Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Era pensato come un evento di musica e parole, quelle lette da dieci giornaliste italiane e straniere o pronunciate da ospiti autorevoli come la scrittrice Edith Bruck, ma è andata trasformandosi nel corso della serata in una sorta di rappresentazione teatrale la presentazione del libro, edito da LEV, Ex Itinere di Stefania Falasca, giornalista di lungo corso ed editorialista di Avvenire. Una raccolta di versi e liriche, frutto di viaggi nel mondo o di esperienze personali, che hanno preso forma in questa sorta di opera in tre atti, scandita da intermezzi musicali, facendo apparire agli occhi dei presenti nella sede della Stampa Estera di Roma volti, paesaggi, situazioni, fotografie. Sono apparse, cioè, le immagini dell’Amazzonia “donna stuprata” o della “polvere arsa di deserto” di Ciudad Juarez, del “corpo esile” di una bambina annegata nell’abisso del Mediterraneo o del blocco 26 di Dachau. Sono apparse le favelas brasiliane, i campi profughi di Grecia e Cisgiordania, le strade dell’Iraq, il Fanar di Instabul o l’effigie della Madonna ad Rupes di Nepi.
Edith Bruck: “Restituire l’importanza alle parole, oggi troppo vuote”
Fotogrammi e frammenti di cronaca, raccolti da Falasca principalmente nei numerosi viaggi al seguito del Papa, tramutati in versi nei quali mai emerge l'”io” dell’autrice. Ogni giornalista – colleghe di Tv, agenzie, carta stampata -, alle quali è stata assegnata una poesia in base alla propria lingua e nazionalità, ha infatti letto e interpretato questi brani come se fossero un proprio personale reportage. Ed è forse questo ciò che ha reso l’effetto descritto da Edith Bruck in apertura dell’evento: “Queste parole oltrepassano la carta”. La scrittrice di fama internazionale, sopravvissuta ad Auschwitz, firma la prefazione di Ex itinere. Seppur stanca dai molteplici impegni per l’odierna Giornata della Memoria, ha voluto essere comunque presente all’incontro di ieri per ribadire l’importanza delle parole, in un tempo in cui “ne usiamo troppe, totalmente svuotate della loro sostanza”.
“Oggi siamo abituati a parole, parole, di cui non resta nulla perché sono vuote. E dietro le parole c’è una verità”, ha detto Bruck, che da oltre sessant’anni si reca nelle scuole per raccontare la sua esperienza dell’orrore nazista. Nelle pagine scritte da Falasca la logica è rovesciata: le parole sono poche – “notte”, “buio”, “luce” – staccate l’una dall’altra, ma ricche di “sostanza”. “È un timbro molto particolare perché non è facile far sentire nel buio la luce, la luce nel buio, far incontrare personaggi che lei incontra. Colpisce la visualizzazione della poesia, vediamo quei volti che lei vede”, ha detto Edith Bruck. “Tutti noi, in qualche modo e in qualche misura, siamo testimoni del nostro tempo: di quello che viviamo, di quello che vediamo, di quello che accade”.
La cultura che eleva
Anche il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, nel suo saluto iniziale, elogiando “l’anima sensibile” messa a nudo dall’autrice, ha parlato di una “forza delle parole” che dovremmo imparare a usare “sempre più e sempre meglio”. “Scrivere per creare”, l’assunto di Eugenio Montale dovrebbe essere l’obiettivo di chi per passione o per lavoro ha a che fare con le parole, ha affermato Tarquinio. Intervenuto anche Lorenzo Fazzini, direttore della Libreria Editrice Vaticana, che ha evidenziato: “Organizzare un evento del genere fa capire che la cultura è bellezza, che la cultura eleva”.
Interessante, infatti, la scelta di abbinare la lettura ai commenti autorevoli dei professori Rino Caputo e Cristiana Lardo e della vaticanista Vania De Luca e soprattutto ai brani musicali di Beethoven, Respighi, Bellini, Tchajkovskij. Li hanno eseguiti la soprano Francesca Polenta e le arpiste Gemma Gresele e Cecilia Valente, in rappresentanza di una categoria, quella dei giovani artisti, duramente messa alla prova dalla pandemia.