Il sostituto della Segreteria di Stato celebra la Messa nella Basilica vaticana con i membri della Asociación nacional de sacerdotes hispanos: “Essere vicini tra sacerdoti è una profezia forte per la società che ha perso il gusto del ritrovarsi”
Vatican News
“Diventare sempre più ‘scintille’ di vita per le anime”, trasformando “il buio della notte in una festa di luce”, e diventando “strumenti di speranza, portatori della ‘lieta notizia’”. È un mandato valido per tutti i sacerdoti quello che il sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Edgar Peña Parra, ha affidato oggi pomeriggio ai sacerdoti della Asociación nacional de sacerdotes hispanos (ANSH), riuniti nella Basilica vaticana per la Messa celebrata dallo stesso arcivescovo.
Le “quattro vicinanze” del sacerdote
Nella sua omelia, Peña Parra ha richiamato il senso della vocazione e della missione di ogni sacerdote: “Avvicinare la terra al Cielo!”. Il ministero del presbitero è un “ministero di vicinanza”, ha detto il presule. Esso si esplica in quattro dimensioni: “Vicinanza al Signore, al vescovo, agli altri presbiteri e al popolo di Dio”.
Preghiera e ascolto
La prima vicinanza, quella con Dio, si fonda sulla preghiera: “Un prete che prega è un figlio che fa continuamente memoria di essere figlio e di avere un Padre che lo ama”, ha detto Peña Parra. E se la vicinanza con Dio è “il luogo in cui ritroviamo autenticamente noi stessi”, ciò che fa maturare questa riscoperta è “l’obbedienza, mistero di reciproca accoglienza, in cui tra vescovo e presbiteri cresce un sano rapporto di paternità e di figliolanza”. Proprio questa, per il sostituto, è la seconda vicinanza che implica “ascolto reciproco, rispetto, coraggio, sincerità e umiltà”.
Coltivare la vita celibataria come via di santificazione
Terza vicinanza è, invece, quella tra i presbiteri, importante perché spinge “alla collaborazione e al sostegno vicendevole”, ed aiuta anche a “vincere la solitudine”. Non solo, ha sottolineato monsignor Peña Parra, la vicinanza tra i sacerdoti è anche “una profezia forte per la nostra società, che ha invece perso il gusto del ritrovarsi ordinario e feriale, del valorizzarsi al di là dei propri limiti, del donarsi ed accogliersi per ciò che si è, proponendo in alternativa il mito di ‘profili’ tanto ‘perfetti’ quanto irreali, e anestetizzando le aspirazioni più profonde e autentiche del cuore alla comunione e alla fraternità con l’euforia di eventi straordinari, alternata alla malinconia narcisistica dell’isolamento sociale ed egoista”. In questo senso, il Papa – ha detto il presule – “ci richiama tutti anche a coltivare la nostra vita celibataria come via profetica di santificazione, che necessita di relazioni sane, di rapporti di vera stima e di vero bene che trovano la loro radice in Cristo”.
Il gusto di essere vicini alla gente
Un orizzonte bello che però “si ridurrebbe ad uno sterile circolo chiuso” se non sviluppasse la quarta vicinanza: quella al popolo, ha sottolineato il sostituto, e cioè “il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente”. L’invito, da questo punto di vista, è “a coltivare a nostra volta sentimenti di vicinanza, compassione e tenerezza per le persone che il Signore ci pone sul cammino, cogliendone e condividendone le fatiche e le sofferenze”.