Anna Poce – Città del Vaticano
In Perù dopo una riunione con i leader del Congresso Nazionale, dinanzi all’ondata di proteste e agli scontri con la polizia che hanno provocato diversi feriti a Lima e in altre città del Paese, martedì pomeriggio il presidente peruviano Castillo ha deciso di revocare l’ordine di immobilizzazione dei cittadini. L’ordine, annunciato lunedì sera tramite un messaggio alla nazione, era previsto per martedì 5 aprile dalle 2 del mattino fino alle 23:59 dello stesso giorno.
Misura “sproporzionata”
La misura adottata dal presidente Castillo, in seguito ai rapporti dell’intelligence della Polizia nazionale del Perù sulla complessa situazione del Paese, a causa delle proteste dei trasportatori e degli agricoltori, era stata pubblicamente respinta dalla Chiesa. Il presidente della Conferenza episcopale peruviana (CEP), monsignor Miguel Cabrejos, in una dichiarazione diffusa il 5 aprile sul sito web del Celam, aveva sottolineato come il provvedimento fosse “sproporzionato” e il governo dovesse rendere trasparente il motivo della sua decisione. “Questo è quasi come uno Stato d’assedio – aveva affermato – che si applica, secondo la nostra Costituzione, solo ai casi di invasione, guerra esterna e guerra civile”.
Essendo informali più del 70% dei lavoratori in Perù, l’arcivescovo di Trujillo aveva precisato che questa misura andava a colpire direttamente la popolazione povera, costretta a cercare un sostentamento quotidiano per le proprie famiglie. Data la gravità della situazione, quindi, la Chiesa aveva esortato le autorità a trovare una soluzione rapida e sana a questa crisi, nel corso delle loro riunioni.
Un decreto contro i diritti fondamentali del popolo
Poiché le crisi non possono essere risolte sospendendo i diritti del popolo, monsignor Cabrejos aveva anche dichiarato come l’opinione pubblica interpretasse questa misura come un’azione improvvisata da parte del governo, per la sua difficoltà nel gestire i conflitti sorti in risposta alla crisi sociale e politica causata dallo sciopero a tempo indeterminato dei lavoratori dei trasporti in tutto il Paese. “Pensate al popolo peruviano, pensate ai poveri, pensate a coloro che vi hanno eletto”, aveva chiesto l’arcivescovo, ricordando che il diritto alla protesta è legittimo e che la Chiesa non ha mai sostenuto la violenza come mezzo di espressione delle idee. Al contrario, si è sempre impegnata a lavorare per la riconciliazione e per il bene del popolo peruviano.