoglienza e il sostegno di poveri e anziani. Il preventivo ammontava a quasi un milione e mezzo e il vescovo cercava fondi. Chiese l’aiuto della Segreteria di Stato. Becciu lo concesse, visto che “ogni anno venivano distribuiti a vari enti un quantitativo di sussidi in Italia e all’estero”. Quei 100mila euro al momento sono ancora fermi sul conto. Perché? “Non so come organizzano, il vescovo mi ha sempre detto che sono in attesa di avere la somma completa”. Il 28 febbraio scorso sono iniziati i lavori per la Cittadella.

La parola ai difensori 

Hanno poi preso parola gli avvocati difensori. Il primo a intervenire è stato l’avvocato Cataldo Intrieri, legale di Fabrizio Tirabassi, ex impiegato della Segreteria di Stato, il quale ha richiesto delle perizie sulle registrazioni audio-video degli interrogatori di monsignor Alberto Perlasca e sulle copie forensi del materiale elettronico. Ha anche ribadito la richiesta di restituzione del materiale sequestrato, dal momento che agli atti figurano anche immagini dei familiari di Tirabassi, come le foto della figlia che gioca in giardino. 

L’avvocato di Gianluigi Torzi, Marco Franco, ha invece eccepito la nullità del sequestro a cui è stato sottoposto Torzi in occasione del mandato di cattura del giugno 2020 (tutto il materiale è stato già restituito). Ha poi dichiarato la disponibilità del suo assistito a rendere l’interrogatorio ma in videoconferenza. “La ragione è comprensibile”, ha detto, alludendo all’arresto del broker dopo l’interrogatorio in Vaticano. “Tutto questo è fuori da ciò che può avvenire in questa fase del Tribunale”, ha rimbeccato Pignatone. E alla replica di Franco: “È un atteggiamento psicologico, non un rischio concreto”, ha aggiunto: “Non ha nessun motivo di esistere. È liberissimo di non rispondere, ma non può dettare le condizioni”. Sempre su Torzi, Diddi ha spiegato che era stato lo stesso broker a mettere a disposizione il materiale poi sequestrato al momento dell’interrogatorio, consegnando ogni password dinanzi ai propri avvocati.

L’ordinanza del Tribunale vaticano

Dopo due ore esatte di camera di consiglio, Pignatone ha letto un’ordinanza con la quale ha respinto ogni richiesta della difesa, a cominciare dalle perizie che ora avrebbero solo “carattere esplorativo”. Salvo, ha aggiunto, “possibili contestazioni all’esito dell’interrogatorio di Perlasca in aula”. Il presidente ha poi annunciato che sarà richiesta un’informazione specifica alla Segreteria di Stato circa il segreto pontificio opposto da Marogna.

Il calendario

Fissato infine il calendario delle prossime udienze: 30 marzo, con l’interrogatorio a monsignor Mauro Carlino; 5 aprile, giorno in cui saranno interrogati René Brüllhart e Tommaso Di Ruzza, ex presidente e direttore dell’Aif; 6 aprile, prosecuzione dell’interrogatorio a Becciu ed eventualmente a Crasso, che comunque sarà sentito in aula il 28 aprile. Ancora, 27 aprile, audizione di Tirabassi e 6 maggio, con interrogatorio a Mincione.