‘Per una fratellanza umana’, un libro a due anni da Abu Dhabi

Vatican News

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Rileggere il Documento sulla Fratellanza Umana alla luce dei rapporti che la Chiesa cattolica ha stabilito con i musulmani, con particolare attenzione dall’inizio del pontificato di Francesco. Questo l’intento del libro ‘Per una fratellanza umana. Cristiani e musulmani uniti nella diversità’, scritto da Paolo Branca e Antonio Cuciniello, pubblicato dalle Edizioni Paoline, che sarà presentato alle 21 di stasera, on line, nel secondo anniversario della firma ad Abu Dhabi del Documento, sulla pagina Facebook e sul canale youtube delle Paoline, alla presenza dell’imam Yahya Pallavicini, presidente della Coreis italiana (Comunità religiosa islamica). Gli autori, nel volume, approfondiscono i concetti di incontro e dialogo nella loro concreta fattibilità. La prefazione è stata affidata a monsignor Khaled Akasheh, Capo Ufficio per la sezione dell’Islam del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. La Dichiarazione di Abu Dhabi, spiega a Vatican News uno degli autori, l’arabista e islamologo all’Università Cattolica di Milano, Antonio Cuciniello, si presenta in tutto e per tutto come un percorso che rende tutti gli esseri umani fratelli. 

Ascolta l’intervista con Antonio Cuciniello

Professore, il Papa ha avvertito più volte che da soli non ci si salva e che per questo occorre lavorare per promuovere il dialogo tra le religioni, che è ciò che ci spiega il Documento sulla Fratellanza umana. Il libro scritto da lei e dal professor Branca evidenzia, oltre al valore del testo, i passi compiuti finora nel nome di Abu Dhabi e fornisce anche alcuni suggerimenti su come procedere. A due anni dalla firma a che punto siamo?

R. – I passi compiuti sono stati sicuramente già tanti e significativi. Da questo punto di vista, vorrei ricordare che il 19 agosto del 2019, quindi a pochi mesi dalla firma del documento, è stato costituito il ‘Comitato superiore per l’attuazione del Documento di Abu Dhabi’, composto sia da membri cattolici, sia musulmani. Si tratta di un Comitato che, tra l’altro, si è riunito per la prima volta a casa Santa Marta in una data altamente simbolica ed emblematica, ossia l’11 settembre del 2019. Tra i diversi obiettivi che il Comitato si è dato, c’è sicuramente quello di sviluppare, o addirittura sollecitare, una serie di azioni, di eventi, affinché il testo abbia una vera e propria attuazione, affinché non rimanga semplicemente una dichiarazione. È una attuazione che va esplicitata anche in una sua applicazione efficace, effettiva, sia a livello internazionale, ma anche al livello regionale, organizzando incontri con leader religiosi, organizzazioni internazionali, proprio al fine di promuovere azioni quanto più concertate, affinché ci sia anche una condivisione di intenti in questi incontri che il Comitato va a sollecitare o ad organizzare direttamente. La priorità, quindi, è quella di lavorare per la pace nel mondo e assicurare, soprattutto alle future generazioni, un clima di rispetto reciproco e, chiaramente, una sana convivenza. In ultima istanza, mi piace anche ricordare che il Comitato, proprio in piena pandemia da coronavirus e nel mezzo del mese di Ramadan, sembra una coincidenza ma ovviamente non lo è, ha invitato, con un messaggio in 13 lingue, affinché, potremmo dire, arrivasse fino ai confini della terra, ad una giornata di preghiera e digiuno indetta proprio il 14 maggio scorso.

Qual è l’importante contributo che l’ultima enciclica di Papa Francesco, Fratelli tutti, fornisce alla comprensione della Dichiarazione di Abu Dhabi?

R. – La premessa da fare è che, per Papa Francesco, le questioni legate alla fraternità e all’amicizia sociale sono sempre state le sue preoccupazioni, come ribadisce anche nella enciclica e a cui, spesso, fa riferimento. In questa prospettiva, la Fratelli tutti raccoglie molti degli interventi del Papa su queste tematiche, ovviamente collocandoli in un contesto più ampio di riflessione. Sempre in questa enciclica, appunto, il Papa tiene a specificare che ad Abu Dhabi non è avvenuto un incontro che potremmo definire diplomatico, ma una reale vissuta riflessione reciproca che entrambi gli esponenti religiosi, e chiaramente le loro equipe, hanno compiuto nel pieno dialogo e in un impegno evidentemente congiunto.

Quando venne firmato il Documento sulla Fratellanza umana ci fu chi espresse timori che tale documento potesse risultare accessibile solo a una certa parte di fedeli, ad un’élite, alle persone più acculturate, senza però riuscire a penetrare nella base, cioè tra i fedeli e tra le giovani generazioni. Questi timori hanno avuto poi concretezza, è ciò che si è verificato o che si sta verificando?

R. – Nel libro che ho scritto con Paolo Branca, ho dedicato un intero capitolo, il quarto, a questo punto. In questo capitolo sottolineo che il Documento segna l’inizio di un diverso modo di dialogare, tuttavia però, dal momento che il dialogo da solo sappiamo non bastare, bisogna avere anche il coraggio di alzare l’asticella, affinché si possano raggiungere, in qualche modo, traguardi più alti, che si richiamino alla unità, alla comunione e quindi, in ultima istanza, alla fratellanza a cui tanto si richiama il testo fin dal suo titolo. In questo senso, il Documento di Abu Dhabi si rivela molto concreto, perché, in diversi momenti, passa molto spesso in rassegna ogni campo in cui il cambiamento va sollecitato, quindi si va dal campo politico, a quello sociale, a quello religioso. In molte città italiane, come ad esempio a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, ma anche a Firenze, a Perugia, la Dichiarazione di Abu Dhabi è stata sottoscritta da rappresentanti religiosi locali, ma anche presentata alla cittadinanza e quindi, simbolicamente, anche consegnata nelle mani della cittadinanza. Questo, evidentemente, pur essendo quello che potremmo definire un gesto formale, non fa altro che aumentare dal basso, e quindi rafforzare, incontri, dialoghi e, soprattutto, collaborazioni, per il bene comune, ma soprattutto per una cittadinanza allargata.

Per quanto riguarda la diffusione, la divulgazione, la comprensione, invece, del Documento nel mondo islamico lei sa in che modo sta procedendo?

R. – Sappiamo che il mondo islamico è un mondo assolutamente plurale, stiamo parlando di un miliardo e 700 milioni di persone. Concentrandoci però su quegli Stati dove l’islam è religione maggioritaria, le realtà sociali antropologiche storiche sono così varie che questo vale come premessa per dire che non ovunque il documento ha attecchito. Senz’altro è stato preso molto favorevolmente dalla maggior parte dei musulmani, cito per esempio delle esperienze molto interessanti in Indonesia e nelle Filippine, dove sono presenti sacche di fondamentalisti non da poco. È ovvio che questi gruppi, queste realtà, ribadisco minoritarie dell’islam, non vedono in maniera favorevole nessun evento di incontro con l’altro. Detto questo, però, la stragrande, ribadisco, la stragrande maggioranza dei musulmani a livello globale, vede di buon occhio questa cosa, soprattutto perché capisce che porta buoni frutti. La dichiarazione di Marrakech sulle minoranze nel mondo islamico, (firmata nel 2016 si tratta di una carta con cui il mondo islamico garantisce la tutela delle minoranze religiose, riconoscendo pari dignità ed uguaglianza di diritti a tutte le confessioni ndr) è un documento estremamente interessante, quindi dei passi ci sono. Certo, la strada da fare è ancora lunga.

Secondo lei, che significato si può dare alla scelta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di indire, ogni 4 febbraio, la Giornata internazionale della Fratellanza umana, quest’anno sarà la prima in assoluto?

R. – Penso che, essenzialmente, si tratti di una celebrazione che, in maniera palese ed evidente, sottende un invito ad ogni essere umano, quindi al di là delle appartenenze religiose, non solo a cristiani e musulmani, ma a ogni essere umano, a costruire tutti insieme, nessuno escluso, un presente che ha bisogno, che sente il bisogno, di pace proprio nell’incontro con l’altro da noi, anche alla luce del fatto, come spesso ha dichiarato Papa Francesco, “che nessuno si salva da solo”.