Lo storico Matteo Luigi Napolitano e Andrea Tornielli, autore di numerosi saggi sul Pontefice, a ottant’anni dalla liberazione di Roma, commentano passaggi dei suoi discorsi – estratti dall’archivio editoriale multimediale della Radio Vaticana – sulla base dei nuovi documenti d’archivio accessibili dal 2020
Fabio Colagrande – Città del Vaticano
Il 4 giugno del 1944, Roma è finalmente libera. I soldati statunitensi sfilano per le strade cittadine in mezzo alla folla che esulta per la liberazione dall’occupazione nazifascista. Il giorno seguente, il 5 giugno, Papa Pio XII parla al popolo romano esprimendo gratitudine ma invitando a frenare istinti di rancore e di vendetta. Ma cosa ha detto e fatto Papa Pacelli nei mesi precedenti? Perché pur essendo ricordato come “defensor urbis”, il difensore della città, dopo la morte sarà perseguitato dalla “leggenda nera” di Pontefice indifferente e inerme di fronte alla persecuzione degli ebrei? Ottant’anni dopo, un podcast in quattro episodi di Radio Vaticana – Vatican News, “Pio XII e la Shoah”, prova a rispondere a questi interrogativi attraverso la viva voce di Pio XII, estratta dall’archivio editoriale multimediale della Radio Vaticana, e le ricerche sui nuovi documenti di quel pontificato, accessibili agli studiosi solo dal 2020.
Il pericolo per la civiltà
Niuno potrebbe rimproverare la Chiesa di non avere denunziato e additato a tempo il vero carattere del movimento nazionalsocialista e il pericolo a cui esso esponeva la civiltà cristiana.
Sono queste parole di Pio XII, pronunciate a guerra finita, il 2 giugno 1945, a dare il via nel primo episodio al dialogo tra il professor Napolitano, storico e docente all’Università degli Studi del Molise, autore del volume “Il secolo di Pio XII” (Luni editrice), e Andrea Tornielli, direttore editoriale dei media vaticani e autore di diversi saggi dedicati proprio a Papa Pacelli. Napolitano ricorda subito che la posizione di condanna di Pio XII rispetto ad Hitler era chiara e cita l’invio, sempre nel ’45, di tre messaggi papali ai sovrani di Belgio, Olanda e Lussemburgo, paesi neutrali che erano stati invasi e poi liberati. “Il ministro britannico Osborne – sottolinea lo storico – affermò che quei telegrammi di solidarietà erano da lui considerati all’epoca ‘una solenne condanna dell’aggressione nazista’ e infatti provocarono un’aspra reazione negli ambienti tedeschi”. Tornielli mette invece in luce la stima di Pacelli per il popolo tedesco, frutto del servizio svolto come nunzio, prima della guerra, sia a Monaco di Baviera che a Berlino, e di conseguenza la sua preoccupazione per l’evolversi del “germe malefico del nazismo”.
Un sistema contrario alla dignità
La forza dello Stato totalitario, con una mal dissimulata crudeltà scaccia anch’esso milioni di uomini, centinaia di migliaia di famiglie nella più squallida miseria, dalle loro case e dalle loro terre, e le sradica e le strappa da una civiltà e una cultura alla cui formazione avevano lavorato intere generazioni. Tutto ciò costituisce un sistema contrario alla dignità e al bene del genere umano.
Nel secondo audio, ascoltabile nel podcast, si trova l’ennesima netta condanna dei regimi totalitari espressa da Pio XII questa volta nel suo discorso natalizio del 1945, l’anno in cui con il secondo conflitto mondiale era terminata l’era del nazionalsocialismo tedesco ma non quella dei totalitarismi. Nel 1964, vent’anni dopo, si pubblica in Italia “Il Vicario”, il dramma in cinque atti del tedesco Rolf Hochhuth considerato uno dei testi fondanti della cosiddetta “leggenda nera” su Papa Pacelli. Nel testo teatrale si ritrae infatti un Pio XII che assiste inerme alla Shoah. Nel podcast, Matteo Luigi Napolitano spiega che “non si è mai vista una tesi storica nascere da un dramma teatrale”, un testo che oltretutto è incompleto dal punto di vista storico, nel quale c’è vaghezza nei riferimenti alle persone incontrate in Vaticano, “un miscuglio di documentazione di seconda mano, di testimonianze un po’ affastellate, poi degli svarioni piuttosto evidenti come aver confuso l’americana letterata Gertrude Stein con Edith Stein”, spiega lo storico.
Secondo Andrea Tornielli, “l’operazione che compì Hochhut è ancora più grave”. Si dà valore storico ad una fiction e “l’autore, che era tedesco, in qualche modo sgrava un po’ la coscienza al suo popolo, proiettando sul Papa una responsabilità morale che alla fine risulta persino maggiore di quella di Hitler”. “Molti dei materiali che Hochhuth ha usato – spiega ancora il direttore editoriale dei media vaticani – sono arrivati dai servizi segreti della Germania dell’Est. E questo ricollega in fondo Il Vicario con le operazioni di disinformazione”. “Noi – conclude Tornielli – dobbiamo stare molto attenti a non creare, come contraltare alla leggenda nera su Pio XII, una leggenda rosa. Il tema va visto con i documenti in tutta la sua complessità. Ma Pacelli aveva un’idea ben precisa su dove stesse il bene e su dove stesse il male. Il bene per lui stava nelle democrazie o in chi combatteva il nazifascismo. Era profondamente anticomunista, ma cosciente che dei due mali il primo, il più urgente, da battere era il nazifascismo”.