Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Al potere da 21 anni, il presidente uscente Bashar al-Assad si appresta ad essere eletto per un altro settennato. Sono due i candidati che questo mese hanno avuto il via libera della Corte costituzionale siriana per sfidarlo: il vicecapo di gabinetto, Abdallah Sallum Abdallah, e Mahmoud Ahmed Marei, un avvocato che guida il Fronte Oppositore Democratico, una coalizione di sei partiti formatasi tre anni fa. L’esito appare scontato, per un presidente che nel 2014 ha vinto alle urne con il 92% dei voti. Sono le seconde elezioni dall’inizio del conflitto siriano, iniziato nel 2011.
Dieci anni di guerra
In realtà, sebbene le forze governative di Assad abbiano guadagnato nell’ultimo anno terreno e controllino ora la maggior parte delle città e dei territori più popolati, il conflitto armato non si è ancora concluso, ma è congelato da una tregua tra gli attori internazionali intervenuti nel conflitto. Quello che rimane è un Paese devastato da dieci anni di guerra con oltre 500mila morti, metà della popolazione totale che ha dovuto abbandonare le proprie case e circa l’80% dei siriani rimasti che vive ora sotto la soglia di povertà.
L’Onu: “Voto non rispetta nostre risoluzioni”
Già lo scorso mese i ministri degli Esteri di cinque Paesi occidentali – Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Stati Uniti – hanno chiesto di boicottare le elezioni, che prevedono non saranno libere e serviranno solo a rafforzare il potere di Assad nel Paese mediorientale. Più di recente le Nazioni Unite hanno fatto sapere che il voto non rispetta le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che chiedono un processo politico per porre fine al conflitto, una nuova costituzione e libere elezioni sotto la supervisione dell’Onu.
I timori per il futuro
“La situazione è peggiorata sia da un punto di vista umanitario che sociale, senza dimenticare i problemi di un’economia piegata anche dalla pandemia. Uno scenario dove alcuni attori esterni si sono arricchiti, mentre la comunità internazionale continua a non riconoscere la legittimità del potere di Assad”. Lo afferma nell’intervista a Vatican News Giuseppe Dentice, responsabile del desk Medio Oriente del Centro studi internazionali e ricercatore all’Università Cattolica.
Il ruolo degli attori esterni resta fondamentale. “Al momento analizzare la situazione in Siria significa parlare anche di potenze straniere, su tutte la Russia. Appare invece difficile immaginare un ruolo da protagonista per gli Stati Uniti”, sottolinea Dentice. Quindi ribadisce come a pagare il prezzo più alto sia ancora una volta la popolazione: “Nonostante la tregua, di fatto il conflitto non è terminato ed Assad punta a cristallizzare la situazione a suo favore sia da un punto di vista prettamente interno che nel contesto internazionale”, conclude.
L’amnistia per i detenuti
Ad aprile Bashar al-Assad ha ordinato con un decreto un’amnistia per i detenuti, rilasciando non solo persone condannate per reati minori, ma anche chi è stato condannato per “complicità in atti di terrorismo”. Inclusi nell’amnistia anche i disertori dell’esercito che si siano costituiti entro tre mesi, o sei mesi se erano all’estero. Non beneficeranno invece della clemenza quei “terroristi” le cui azioni abbiano causato morti. Quanto ai responsabili di alcuni reati come traffico di droga, contrabbando ed evasione fiscale, il rilascio sarà condizionato al pagamento di una multa.
Gli appelli e le preghiere del Papa
Innumerevoli le volte in cui il Papa ha chiesto la fine della guerra in Siria ed ha pregato per i suoi cittadini, per una popolazione appartenente ad una terra “amata e martoriata”. Tra le altre, ricordiamo le parole pronunciate il 28 giugno 2020, quando al termine della recita dell’Angelus, alla vigilia della quarta Conferenza dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite per sostenere il futuro della Siria e della regione, Francesco pregò per il popolo siriano, per quelli vicini ed in particolare per i cittadini più piccoli e vittime del conflitto:
Preghiamo per questo importante incontro, perché possa migliorare la drammatica situazione del popolo siriano e dei popoli vicini, in particolare del Libano, nel contesto di gravi crisi socio-politiche ed economiche che la pandemia ha reso ancora più difficili. Pensate che ci sono bambini con la fame, che non hanno da mangiare. Per favore, che i dirigenti siano capaci di fare la pace.
Di recente, anche durante la visita a Bari nel mese di febbraio 2020, in occasione dell’Incontro sul Mediterraneo come frontiera di pace, il Papa ha lanciato un nuovo, accorato appello per la Siria. All’Angelus Francesco ha chiesto che vengano messi da parte calcoli e interessi per salvaguardare le vite dei civili e di tanti bambini innocenti. E come dimenticare poi le preoccupazioni e le richieste concrete contenute in una lettera che il Papa ha voluto indirizzare al presidente siriano nell’estate del 2019, in cui lo incoraggiava a mostrare buona volontà per sanare una situazione disastrosa, preservando civili inermi e le principali infrastrutture, come scuole e ospedali.