Penitenzieria: “on line” il XXXI Corso sul foro interno

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Fabio Colagrande – Città del Vaticano

Si sta svolgendo in modalità on line, da lunedì 8 marzo, il XXXI Corso sul foro interno organizzato dalla Penitenzieria Apostolica, il primo dopo la diffusione della pandemia che l’hanno scorso costrinse gli organizzatori ad annullare l’appuntamento. Nonostante le difficoltà, sono quasi 900 i sacerdoti e i seminaristi prossimi all’Ordinazione che partecipano da tutto il mondo. Il Corso, che si chiuderà il 12 marzo quando Papa Francesco riceverà in udienza i partecipanti, ha l’obbiettivo di offrire una sempre più accurata formazione ai confessori di oggi e di domani affinché il sacramento della penitenza sia sempre riconosciuto nella sua “relativa centralità”. Lo ha ricordato in apertura il cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore, sottolineando come la confessione sia “vitale per la salvezza degli uomini” e necessaria “per una lecita ricezione della Santa Eucaristia”. Monsignor Krzysztof Nykiel, Reggente della Penitenzieria, si è soffermato sulle caratteristiche di questo XXXI Corso ai microfoni di Radio Vaticana:  

L’intervista a mons. Krzysztof Nykiel

R.- Le relazioni in programma intendono illustrare le materie di competenza della Penitenzieria, che è il Tribunale del foro interno o, come disse Papa Francesco, il “Tribunale della Misericordia” e, più in generale, affrontano alcuni temi particolarmente significativi connessi con l’esercizio del ministero del confessore. Mi preme anche sottolineare che lo scopo del Corso non è quello di formare “tecnici del sacro”, sacerdoti ripiegati su se stessi nel loro formalismo giuridico e teologico, ma ministri di Dio attraverso i quali quanti si accostano al confessionale possano toccare veramente con mano la grandezza della misericordia divina e uscirne sereni ed ancora più fiduciosi nella misericordia di Dio.

Nel 2019 Papa Francesco ricordò ai partecipanti al vostro corso che il sacramento della riconciliazione è via di santificazione non solo per i penitenti. Cosa significa?

R.- È evidente il ruolo fondamentale del sacramento della Riconciliazione nell’incentivare e sostenere la chiamata personale di ciascun cristiano verso la santità. Papa Francesco ripete con insistenza che Dio non si stanca mai di perdonarci! L’assoluzione impartita dal sacerdote ci permette di rialzarci, ci offre il perdono di Dio e la possibilità di ricominciare sempre di nuovo. Ma come lei sottolinea, l’importanza del sacramento della Riconciliazione è grande anche nel cammino verso la santità degli stessi confessori! Pensiamo solo a tre figure straordinarie come il santo curato d’Ars, San Giovanni Maria Vianney, San Pio da Pietrelcina e San Leopoldo Mandic, che si sono santificati anche e soprattutto con l’ascolto delle confessioni e che ci sono di esempio. Un sacerdote assiduo al confessionale, che vive su di sé l’esperienza del perdono sacramentale e poi dedica tempo e impegno nell’accogliere i penitenti, non potrà che essere egli stesso “strumento di santificazione santificato, strumento di perdono perdonato, figlio perdonato e perciò padre misericordioso”, per usare le belle parole pronunciate dal Cardinale Penitenziere Maggiore Mauro Piacenza nella sua lectio in apertura del Corso.

Nella giornata di apertura avete dedicato una lezione del corso alla vostra nota del 2019 sul Sigillo sacramentale. Vogliamo ricordare l’importanza di questo documento?

R.- Con la sua Nota sull’importanza del foro interno e l’inviolabilità del sigillo sacramentale del 29 giugno 2019, la Penitenzieria ha voluto ribadire il valore di questi due concetti oggi forse poco presenti non solo nel tessuto sociale e nell’opinione pubblica, ma anche talvolta all’interno della stessa Chiesa. Di fronte anche ad attacchi diretti e a tentativi di metterne in discussione i princìpi, operati in diverse regioni del mondo negli ultimi anni, è fondamentale che i sacerdoti – ministri del sacramento – insieme a tutti i fedeli siano ben consapevoli dell’indissolubilità del sigillo sacramentale, ovvero di quello speciale segreto che copre il contenuto della confessione per rispetto alla santità del sacramento e per giustizia e carità verso il penitente. Sia ben chiaro, tuttavia, che se la Chiesa non vuole e non può in nessun caso derogare da questo obbligo che lega i sacerdoti confessori, ciò non costituisce in alcun modo una qualche forma di connivenza o di copertura del male. Anzi: la difesa del sigillo sacramentale e della santità della Confessione rappresentano l’unico vero antidoto al male.

Circa un anno fa la Penitenzieria pubblicava una nota sul Sacramento della Penitenza nella situazione di pandemia. Quanto è ancora attuale questo documento?

R.- In occasione della “prima ondata” del Covid-19, nel marzo dell’anno scorso, la Penitenzieria sentì il bisogno di pubblicare una Nota per chiarire alcuni punti relativi alla celebrazione del sacramento della Penitenza nel contesto di pandemia. Nel ribadire che la confessione individuale dei peccati rimane il modo ordinario della celebrazione di questo sacramento, la Nota riconosceva nel diffondersi del virus un caso di grave necessità previsto dal diritto canonico – sia latino che orientale – per la concessione ai confessori della facoltà di impartire l’assoluzione collettiva ai fedeli, secondo le prudenti decisioni prese dagli Ordinari diocesani nelle rispettive circoscrizioni. Le indicazioni della Penitenzieria erano indirizzate ai Pastori dei “luoghi maggiormente interessati dal contagio pandemico e fino a quando il fenomeno non rientrerà”. Si tratta pertanto di un documento ancora sfortunatamente attuale, laddove sembra assistere in questi giorni a una drammatica recrudescenza del virus.