Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Il presidente, Pedro Castillo, ha tentato di sciogliere il parlamento il 7 dicembre scorso. L’annuncio in un discorso nel quale il capo dello Stato ha anche parlato di avvio di un processo di radicale riforma della Costituzione e di un sostanziale commissariamento di tutti gli organi giudiziari peruviani. Iniziative, queste, che hanno suscitato uno stato di forte allerta nelle altre istituzioni statali e che alla fine hanno portato all’accusa di ribellione e colpo di Stato nei confronti del capo dello Stato, condannato a 18 mesi di carcere, così come deciso dal Tribunale per le indagini preliminari, che ha accolto la richiesta della Procura generale peruviana, col rischio di una pena ulteriore di 10 anni di reclusione.
In 300 a Machu Picchu
Da quel giorno la piazza si è infiammata, i sostenitori di Castillo hanno dato vita giornalmente a violente proteste che hanno causato sinora 22 morti e decine di feriti tra dimostranti e agenti di polizia. Una situazione preoccupante che sta coinvolgendo anche i numerosi turisti stranieri che visitano il Paese. Circa 300 di loro sono rimasti bloccati nell’antico sito archeologico di Machu Picchu. Richiesto l’intervento di elicotteri per evacuare i turisti impossibilitati ad uscire dal sito a causa della sospensione dei servizi di trasporto ferroviario, unico modo per arrivare nell’area archeologica.