Preghiera per il Libano, il Nunzio: torni ad essere luce nel Medio Oriente

Vatican News

Gabriella Ceraso – Città del Vaticano 

Carovita, corruzione, disoccupazione e fuga di giovani: in un assetto privo anche di una guida politica vive il Libano da quasi due anni . Il peggioramento è continuo e a trascinare sotto la soglia della povertà più della metà della popolazione è la situazione finanziaria e il default, dichiarato da un anno, con la la lira locale che ha perso circa il 90% del suo valore rispetto al dollaro. Inutili finora le proteste periodiche e inascoltati i bisogni della gente.

Per una realtà che sembra non avere dunque più speranza, il Papa ha deciso di riunire i leader delle Chiese cristiane del Paese e fare affidamento in Dio, con la preghiera e con la riflessione. Pregare, perché – come detto all’Angelus nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo – “il Libano si risollevi dalla grave crisi che sta attraversando e mostri nuovamente al mondo il suo volto di pace e di speranza”. Tema della Giornata: “Il Signore Dio ha progetti di pace. Insieme per il Libano”.

Riflessione e preghiera dunque al centro di un “camminare insieme tra il Papa e i capi delle Chiese e Comunità ecclesiali”. Sarà un atto di affidamento e una supplica comune alle Chiese ortodosse e cattoliche, presenti con i loro diversi riti e tradizioni, e anche a diverse comunità ecclesiali nate dalla Riforma. All’inizio della Giornata, ospite di Vatican News è il nunzio nel Paese dei Cedri, monsignor Joseph Spiteri che condivide l’esperienza di unità nella diversità che c’è nella Chiesa cristiana in Libano e esprime il suo auspicio per questa giornata speciale:

Ascolta l’intervista al nunzio monsignor Spiteri

Monsignor Spiteri la Giornata del primo luglio vuole essere soprattutto una preghiera, mossa sicuramente dalla preoccupazione del Papa per la situazione non solo dei cristiani a di tutta la popolazione. In Libano come la sta vivendo la gente la preparazione a questo momento?

Devo dire che in Libano già stanno pregando e non solo in Libano. Ho sentito anche altri, per esempio la Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, che ha chiesto ufficialmente anche delle preghiere a tutti i fedeli. C’è questa preghiera che ci sta accompagnando, che sta accompagnando questo incontro voluto da Papa Francesco. Trovo anche molto bello il fatto che, dopo il primo saluto di Papa Francesco ai capi religiosi cristiani, tutto comincerà con la recita del Padre Nostro intorno la tomba di San Pietro. Pietro che, tra l’altro, è stato, prima di diventare il vescovo di Roma, il primo vescovo di Antiochia. E queste Chiese sono tutte legate ad Antiochia, sono discendenti di questa sede storica. E’ bella insomma questa idea di Papa Francesco di dare via agli incontri di riflessione proprio tramite la preghiera. Poi la sera e ci sarà una supplica: la preghiera è importante perché noi riconosciamo che stiamo davanti a Dio. Vogliamo cercare delle soluzioni, che non saranno mai facili, vogliamo cercare anche di essere più vicini gli uni gli altri, come comunità cristiane e vogliamo offrire una testimonianza di comunione anche nel nostro Paese, in questo Libano stupendo. Però sappiamo che tutto questo sarà possibile solo con l’aiuto del Signore. E credo che questa sia anche l’idea del Santo Padre.

La presenza in Vaticano dei rappresentanti delle Chiese cristiane del Libano è molto significativa. Lei sarà anche il mediatore nei momenti di colloquio previsti dal programma. Qual è il rapporto tra il leader religiosi, i capi delle Chiese, e qual è il lavoro comune che svolgono, se c’è, a servizio del Paese?

Non solo loro si conoscono ma lavorano già insieme. Infatti ci sono già delle strutture, in Medio Oriente, di comunione tra tutte le Chiese cristiane, come il Middle East Council of Churces, la cui presidenza è a turno. Abbiamo appena finito la presidenza cattolica e ora è passata ai greco ortodossi. E’ una struttura che è più grande del Libano, perché comprende anche l’Egitto, l’Iraq e tutto il Medio Oriente. Strutture che già lavorano soprattutto dal punto di vista degli aiuti umanitari, del “dialogo della vita”. E poi i nostri cristiani vivono insieme da secoli, con tantissimi matrimoni misti, non solo tra i riti cattolici, ma anche con gli ortodossi. Le famiglie si conoscono, si va spesso alle stesse scuole e c’è già una vita insieme.

Parliamo di speranza: sicuramente la preghiera di questa speciale Giornata serve anche a far rinascere una speranza che per il Paese non non c’è più. Il Paese vive in condizioni difficilissime, a livello economico, sociale e politico. Che cosa serve per ricostruire la speranza in Libano. Quali sono le vie? Ridare un forte assetto politico, ricostruire gli edifici, convertire i cuori, dare spazio ai giovani?

Comincerei dalla fine: la conversione del cuore e anche ascoltare di più e veramente i giovani. Come ci dice sempre anche Papa Francesco, non è semplicemente stare con i giovani, ma cercare di capire quello che sognano, di cosa hanno bisogno, e fare anche spazio ai giovani. Il Libano ha sempre avuto una gioventù ben preparata, ha avuto delle strutture educative formidabili: i collegi, le università e possiamo vedere anche tanti giovani libanesi che migrano, che vanno in altri Paesi e riescono a fare molto. Però anche quelli che rimangono, in questa situazione, stanno cercando anche di capire come reinventarsi. Dopo l’esplosione del porto di Beirut, il 4 agosto dell’anno scorso, è stato incredibile vedere i giovani, arrivati dal nord, dal sud, musulmani insieme ai cristiani, tutti le scope in mano e le pale a pulire. Loro hanno preso in mano tutto, e con questa solidarietà tra tutti hanno fatto dei miracoli.

Quindi la speranza è riposta innanzitutto nelle giovani generazioni?

Certo! Poi come dice Papa Francesco, è anche con la sapienza, con la saggezza dei più anziani, che si guarda al futuro. Però bisogna mettere insieme questi due “poli”, chiedendo anche la conversione dei nostri cuori, perché dobbiamo cominciare noi come Chiesa, nella speranza anche di dare un buon esempio ai politici.

Che cos’è oggi il Libano, e qual è il suo auspicio per il futuro, anche dopo questo momento importante di preghiera e riflessione?

Il Libano rimane sempre un po’ un’isola, quasi un’utopia, perché è un paese democratico, multicomunitario, composto da 18 comunità riconosciute che cercano di condividere insieme anche la gestione del Paese. Facciamo veramente del nostro meglio affinché questo mosaico, o possiamo dire questo tappeto splendido possa continuare a brillare, ad essere una luce in mezzo al Medio Oriente, anche in un mondo dove tutti cercano di chiudersi nelle loro comunità. Il Libano ci dà questa speranza, questo esempio che è possibile lavorare insieme tra comunità molto diverse tra di loro, per costruire qualcosa di più bello.