Barbara Castelli – Città del Vaticano
Nel corso della ventottesima udienza del processo in Vaticano sugli investimenti finanziari della Segreteria di Stato è intervenuto il Dirigente del Corpo della Gendarmeria Stefano De Santis. Sollecitato dal Promotore di Giustizia Alessandro Diddi, il teste ha chiarito che tutti gli approfondimenti compiuti, prima amministrativi e poi giudiziari, hanno preso le mosse dalla denuncia presentata dal direttore generale dello Ior Gian Franco Mammì, che riguardava i 150 milioni di euro richiesti dalla Segretaria di Stato. Il lavoro avrebbe portato da principio a concentrarsi sulle figure di Caterina Sansone, poi rivelatasi marginale nella vicenda, e di Fabrizio Tirabassi, oltre che di mons. Mauro Carlino.
A questo primo passo, risalente all’8 luglio 2019, se ne sono aggiunti poi molti altri, compiuti su delega dell’Autorità Giudiziaria, e non di rado in collaborazione con diverse Procure, in Italia e all’estero. Il procedimento 45/2019, nelle parole del commissario De Santis, prese corpo anche grazie alla segnalazione fatta dall’allora revisore generale ad interim Alessandro Cassinis Righini, che l’8 agosto 2019 denunciò “anomalie nella gestione patrimoniale della Segreteria di Stato”. L’Ufficio del Revisore Generale, nato con il Motu Proprio Fidelis dispensator et prudens, insieme con la Segreteria per l’Economia e il Consiglio per l’Economia, evidenziava un cambio di rotta sulla natura degli investimenti prescelti dalla Segreteria di Stato, prima preminentemente conservativi, fino al 2013, per poi divenire speculativi.
Un momento chiave delle indagini, ha riferito il testimone, è stata la perquisizione condotta nella Segretaria di Stato, oltre che nell’ufficio dell’allora direttore dell’Autorità di Informazione Finanziaria, Tommaso di Ruzza, il primo ottobre 2019. “È stata sequestrata un ingente quantità di documentazione cartacea”, ha detto, perché “non vi era alcuna attività di organizzazione e di archivio”, insieme con i supporti informatici. “Da allora – ha aggiunto – sono iniziate ad arrivare le prime risposte”. E il primo a finire sotto la lente di ingrandimento, anche grazie alle rogatorie internazionali, è stato Fabrizio Tirabassi. Il commissario Stefano De Santis ha riferito dei diversi conti che facevano capo allo stesso o alla società Interfinum Srl, del padre Onofrio, e di quanto ci fosse una completa discrepanza tra quanto riportato in bilancio e quanto rinvenuto nel corso delle perquisizioni fatte a Roma e a Celano, nelle abitazioni del dipendente vaticano. Tra slides e grafici riportati, il teste ha anche parlato del fondo “etico e religioso”, costituito dallo stesso Tirabassi, nel quale la Segreteria di Stato ha investito 20 milioni di euro.
Nel corso dell’interrogatorio, è emersa poi la vicenda di Cecilia Marogna, segnalata da principio dalla Polizia giudiziale slovena. Lubiana, ha riferito Stefano De Santis, “ci segnalò una cittadina italiana che stava portando avanti una frode ai danni della Segretaria di Stato”. Sul conto della società Logsic D.o.o.,, infatti, erano stati fatti nove bonifici, dal conto Credit Suisse della Segretaria di Stato, per un importo complessivo di 575 mila euro, per presunti contributi per missioni umanitarie. Gli approfondimenti condotti su Cecilia Marogna, anche attraverso i post pubblicati sul profilo Facebook della stessa, hanno portato a delineare il profilo di una donna che poco aveva a che fare con le missioni diplomatiche e che sperperava i fondi ricevuti tra viaggi e spese personali. Il teste ha, inoltre, raccontato di un incontro avuto con il cardinale Angelo Becciu, insieme con il Comandante della Gendarmeria Gianluca Gauzzi Broccoletti, il 3 ottobre 2020. Andammo, “sofferenti nell’animo e nello spirito”, ha detto, e lui ci chiese di non “fare emergere” la figura di Cecilia Marogna “perché sarebbe stato un grave danno per lui e per la sua famiglia”. Il porporato ha poi smentito, con una breve dichiarazione, le parole del commissario, precisando di non aver richiesto lui l’incontro.
Ampio spazio è stato, infine, dedicato anche alla vicenda della Diocesi di Ozieri e della Spes, cooperativa sociale rappresentata da Antonino Becciu, fratello del porporato. Il commissario De Santis ha parlato di versamenti non compiuti sui conti ufficiali della Diocesi e di alcuni documenti redatti da mons. Mauro Carlino per “caldeggiare” l’elargizione dei contributi della Conferenza episcopale italiana in favore della Cooperativa.