Si tiene dal 12 al 14 febbraio, presso il Centro Conferenze dell’Augustinianum, l’assemblea generale 2024 della Pav, sul tema “Human. Meanings and challenges”. Il presidente Paglia: una riflessione multidisciplinare sull’ “umano comune”, imposta dallo straordinario “cambiamento d’epoca” dovuto allo sviluppo scientifico e tecnologico
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Una riflessione multidisciplinare sul “mistero dell’uomo”, per capire “qual è l’umano comune” – o detto con le parole del Papa – “ciò che qualifica l’essere umano”, imposta dallo straordinario “cambiamento d’epoca” dovuto allo sviluppo scientifico e tecnologico. È questo l’obiettivo dell’assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita, che quest’anno festeggia i 30 anni dalla fondazione, sul tema “Human. Meanings and challenges” (Umano. Significati e sfide) che si tiene da oggi 12 fino a giovedì 14 febbraio nel Centro Conferenze dell’Augustinianum. Dopo aver riflettuto in questi anni sulla roboetica, l’Intelligenza Artificiale, le nuove tecnologie, sottolinea il presidente della Pav, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, nella presentazione ai giornalisti in Sala Stampa vaticana, “abbiamo deciso di affrontare un interrogativo esigente e inderogabile: la questione antropologica, la domanda sul senso del cammino che l’umanità sta compiendo”.
Il disorientamento causato dalle novità tecnico-scientifiche
Paglia ricorda che per la prima volta la specie umana, “presenta il rischio di scomparire per autodistruzione o per superamento”, attraverso “il nucleare, i cambiamenti climatici e le nuove tecnologie convergenti”. E che l’Accademia è stata la prima ad intervenire sui rischi e le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale con l’appello Rome Call for AI Ethics, su un suo uso etico, presentato il 28 febbraio 2020 e firmato, prima di tutti, da Ibm e Microsoft, con Fao, Governo italiano, e Università La Sapienza di Roma. “La novità dei ritrovati tecnico-scientifici – spiega il presidente della Pav – a volte produce un effetto di disorientamento e una sensazione di precarietà che può spingere l’opinione pubblica verso posizioni negative, nella nostalgia di certezze che sembrano scomparire. Per questo serve un dialogo tra i saperi ed una visione dell’umanità e del suo futuro, insieme ad una riflessione etica sui prodotti del sapere umano”.
La tecnica non va trasformata nella nuova religione dell’oggi
L’Accademia vuol proporre, chiarisce Paglia ai media vaticani, “un servizio di chiarificazione, di riflessione attenta su quello che è l’umano comune. La Chiesa ha le Sacre Scritture, e una tradizione che offre prospettive straordinarie sulla dignità dell’umano, che per noi è sempre legato alla famiglia umana e alla cura del creato”. Una visione che, per l’arcivescovo, è necessario riproporre “all’interno di un mondo scientifico che rischia di essere preda del primato della tecnica e dell’economia”, che rischiano “di schiacciare la responsabilità e la bellezza dell’umano comune, trasformandolo in strumento dell’economia o della tecnica”. Il presidente dell’Accademia pontificia sottolinea che va contrastata la tentazione “che la tecnica sia la nuova religione del mondo contemporaneo”, animando la tecnica stessa, riscoprendola al servizio dell’uomo e non dominatrice dello stesso. Nel campo ad esempio degli algoritmi, ricorda Paglia, il Papa stesso ha detto alla Pontificia Accademia “che ritiene importante contrastare la algocrazia con la algoetica, cioè non l’uomo al servizio della tecnica, ma esattamente l’opposto: la tecnica al servizio dell’umano”.
Riscoprire la forza dell’uomo nel guidare la tecnologia
La paura verso le nuove tecnologie, per l’arcivescovo, sono trasmesse dai mass media. “Credo invece – spiega – che abbiano più ragione coloro che invece affermano, e noi tra questi, che siamo più forti della tecnica, che la tecnica è uno strumento, se riscopriamo la forza dell’umano per guidare noi la tecnica. Questo è l’impegno dell’Accademia”. Paglia sottolinea che “la tecnica l’abbiamo inventata noi umani, spetta a noi guidarla e non rassegnarci a lasciarci guidare dalla tecnica, perché dietro l’angolo della tecnica c’è un’economia iper capitalista che vuole trarre tutti i suoi frutti”.
Le nuove pubblicazioni dell’ Accademia
Il cancelliere dell’Accademia per la Vita, monsignor Renzo Pegoraro, spiega che nei due gionri di dibattiti e workshop si cercherà di integrare “la visione umanistica, la visione scientifica e tecnica, e quella religiosa”. Per offrire un contributo alla Chiesa ed alla società ci sarà, nei prossimi mesi, la pubblicazione degli Atti. Il cancelliere ricorda quelli dell’Assemblea Generale del 2023 sul tema Converging on the person, e la recente pubblicazione di quelli del Colloquio scientifico sulle Cure Palliative Perinatali, in inglese. Due anni fa la Libreria Editrice Vaticana ha pubblicato il volume Etica Teologica della Vita che presenta il risultato di un seminario internazionale in teologia morale a partire da un Testo Base. Un lavoro “che ha riscontrato grande interesse in ambito accademico e non solo, per questo abbiamo deciso ora di pubblicare in un volume separato il Testo Base”. Che si intitola La Gioia della Vita, è edito dalla LEV, è in italiano. le traduzioni in inglese, francese, spagnolo, sono già pronte e verranno presto pubblicate.
Al-Khalili: l’Intelligenza Artificiale non va vista come una minaccia
Tra i relatori dell’Assemblea, interviene il fisico britannico Jim Al-Khalili, della School of Mathematics and Physics, University of Surrey, Guildford, per sottolineare che computer e nuove tecnologie, finora non ci hanno reso meno “umani”. “Ci hanno cambiato, sì, e potremmo dire non sempre in meglio – chiarisce – ma non hanno alterato la nostra essenza: ciò che significa essere umani”. Certo, prosegue Al-Khalili, “Ci sono molte sfide e potenzialmente anche minacce esistenziali che dobbiamo affrontare di fronte ai rapidi progressi dell’IA. E dovremmo certamente essere preparati al giorno in cui le macchine potrebbero sviluppare una vera intelligenza e coscienza”. Ma questo non dovrebbe provocarci una crisi d’identità. Il fisico è convinto che l’IA non “potrà mai pensare o sentire come un essere umano” perché “Ciò che ci rende umani va oltre le connessioni neurali del nostro cervello. È più della nostra intelligenza, intuizione o creatività, che probabilmente un giorno saranno replicate nelle forme di IA. Ciò che ci rende unicamente umani riguarda anche il nostro comportamento e la nostra interazione con l’ambiente fisico circostante, le nostre relazioni reciproche all’interno di strutture collettive e società complesse; sono le nostre culture e credenze condivise, la nostra storia, i nostri ricordi”. Per questo, conclude, l’Intelligenza artificiale “non deve essere vista come una minaccia”