Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Un accorato appello a “non cedere alla tentazione della delusione e della sfiducia” di fronte a quasi nove mesi di una guerra che ha ridotto una parte dell’Ucraina ad una “rovina, svuotata di gente, piena di detriti e avvolta nel buio”. Lo ha levato il cardinale segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin nella Basilica papale di Santa Maria Maggiore, celebrando nel pomeriggio una Messa per la pace, promossa dall’Ambasciata dell’Ucraina presso la Santa Sede in collaborazione con la Segreteria di Stato in occasione del 30.mo anniversario del ripristino delle relazioni diplomatiche tra l’Ucraina e la Sede Apostolica, avvenuto l’8 febbraio 1992.
Tra le macerie, una strada
In “uno scenario di morte, dove lacrime e sangue scorrono nella morsa sempre più dolorosa del freddo e del buio”, la Parola di Dio contraddice l’evidenza dell’“orrore della guerra” e del fallimento degli sforzi umani. “Tra le macerie”, il profeta Isaia, e più in generale l’uomo di Dio, “intravede una strada per la ripresa, per la ricostruzione: il deserto diventerà un giardino, che a sua volta si tramuterà in una foresta rigogliosa”. Il deserto, nota il segretario di Stato Vaticano, “è una delle realtà più inospitali del pianeta, simbolo di ciò che sembra irrimediabilmente perduto”.
Dio trasforma ciò che sembra perduto
Proprio “quando si tocca il fondo si leva l’annunzio: non c’è situazione così compromessa che lo Spirito di Dio non possa far risorgere. Dio promette il suo spirito: trasformerà ciò che sembra perduto”. Da qui l’esortazione a chiedere al Signore “di effondere il suo Spirito per liberare l’umanità dal flagello dalle contese armate”. Dio infatti, osserva ancora Parolin, vuole che tutti vivano nella concordia non annientandosi, ma aiutandosi a crescere”. Il desiderio divino è quello di “un’autentica fratellanza umana”.
Non cedere a rancore e vendetta
Tuttavia Gesù, prosegue il cardinale, interpella ogni uomo con interrogativi sconvolgenti: invita a porgere l’altra guancia. “Sono parole che lacerano il cuore di chi è vittima dell’ingiustizia, possono urtare”, ma non vanno interpretate come un invito del Signore a “piegarci all’ingiustizia”. Egli infatti – prosegue il porporato – “non esige cose ingiuste, né impossibili”, ma chiede la nostra disponibilità: non è impossibile rompere il circolo vizioso della violenza. L’invito è alla vigilanza: a non cedere al rancore: “se è legittimo difenderci da chi vuole sopraffarci, è ancora più legittimo difenderci dall’odio e dalla vendetta: “non si può permettere di porre fine al male esterno, mentre cresce il male dentro di noi”. L’esempio lo ha offerto Gesù che “nel chiedercelo ci assiste”, “rendendoci capaci di seminare vita laddove altri diffondono morte”.
Da deserto a giardino
Invitando a pregare per la pace, la giustizia e la sicurezza, il cardinale Parolin ha quindi espresso l’augurio alla “martoriata Ucraina”, rappresentata in Basilica da numerosi fedeli e da alcune bandiere blu e gialle, “da deserto torni ad essere un giardino fiorente e diventi una foresta rigogliosa”.